Corriere della Sera - La Lettura
I LIMITI DI MARX (NON TUTTI)
Ci sono diversi motivi per apprezzare il libro di Gregory Claeys Marx e il marxismo ( traduzione di Alessandro Manna, Einaudi, pp. 450, € 33). Sin dal titolo, che non pretende di separare nettamente il geniale filosofo tedesco dalle realizzazioni di coloro che alla sua opera si sono ispirati, come se l’autore del Capitale non avesse voluto anche suscitare un movimento politico, dare un impulso per «trasformare il mondo». Inoltre Claeys denuncia in modo lucido la torsione liberticida impressa al marxismo da Lenin e dalla rivoluzione bolscevica, senza edulcorare il bilancio disastroso di quella esperienza.
Si può essere abbastanza d’accordo con l’autore anche quando indica gli aspetti tuttora attuali del pensiero di Marx: lo slancio utopistico per l’emancipazione del lavoro, la denuncia dell’alienazione umana, il richiamo alla questione sociale e all’ideale egualitario. Notevole anche l’elenco dei limiti che il marxismo ha dimostrato nel definire la propria visione del mondo e i programmi per attuarla.
Manca però a quella lunga lista l’elemento forse più importante, cioè l’errore compiuto dallo stesso Marx nel ritenere che l’economia si potesse gestire con successo in forma collettivistica a vantaggio dell’intera umanità, dopo aver cancellato la proprietà privata e il mercato. Tale lacuna si riflette anche nella parte costruttiva delle conclusioni di Claeys, quando auspica «una pianificazione centralizzata» addirittura a livello mondiale «più che soluzioni all’insegna del libero mercato». Dopo tanti passi avanti, rispetto ai consueti stereotipi della cultura di sinistra anticapitalista, questo è un passo indietro.