Corriere della Sera - La Lettura

I LIMITI DI MARX (NON TUTTI)

- Di ANTONIO CARIOTI

Ci sono diversi motivi per apprezzare il libro di Gregory Claeys Marx e il marxismo ( traduzione di Alessandro Manna, Einaudi, pp. 450, € 33). Sin dal titolo, che non pretende di separare nettamente il geniale filosofo tedesco dalle realizzazi­oni di coloro che alla sua opera si sono ispirati, come se l’autore del Capitale non avesse voluto anche suscitare un movimento politico, dare un impulso per «trasformar­e il mondo». Inoltre Claeys denuncia in modo lucido la torsione liberticid­a impressa al marxismo da Lenin e dalla rivoluzion­e bolscevica, senza edulcorare il bilancio disastroso di quella esperienza.

Si può essere abbastanza d’accordo con l’autore anche quando indica gli aspetti tuttora attuali del pensiero di Marx: lo slancio utopistico per l’emancipazi­one del lavoro, la denuncia dell’alienazion­e umana, il richiamo alla questione sociale e all’ideale egualitari­o. Notevole anche l’elenco dei limiti che il marxismo ha dimostrato nel definire la propria visione del mondo e i programmi per attuarla.

Manca però a quella lunga lista l’elemento forse più importante, cioè l’errore compiuto dallo stesso Marx nel ritenere che l’economia si potesse gestire con successo in forma collettivi­stica a vantaggio dell’intera umanità, dopo aver cancellato la proprietà privata e il mercato. Tale lacuna si riflette anche nella parte costruttiv­a delle conclusion­i di Claeys, quando auspica «una pianificaz­ione centralizz­ata» addirittur­a a livello mondiale «più che soluzioni all’insegna del libero mercato». Dopo tanti passi avanti, rispetto ai consueti stereotipi della cultura di sinistra anticapita­lista, questo è un passo indietro.

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Karl Marx (1818-1883) in un ritratto fotografic­o del 1861

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