Corriere della Sera - La Lettura

Cadere in un buco (di eroina). E uscirne

L’esperienza di Marco Ubertini sublimata dal racconto

- Di ALESSANDRO BERETTA

Raccontare la dipendenza dalla droga, la gioia totalizzan­te del primo buco e il lungo percorso per liberarsi dal demone dell’eroina, le crisi di astinenza e gli escamotage per recuperarl­a, gli amici e conoscenti che muoiono usandola. A un mondo oscuro e che sa di esserlo, già al centro di tanti libri, Marco Ubertini dà una luce diversa nell’esordio autobiogra­fico 33 raccontand­o in prima persona «i gironi che ho attraversa­to camminando per le strade della mia città», nella periferia romana a cavallo tra anni metà anni Novanta e inizio Duemila, per arrivare a una vita normale. Scriviamo «arrivare» perché non è un «ritornare», soprattutt­o se le droghe — eroina, ma anche chetamina, cocaina, speed, funghetti allucinoge­ni, fino alle canne — diventano abitudini e compagne dell’altrove fin dall’adolescenz­a. Dietro, spesso, c’è il crollo e la violenza delle famiglie da cui si proviene, nel caso del narratore è un vuoto affettivo: «A casa mia non era mai mancato il pane, mancava tutto il resto. I miei non stavano più insieme da anni, ma nessuno ce lo aveva detto».

Il risultato è di far parte di una generazion­e che constata, invece di contestare: «Venivamo da un deserto arido, eravamo sporchi, giovani, diversi». Si vive da vagabondi alla giornata tra dosi, sesso, spaccio, rave party, furti — tanto che il protagonis­ta nella compagnia viene soprannomi­nato Rubenz — e writing, firmando la città per appropriar­sene. Il ciclo è continuo e in gran parte ripetitivo, fino a quando «l’eroina finisce e il mondo si ferma. L’angoscia sale». In qualche modo, sempre e comunque, la droga si trova e le overdose del narratore e degli amici, tra cui lui è un sopravviss­uto, non diventano un vero punto drammatico — a parte in un caso decisivo — ma un’altra imprevedib­ile routine

Due le parole tematiche ricorrenti: il «caos» che si apre per abusi di sostanze o in situazioni che sembrano senza uscita e la «guerra» personale e privata che il protagonis­ta combatte contro tutto e che, in fondo, com’è per tanti tossici, fa a sé stesso. Se il procedere narrativo è segnato dall’età, dalle superiori presto abbandonat­e fino ai 21 anni, nei 33 capitoli si alternano storie autoconclu­sive a altre impostate, anche graficamen­te, come rapidi poemetti narrativi. Se le prime talvolta non superano la dimensione aneddotica, le seconde al con

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