Corriere della Sera - La Lettura
Schiamazzi e traffico Che fastidio!
La classifica (urbana) dei suoni molesti. L’analisi di un fisico della Bicocca
Il rumore del vicino è sempre il peggiore. La risata dei ragazzi fermi davanti al locale sotto casa trafigge le orecchie molto più del martello pneumatico. E il ronzio del condizionatore d’aria della palestra affacciata sul cortile ferisce il sistema nervoso mille volte più della sirena dell’ambulanza imbottigliata nel traffico.
«In Italia almeno tre milioni di persone sono esposte all’inquinamento acustico urbano — spiega a “la Lettura” Giovanni Zambon, docente di Acustica ambientale all’Università degli Studi Milano Bicocca — considerando che la soglia stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità è di 65 decibel, oltre la quale sono possibili danni alla salute. Ma tra i principali motivi di contenzioso — aggiunge — ci sono le fonti di rumore antropiche, cioè prodotte dalla condotta delle persone». Insomma, nelle città l’inquinamento acustico viene percepito soprattutto dai rapporti di vicinato, in una quotidiana guerra di trincea che si combatte a colpi di lamentele, denunce, a volte anche colpi proibiti. Ecco perché — sia per gli scienziati sia per le agenzie pubbliche che intervengono per fare rispettare le leggi — esistono almeno due unità di misura per valutare il rumore: i decibel e le liti. È dall’incrocio di questi parametri che prende forma la lista nera.
Non deve sorprendere, dunque, se al primo posto della classifica negativa non c’è il glorioso martello pneumatico, capace di sparare fino a 120 decibel nelle orecchie, bensì il vociare dei capannelli che si formano davanti a bar o ristoranti che stanno proprio sotto le finestre di casa. Certe risate di gruppo o dialoghi al sapore di birra risultano intollerabili per gli aspiranti dormienti, suonano come provocazioni, oltraggiosi. Anche perché, nelle zone in cui si concentra la movida, tra musica, risate e chiacchiere si possono toccare picchi superiori agli 80 decibel. Nella famiglia dei rumori di vicinato si classificano molto in alto anche i ronzii di certi impianti di climatizzazione o di areazione e il baccano regolare e ritmato di aziende o laboratori artigiani che qualcuno ha la sventura di avere come dirimpettai. E anche certi ascensori.
Ma il meno tollerato di tutti, a quanto pare, è sempre il caro vecchio odiatissimo vicino di casa, in grado di mandare 40 decibel oltre i muri divisori, anche 60 o 70 nel momento in cui impugna il suo stramaledetto martello. «La percezione dei livelli di rumori
è molto soggettiva ed è legata anche ai ritmi di vita della persone — sottolinea ancora Zambon —. Quindi di notte uno stesso livello di suono risulta molto più fastidioso perché c’è più silenzio e perché quelle sono ore dedicate al riposo».
Tuttavia, dati alla mano, la fonte di inquinamento acustico più importante resta la strada, che produce rumori che investono circa 43 milioni di europei e che, addirittura, espone alla soglia di rischio dei 65 decibel una trentina di milioni di abitanti del Vecchio continente. In testa c ’è il frastuono prodotto dal traffico automobilistico, tra motori che rombano e pneumatici che percuotono il selciato. «È la fonte di rumore più difficile da attribuire a qualcuno in particolare — spiega ancora il fisico della Bicocca — ma è anche quella destinata a ridursi con l’avvento delle auto elettriche e per effetto degli studi che i produttori di pneumatici stanno conducendo». Dopodiché ci sono i clacson e le frustate da 95 decibel delle sirene, che però godono di maggiore tolleranza perché giustificate e — comunque — transitorie. Ma è sempre per strada che si irradiano i rumori provenienti dai cantieri (considerati il peggiore disturbo percepito fuori dei confini domestici), che possono arrivare a 80-85 decibel, non sempre circoscritti alle ore diurne.
Circolano anche di notte, invece, i mezzi di trasporto pubblico. E tra loro si annida uno dei peggiori nemici dell’orecchio umano: il tram. Oltre al generico sferragliare, oltre alle frenate e alle accelerazioni, al centro di generazioni di proteste e denunce ci sono alcuni punti del percorso tranviario: certe curve in cui l’attrito tra vettura e binari provoca un sibilo, uno stridio secco e acuto che risulta lancinante per il sistema nervoso e che potrebbe giocarsi un’ipotetica finalissima del rumore del secolo con un peso massimo come il martello pneumatico. «Saranno tra i 70 e i 75 decibel — spiega Giovanni Zambon — ma in questo caso pesano molto anche gli hertz, cioè le frequenze di quei suoni. Gli allarmi, per esempio, hanno frequenze particolari proprio per disturbare il cervello e attirare l’attenzione».
La black list dell’inquinamento acustico è completata dagli spettacoli — in particolare dai concerti all’aperto — e dalle discoteche. Insieme a note e ritmi dalle potenti casse acustiche vengono sparati nell’aria dagli 80 ai 115 decibel che investono come un’onda ubriacante chi si trova a diretto contatto (che comunque canta e balla felice), ma anche chi è un po’ più distante e riceve l’eco di quelle sonorità. Perché il rumore, appunto, è soggettivo, e anche una melodia nobile e gradevole può trasformarsi in tortura se arriva in loop per tutto il giorno dal negozio di fronte. E le grida o le risate argentine dei bimbi di un asilo o di una scuola p o s s o n o e s s e r e c a t a l o g a t e c o me «schiamazzi».
Tutto è relativo e legato alle sensibilità individuali. Una quindicina di anni fa alla Salford University di Manchester, il professor Trevor Cox raccolse l’opinione di oltre un milione di persone per stabilire la classifica dei peggiori rumori del mondo. Il risultato fu sorprendente: il famigerato suono delle unghie sulla lavagna si classificò soltanto al sedicesimo posto. E vincitore incontrastato fu «il rumore di una persona che vomita».