Corriere della Sera - La Lettura
Una messinscena ti fa guarire dalla vita
Amore, teatro, schizofrenia: Claudia Petrucci esordisce intrecciando con talento più temi
AMilano, Giorgia è cassiera in un supermercato e Filippo lavora nel bar di famiglia. Convivono, si amano, la loro routine sembra comune, ma la voce narrante di Filippo che la ricostruisce ha fin dall’inizio tratti alienanti: Giorgia tiene a bada la realtà cercando di ordinarla e difendersene, ma non ne è sempre in grado, sente premere quello che, ad ogni effetto, è un altro da sé.
Si apre così il romanzo d’esordio di Claudia Petrucci, L’esercizio, con un Antefatto dal ritmo inquieto, cui seguono dieci ampi capitoli e un Epilogo. L’identità di Giorgia è fragile e a romperla ritorna una passione: il teatro, studiato alle Scuole Civiche, in cui l’amico e regista Mauro la coinvolge nuovamente dopo anni di assenza dalla scena. Certo, lei è ansiosa per le prove, ma è brava, fino al giorno della prima che Filippo ricorda come «l’ultimo giorno che trascorreremo come versioni fedeli di noi stessi» perché entrando sul palco lei va in crisi e «svanisce nel compimento del processo di immedesimazione».
Al crollo psichico, segue il ricovero in clinica, luogo in cui Giorgia è in terapia farmacologica, non reattiva per mesi, con la diagnosi di «schizofrenia paranoide». Per Filippo la vita si riorganizza intorno alle visite, fino a quando si riaffaccia Mauro che porta con sé, nuovamente, il teatro: La dodicesima notte di William Shakespeare che anni prima Giorgia aveva interpretato.
Leggendo e rileggendo la commedia in stanza qualcosa cambia, Giorgia reagisce e inizia a dialogare con le battute della contessa Olivia, protagonista della play. L’essere posseduti dalla recitazione, che l’ha distrutta, può avere a sorpresa una dimensione inattesa e salvifica per la stessa Giorgia.
È qui che Mario propone a
Filippo l’esercizio che dà il titolo al libro: scrivere insieme il copione della vita di lei, ricostruendone il passato e il comportamento, per fare in modo che rientri nella sua normalità, passo dopo passo, per immedesimazione. L’espediente funziona: Giorgia, senza sapere che il testo la riguarda, ascolta, legge e impara una versione di sé stessa, apparentemente guarendo.
Il gioco, invece, è profondamente manipolatorio: all’inizio Giorgia non ha gusti, ma è «un abbozzo» nella prima stesura, mentre nelle successive diventa fin troppo fedele alle memorie