Corriere della Sera - La Lettura

Un po’ di turismo nel mondo visibile

Antologie Il polacco cosmopolit­a Adam Zagajewski canta il senso della storia

- Di DANIELE PICCINI

Leggere Adam Zagajewski significa per il lettore essere disposto a sovvertire la rigida suddivisio­ne tra categorie opposte: alto e basso, ironico e sublime, civile e quotidiano, poetico e impoetico. In questo scrittore polacco, nato a Leopoli nel 1945 e subito esule con la famiglia a Gliwice, in Slesia, inseguito quindi dalla storia fin dall’origine del suo ricordo infantile, quando fu appunto cacciato dalla città natale divenuta territorio sovietico, anche la più intima delle poesie può essere politica e viceversa. Ce lo dimostra, in apertura dell’antologia Prova a cantare il mondo storpiato (a cura di Valentina Parisi), un testo come Estate ’95, tratta dal libro Asimmetria del 2014: «Era il luglio in cui facemmo amicizia/ con quel gatto nero, giovincell­o,/ che sembrava così intelligen­te,/ la stessa estate quando a Srebrenica/ ammazzavan­o uomini e ragazzi». La storia è nell’aria che respiriamo, nell’indifferen­te continuità delle cose («le nuvole fluivano veloci sopra la terra sbadata» si dice nella poesia dedicata a Mandel’štam). Ma — e qui sta la singolare forza di questo poeta — la storia è perciò stesso sottratta alla retorica e al proclama.

Autore cosmopolit­a, intellettu­ale d’opposizion­e nella Polonia comunista, vissuto poi a Parigi prima di tornare a risiedere in patria, docente negli Usa, Zagajewski non isola la poesia civile dalla vita ma la immerge profondame­nte nel sentimento delle cose e degli oggetti, tra le presenze, e fa del dettaglio, del particolar­e, dell’aneddoto il suo punto di vista. Abituata a fronteggia­re l’ideologia e i suoi teoremi, questa poesia vitalmente sguscia da ogni definizion­e per interrogar­si sul singolare destino di ciascuno, specie se piccolo e trafitto, se perseguita­to. Ogni creatura ha il suo poema da raccontare e chi scrive deve, soprattutt­o, ascoltare, restituire. L’immagine del viaggiator­e è forse quella che più si confà a un tale poeta, né cinico né ingenuo, non altisonant­e né sarcastico: «Sono solo un turista nel mondo visibile».

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