Corriere della Sera - La Lettura
De Vincenzi, il commissario risorto
Lo aveva inventato Augusto De Angelis (1888-1944) per indagare tra i delitti nebbiosi della Milano degli anni Trenta. Luca Crovi lo ha riportato in vita l’anno scorso e ora ritorna. Ecco come (con un ricordo anche di Camilleri)
era una volta Milano. «La Mil a no de g l i a nni Ve nt i , quella dove arrivò mio nonno a lavorare. La grande città che diventava sempre più grande, Stramilano, come si cantava, la città delle biciclette e di lì a poco delle automobili. C’era la nebbia, la scighera, e poi venne la grande nevicata del 1929. Mio nonno mi raccontava tante storie e descriveva quella città che dopo pochi anni avrebbe cominciato a cambiare, già prima della guerra e delle bombe. Sì, perché proprio alla fine degli anni Venti si decise l’interramento dei Navigli e la distruzione dei vecchi quartieri degradati del centro storico, come il Bottonuto, il quadrilatero compreso fra San Babila e Piazza Diaz». Parla Luca Crovi, grande conoscitore e studioso del noir (la sua Storia del giallo in 50 investigatori, Centauria, è uscita nel novembre 2019), autore de L’ultima canzone del Naviglio, Rizzoli, che appunto si ambienta nella Milano di fine anni Venti. Anni in cui il regime trasformava le città con gli sventramenti: a Firenze dove Vasco Pratolini scrive Il quartiere, a Roma dove si canta Casetta de Trastevere. A Milano però c’era una questione più urgente: la corruzione e i traffici di stupefacenti e di soldi falsi che coinvolgevano direttamente personaggi di dubbia fama come il federale Giampaoli, ma anche, pur restando nell’ombra, lo stesso fratello di Mussolini, Arnaldo. «Per questo da Roma viene inviato Achille Starace, che in pochi mesi costringe alle dimissioni i protagonisti di quella — si direbbe oggi — Tangentopoli nera».
€ i melo Camilleri, che si occupava della strage di piazza Giulio Cesare, 12 aprile 1928, dove trovarono la morte venti persone. «Camilleri era prozio del grande scrittore Andrea, e a lui aveva raccontato la sua indagine a Milano. Credo che Carmelo sia stato l’ispiratore del commissario Montalbano. Ho voluto comunque riparlare della bomba del 1928, su cui ancora oggi non si conosce la verità. Fra 1921 e 1928 a Milano si susseguono molti attentati, a partire dall’Hotel Diana (23 marzo 1921, ventuno morti). Spesso attribuiti agli oppositori, agli anarchici. Anche allora, come succederà dopo Piazza Fontana, fu messa in atto una strategia della tensione». E poi c’è Toscanini. «Nel romanzo personaggi e fatti veri coabitano con la fiction. La storia di Toscanini è tutta vera, i suoi rifiuti di eseguire gli inni fascisti, l’aggressione a Bologna, il ritiro — poi la restituzione — del passaporto. Io ho solo inventato l’episodio della bacchetta rubata».
Sgradito al regime, Augusto De Angelis, arrestato all’indomani dell’8 settembre, morirà nel luglio 1944 per le percosse di un repubblichino. La sua riscoperta nei primi anni Sessanta si deve (ed è uno dei tanti suoi meriti) a Oreste del Buono che pubblica da Feltrinelli tre romanzi. Poi, grazie agli sceneggiati Rai con Paolo Stoppa (metà anni Settanta), De Angelis e il suo commissario godono di grande popolarità. Recentemente Sellerio ha cominciato a riproporre le sue opere. «Se Scerbanenco, altro grande del noir milanese, ci racconta la nuova criminalità degli anni Sessanta, De Angelis ci riporta l’aria e la nebbia della città in cui si muovevano i piccoli delinquenti della ligièra ».
«Grazie a De Vincenzi — e ai racconti di mio nonno — ho cominciato un viaggio nella Milano che non c’è più», conclude Crovi. «Sì, perché i noir di De Angelis sono fortemente legati alla città, ne descrivono luoghi e abitudini, ne denunciano i lati oscuri. Questo radicamento nel territorio è un carattere costitutivo del giallo italiano, che lo distingue dai crime novel americani costruiti sulla figura del detective privato. O, più tardi, sui serial killer. Un carattere italiano che ritroviamo in Lucarelli, De Cataldo, Carofiglio, ciascuno dei quali — Lucarelli era un cronista, gli altri due magistrati — parte sempre dalla realtà. E il noir qui da noi si è rivelato il modo migliore per raccontarla».