Corriere della Sera - La Lettura

O’Tama, vita e opere della nippo-siciliana

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All’origine ci fu l’amore. Vincenzo Ragusa e O’Tama Kiyohara si incontraro­no in Giappone negli anni Ottanta dell’Ottocento: lui era già uno scultore affermato, lei una pittrice esordiente. Cominciò così un sodalizio umano e artistico che presto si trasferì in Sicilia. Migrazione di stili è il titolo della mostra delle opere di O’Tama promossa dalla Fondazione Federico II, fino al 6 aprile a Palazzo Reale di Palermo (federicose­condo.org). Lungo il percorso si incontrano 80 opere tra manufatti, cartoni e tessuti, alcune pregiate carte similpelle ( kinkava-gami) e 46 acquerelli di grande delicatezz­a cromatica (sopra: Fiori, 1933). Tutte le opere esposte furono realizzate da O’Tama a Palermo, dove visse per 51 anni. «La sua — spiega la curatrice Maria Antonietta Spadaro — è una pittura fuori dal tempo, eclettica e variabile». Dopo la morte di Ragusa, O’Tama rientrò in patria. E quando si spense, nel 1939, volle che le sue ceneri fossero divise tra il Tempio di famiglia, in Giappone, e la tomba del marito, nel cimitero palermitan­o dei Rotoli. (paolo beltramin)

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