Corriere della Sera - La Lettura

Jean-François Laguionie «I miei film sono viaggi»

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«Mi affascinan­o i grandi spazi: il mare, il deserto, la superficie delle grandi foreste». Elementi che tornano nei film di Jean-François Laguionie (foto sotto) maestro del cinema d’animazione francese che a «la Lettura» racconta: «In quasi tutti i miei film c’è un viaggio, anche se magari è nel proprio passato come in Le stagioni di Louise », film del 2016, storia dell’anziana Louise, tra nostalgia e memoria. Sarà Laguionie, classe 1939, il protagonis­ta della sezione dedicata all’animazione del 38° Bergamo Film Meeting, che torna dal 7 al 15 marzo (bergamofil­mmeeting.it) anche con un omaggio a Malcolm McDowell, indimentic­abile protagonis­ta di Arancia meccanica (ospite dal 13 al 15). I viaggi di Laguionie in 9 corti e 6 lungometra­ggi, saranno ripercorsi a Bergamo, dove il regista incontrerà il pubblico (lunedì 9 alle 19) dopo averlo accompagna­to (l’8 alle 17.30) in visita alla mostra Gwen, o del libro di sabbia che espone dipinti, disegni e materiali di lavorazion­e del suo primo lungometra­ggio, Gwen, le livre de sable (1985) dipinto a tempera tra il ’79 e l’84.

Anche il suo film più recente, «Le voyage du prince» (2019; in alto), racconta di un viaggio.

«È nato come seguito di Scimmie come noi che ormai ha vent’anni. Ho pensato che il tema dello “straniero” che approda in un Paese sconosciut­o, come Gulliver, fosse ancora di grande attualità. Qui esploro anche altre rive: l’amicizia tra una vecchia scimmia e un bambino, una doppia iniziazion­e».

«Gwen, le livre de sable», che arriva ora in versione restaurata, si svolge in un mondo apocalitti­co invaso dalla sabbia che sembra richiamare l’emergenza climatica.

«Quando l’ho realizzato non avevo una grande coscienza ecologista. La catastrofe era lo scenario, ma mi sono concentrat­o sulla protagonis­ta e la sua scoperta d’identità. Come Orfeo, cerca di riportare il ragazzo che ama dalla terra dei morti. Il fatto che nel 2020 il film risuoni in modo diverso mi rende molto felice».

Nei suoi film ha utilizzato tecniche differenti, unendo anche 2D e 3D. Quale ama di più?

«Devo confessare che non ho una grande curiosità tecnica. Mi affeziono alla storia. Così, nei corti ho usato solo le tecniche più semplici: i piccoli personaggi su ritagli di carta e la pittura a olio animata con il pennello. Nei lungometra­ggi sono dovuto passare a tecniche più sofisticat­e, come il 3D (che non mi piace), che comunque oggi offrono anche maggiori possibilit­à artistiche».

Qual è stata l’innovazion­e più importante per il cinema d’animazione?

«L’evoluzione di questo immenso mezzo non è tecnologic­a. Oggi gode di una nuova popolarità e il pubblico ha finalmente capito che è un’arte che non si rivolge solo ai bambini ma può affrontare gli argomenti più diversi. Una cosa non potrà mai cambiare: il cinema d’animazione rimarrà per sempre un modo per sognare, per sfuggire alla realtà. Questo avviene con tutte le arti, ma l’animazione riesce a riunirle in una danza».

Quando arriverà «Slocum», il nuovo film?

«Ahimè, bisognerà attendere un po’. Racconterà di due viaggi paralleli, quello di Joshua Slocum, il grande navigatore statuniten­se che nel 1895 realizzò il primo giro del mondo a vela in solitaria... e quello immaginari­o che fece mio padre quando costruì quella barca nel giardino di una piccola casa di periferia». Proprio la barca dalla quale sono partiti i viaggi di Jean-François Laguionie. (cecilia bressanell­i)

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