Corriere della Sera - La Lettura
La maledizione delle tre lettere
Secondo una leggenda il dio Freyr mandò un messaggero a corteggiare la bella Gerdr, ma non furono i doni preziosi a farla cedere, bensì la paura di una vita di tormenti, quando il servo, vedendo vane le lusinghe, la minacciò incidendo tre volte la runa Thurs, gigante, ê, una maledizione senza rimedio. La magia delle tre lettere si incontra anche nelle iscrizioni più antiche, talvolta come augurio di prosperità. Tali incantesimi erano possibili perché le rune avevano dei nomi, non riportati nelle iscrizioni e noti grazie a fonti successive, che facilitavano l’apprendimento della sequenza, ma costituivano l’essenza stessa della runa. Le rune, isolate o ripetute, erano strumenti di magia. Forse per questo quando ê venne utilizzata per rappresentare un suono delle lingue germaniche senza corrispondente latino, il nostro th, si ritenne prudente adottare il nome Thorn, spina. Anche la spina punge, l’antico valore negativo della runa non era del tutto dimenticato, ma non evocava oscure potenze pagane.