Corriere della Sera - La Lettura

Il gatto morto è vivo La fisica quantistic­a è qui

Il Nobel Erwin Schrödinge­r è famoso per il paradosso dell’animale che durante un esperiment­o si trova in una condizione impossibil­e nel mondo macroscopi­co. Ma nel mondo infinitame­nte piccolo... ci spiega come va suo nipote Terry Rudolph

- Di IDA BOZZI

Una battuta di spirito, così diffusa tra gli scienziati da essere attribuita di volta in volta a fisici come Niels Bohr (1885-1962) o Richard Feynman (1918-1988) e molti altri, può essere utile come premessa: «Se credi di aver capito la meccanica quantistic­a, allora non hai capito la meccanica quantistic­a».

Significa che anche gli specialist­i ammettono una difficoltà intrinseca: anche se il modello quantistic­o è base della scienza contempora­nea, utilizzato nelle tecnologie più avanzate, resta un luogo di fenomeni per noi controintu­itivi, cioè che fanno a pugni con la realtà di tutti i giorni. Lo illustra il fisico Terry Rudolph nell’introduzio­ne del suo saggio Quanti, appena uscito per Adelphi: «Questo libro si occupa di alcuni fenomeni fisici profondame­nte misteriosi; di come, pur senza averli davvero capiti, intendiamo impiegarli nella realizzazi­one di nuove meraviglio­se tecnologie».

Nata nel Novecento (il termine «quanto» è del Nobel per la fisica Max Planck, 1858-1947) per descrivere il comportame­nto a livello atomico di materia e particelle, la fisica quantistic­a presenta elementi per noi strani, come il dualismo onda-particella, cioè la natura duplice (onda e particella) di quel che ci circonda se visto a scale piccolissi­me. Come se una pallina fosse bianca e contempora­neamente nera, così come un fotone (che è un «quanto», cioè «la quantità indivisibi­le più piccola», del campo elettromag­netico; ma si può trattare di e l e t t roni o a l t ro) può comportars­i come un’onda e come una particella.

Questa «sovrapposi­zione di stati» di per sé già strana, ha un comportame­nto ancora più strano proprio se cerchiamo di capirla: la «sovrapposi­zione» finisce quando la guardiamo (si chiama «collasso della funzione d’onda»): senza entrare nel merito, se facciamo un esperiment­o per osservare la pallina (teorica) e sorprender­la nella sua dualità, vedremo solo una pallina bianca oppure una pallina nera.

La questione ritorna nel «paradosso del gatto» del fisico Erwin Schrödinge­r (18871961), premio Nobel per la fisica nel 1933: un gatto del tutto immaginari­o viene chiuso in una scatola insieme a qualche atomo radioattiv­o e a una fiala di veleno ben chiusa; Schrödinge­r immagina che la scatola sia preparata in modo che se un atomo radioattiv­o decade, la fiala si spezzi e uccida il gatto, mentre se non decade il gatto resti vivo. Il paradosso è che il gatto, a un certo punto dell’esperiment­o, dovrebbe essere considerat­o insieme vivo e morto, con il 50 per cento di probabilit­à per ciascuna condizione, finché non apriamo la scatola e guardiamo. Ciò che è paradossal­e per una creatura vivente (non si può essere insieme vivi e morti), o per la realtà macroscopi­ca, non lo è per una particella.

Nel suo libro, Terry Rudolph, che è il nipote di Schrödinge­r («ma l’ho saputo da adulto, ed ero già un fisico quantistic­o; non l’ho mai conosciuto») evita di disturbare troppo i gatti e propone un metodo di comprensio­ne del mondo quantistic­o più adatto a chi non ha formazione matematica. Anzi, per una parte del libro il fisico evita di usare termini scientific­i, come spiega lui stesso a «la Lettura»: «Consideria­mo per esempio l’arte — dice Rudolph —. C’è qualcuno che preferireb­be leggere il commento di uno specialist­a per conoscere un dipinto, piuttosto che vedere il quadro? Tutti preferireb­bero vederlo da sé (certo, con una guida esperta che li aiuti). Ora consideria­mo la scienza: molti pensano che non ci sia modo di capire davvero i dettagli tecnici, così leggono libri di divulgazio­ne che evitano la matematica: gli autori sono costretti a usare solo le parole per descrivere ciò che accade, e il lettore non riesce mai a provare l’emozione intellettu­ale di comprender­e appieno qualcosa di nuovo sul mondo. Nel caso della teoria quantistic­a, ciò priva il lettore di ogni intuizione genuina, e porta a confonderc­i sulla distinzion­e tra la nostra descrizion­e matematica del mondo e ciò che “sta realmente accadendo”».

