Corriere della Sera - La Lettura
Bentornato Terence McKenna mattacchione da prendere con le molle
Facile parlare di «funghi magici», acido lisergico e decotti amazzonici alla Dmt in pieno «Rinascimento psichedelico», mentre le università americane, britanniche e svizzere fanno a gara a lanciare studi sul potenziale terapeutico di queste sostanze e l’argomento viene sviscerato da autori trendy come Tao Lin ( Trip, Vintage Books, 2018), guru dell’alimentazione di qualità come Michael Pollan ( Come cambiare la tua mente, Adelphi, 2019) e divulgatori scientifici di prim’ordine come Agnese
Codignola ( Lsd, Utet, 2018). Ma è esistita un’epoca, non lontana, in cui il bias moralistico era così radicato che virare i propri studi sugli psichedelici poteva affossare una carriera accademica, e farlo con insistenza produrre la reputazione da scienziato pazzo. Un po’ quello che era accaduto a Terence McKenna, etnobotanico del Colorado capace di portare quasi da solo la fiaccola della visionarietà attraverso i materialistici anni del riflusso, sostenendo con spiritata convinzione le virtù conoscitive ed evolutive delle molecole psichedeliche. Lo fece in particolare nell‘opera chiave Il cibo degli dei (1992) dove raccontò il lungo e a tratti simbiotico rapporto dell’umanità con le piante psicoattive, auspicando un ritorno a una visione del mondo «sciamanica» in opposizione alla «logica del dominio» affermatasi con l’avvento dell’agricoltura e dell’allevamento. E se oggi la «logica del dominio» rischia di compromettere la sopravvivenza della razza umana, risulterà benvenuto il recupero del Cibo degli dei da parte di Piano B edizioni (traduzione di Simona Moretti, prefazione di Federico Di Vita): da prendere con le molle, ma da prendere, parafrasando una frase di McKenna.