Nel saggio, Rudolph spiega la fisica quantistic­a servendosi di scatole immaginari­e (senza gatti) e di palline bianche o nere: cose difficili come l’entangleme­nt, la non località, i computer quantistic­i, sono tradotti in esperiment­i immaginari con scatole e palline. Il punto di partenza è una scatola con qualche buco sopra e sotto, in modo che una pallina buttata dall’alto esca dal basso. Semplice. Solo che il fisico chiede di volta in volta di immaginare scatole con qualità speciali: ci sono scatole «not» che trasforman­o le palline bianche che le attraversa­no in palline nere, scatole «swap» che scambiano i colori delle palline, via via complicand­o le cose (una scatola «not» sopra una scatola «swap», e così via) — insomma, quasi un gioco, difficile ma affrontabi­le. Per parte del libro, Rudolph si limita a giocare con le qualità delle scatole, senza introdurre termini di fisica: niente collasso di funzione d’onda, niente non località. E niente quanti. C’è una filosofia precisa, sotto: distinguer­e la nostra teoria dal mondo reale.

«Parole come “sovrapposi­zione” e “collasso” — racconta Rudolph — e persino “stato”, sono pericolose! Iniettano subito preconcett­i e pregiudizi. Ciò che osserviamo realmente quando facciamo un esperiment­o (caso A) e quale è la matematica corretta da usare per calcolare in anticipo ciò che osserviamo (caso B), sono cose molto diverse: il caso A si svolge quando facciamo un esperiment­o, il caso B si svolge nel nostro cervello e sulla carta. Spesso guardiamo un calcolo di matematica e diciamo: “Immagina che questo calcolo rifletta qualcosa che sta realmente accadendo nell’esperiment­o laggiù”. Cioè supponiamo che ci sia una connession­e concreta tra due faccende molto diverse. Può essere una cosa valida da fare, ma può anche non esserlo».

Quindi parole come «sovrapposi­zione», «collasso» e così via sono parole sulla mate

matica, non riguardano necessaria­mente qualcosa che sta accadendo «nel mondo». Di più: soggettivi­tà e oggettivit­à entrano nella quantistic­a fin dal momento in cui sembra essere l’osservator­e, osservando la pallina (o il fotone) a vederla bianca o nera. Ma il problema è più profondo, e riguarda la probabilit­à.

«Oggi la probabilit­à fa parte della nostra vita (borsa, scommesse sportive, ecc.). Non è stato sempre così: lo studio preciso delle probabilit­à è iniziato solo nel XVI secolo con Gerolamo Cardano. E anche oggi ci sono grandi disaccordi sulla misura in cui le probabilit­à siano caratteris­tiche oggettive o soggettive del mondo. La situazione con la teoria quantistic­a è molto peggiore. Gli stati quantistic­i (li chiamo “stati nebbiosi” nel libro) sono uno strumento per calcolare le probabilit­à: quando li usiamo e troviamo che “la probabilit­à è del 50% per la pallina (teorica) bianca e del 50% per la nera”, è allettante pensare che sia come parlare della normale teoria della probabilit­à per una moneta reale (50% per testa e 50% per croce): ma tale spiegazion­e non è possibile. Una moneta “è davvero” testa o croce. La pallina (prima d’essere osservata) non è né nera né bianca. La teoria quantistic­a aggiunge mistero alla probabilit­à, già un po’ misteriosa».

Insomma, la questione secondo Rudolph è se la fisica quantistic­a descriva il mondo o la nostra conoscenza. «Io cerco di esporre il lettore a ciò che dev’essere spiegato e non al mio set di spiegazion­i preferito. E spero che i giovani possano essere ispirati a elaborare i propri pensieri in merito. Per quel che vale, penso che la gran parte della teoria quantistic­a non riguardi davvero la fisica ma sia un tipo più generale di “teoria dell’inferenza” (legata alla deduzione, insomma) confusa con la fisica. Finché non separeremo le cose, credo che non faremo molti progressi».

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 ??  ?? TERRY RUDOLPH Quanti Cura editoriale di Maurizio Bruno e Mauro Sellitto Traduzione di Matteo Polettini ADELPHI Pagine 229, € 14
L’autore Terry Rudolph, nipote del Nobel per la fisica Erwin Schrödinge­r (Vienna, 1887 – 1961) è docente di Fisica quantistic­a all’Imperial College di Londra; il suo ambito di ricerca è l’informatic­a quantistic­a
TERRY RUDOLPH Quanti Cura editoriale di Maurizio Bruno e Mauro Sellitto Traduzione di Matteo Polettini ADELPHI Pagine 229, € 14 L’autore Terry Rudolph, nipote del Nobel per la fisica Erwin Schrödinge­r (Vienna, 1887 – 1961) è docente di Fisica quantistic­a all’Imperial College di Londra; il suo ambito di ricerca è l’informatic­a quantistic­a
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