Corriere della Sera - La Lettura
I sovrani vichinghi con la pelle scura
Bergsveinn Birgisson, scrittore e filologo, si è messo sulle tracce di due gemelli, figli di un re norvegese, «brutti e neri», grandi colonizzatori della sua Islanda. Uno in particolare, Geirmund, è un eroe dell’età vichinga ma anche un personaggio scomodo che saghe e storiografia ufficiale sembrano aver voluto dimenticare. Questo è il ritratto di Geirmund «pelle scura»
Geirmund heljarskinn, ovvero «pelle scura», è citato in numerose fonti medievali, tutte sorprendentemente frammentarie, che delineano in pochi tratti un’esistenza fuori dall’ordinario. Lo descrivono come una delle colonne portanti della storia delle nostre origini, eppure rimane in penombra, vittima di una singolare reticenza da parte degli storici. Oltretutto sembrerebbe che la distanza temporale non sia l’unica responsabile della nebbia che avvolge il nostro uomo «pelle scura»: anche negli autori dei secoli successivi si coglie la volontà di escluderlo dalla cronaca delle origini. Consideriamo per esempio i numerosi frammenti che lo riguardano nella Landnámabók (il manoscritto medievale che racconta nel dettaglio la colonizzazione vichinga dell’Islanda nel IX e nel X secolo), dove si legge: «Dicono i saggi che fu il più nobile di tutti i colonizzatori islandesi».
Il termine per «nobile», göfugr, può riferirsi alla stirpe, ma se è vero che Geirmund proviene dalla più influente famiglia reale della Norvegia occidentale, lo stesso si può dire del suo gemello Hámund, che colonizzò l’Eyjafjörður, e che invece non è mai descritto con questo aggettivo. Dobbiamo quindi intendere la parola nel senso in cui la usano gli antichi autori islandesi per definire Hrafn nella Saga di Egill, «il più “nobile” dei figli di Hæng», in riferimento alla prodigalità, al potere, agli affari e alla ricchezza. Tali aspetti trovano perfetta corrispondenza in un altro frammento della Landnámabók: «Quando Geirmund si spostava tra coloro che risiedevano nelle sue terre, aveva sempre ottanta persone al seguito».
Nell’episodio dal titolo «Geirmundar þáttr heljarskinns» della Sturlunga Saga emerge che il gruppo al seguito di Geirmund era composto da uomini armati. In altre parole, Geirmund aveva delle guardie del corpo, e sapendo che gli autori medievali non avevano alcun motivo per ingigantire dati del genere, il numero ci rivela un grande giro di schiavi e una supremazia assoluta — condizioni che non era auspicabile riscontrare nei primi colonizzatori. Tutto lascia pensare che le guardie del corpo di Geirmund fossero liberti, uomini con qualche privilegio rispetto agli schiavi, per esempio la possibilità di trovarsi una moglie e avere dei figli. Se ne deduce che Geirmund, nell’attività che gestiva in Islanda, avesse a suo carico duecento persone, senza contare salari e costi di fornitura delle armi. Per quale motivo aveva bisogno di ottanta guardie del corpo? E da dove ricavava tutto il denaro per mantenerle? A questi interrogativi i compilatori delle saghe non danno alcuna risposta, e a giudicare dai frammenti in nostro possesso sembra evidente che tali risposte non risultarono «gradite» quando si trattò di creare il mito delle origini dell’Islanda, l’immagine di una società che si basava sull’uguaglianza tra grandi contadini norvegesi e una scarsa, se non nulla, presenza di schiavi.
La compilazione delle saghe, e della storia in generale, anche quella di cui stiamo parlando adesso, è come una metafora: si fa luce su ciò che corrisponde all’immagine che si desidera tratteggiare, trascurando tutto quello che non vi è conforme. E da subito, fin dalla creazione del mito delle origini, pare che Geirmund venga relegato nell’ombra.
Sulla sua infanzia, invece, possediamo molte più informazioni; anzi, di nessun altro colonizzatore islandese ci è stata tramandata un’infanzia altrettanto dettagliata. La Landnámabók, la Saga di Hálfr e dei suoi campioni e l’«Episodio di Geirmund Pelle scura» nella Sturlunga Saga riferiscono in modo concorde che subito dopo la nascita Geirmund e Hámund furono scambiati dalla madre con il figlio di uno schiavo bianco di nome Leif. I due gemelli iniziano la loro esistenza insieme agli schiavi, poco lontano dalla residenza reale del padre Hjör. Il motivo dello scambio è che i fratelli erano «neri e brutti», come attesta il soprannome heljarskinn, che significa «che ha la pelle come Hel», la dea degli inferi; ovvero, i due bambini avevano la pelle più scura del normale. In molte fonti islandesi si parla di norreni dall’incarnato scuro a cui si affibbiava volentieri il soprannome «nero»; ma nel caso dei due gemellini l’aggettivo si accompagna a «brutto», che è un epiteto usato per gli schiavi, non certo per due figli di re. Il soprannome rivela tratti fisionomici diversi da quelli che potremmo definire germanici: i fratelli vengono descritti come all’epoca si descrivevano gli inuit della Groenlandia e del Nord America, detti skrælingjar nelle fonti norrene. «Erano uomini neri e brutti, con brutti capelli in testa; avevano gli occhi grandi e le mascelle larghe».
Le stesse caratteristiche erano attribuite alle genti del nord, che fossero i sami «con il volto largo un braccio» o gli inuit sulle coste del Mar Bianco, come Geirríðr la vedova di Gandvík, che aveva la pelle e i capelli neri ed era «imbaciabile». Il soprannome
«brutto» è quindi spesso accostato ai tratti che caratterizzano le etnie mongole.
Per quanto si cerchi una spiegazione diversa per le sembianze dei due fratelli, l’unica plausibile suppone un legame della famiglia di Hjör con il Bjarmaland, la regione della Russia settentrionale sulle coste del Mar Bianco (detto Gandvík nelle fonti). Di lì, come sostengono tutte le versioni della Landnáma
bók, è originaria la madre, dalla quale i due bambini devono avere ereditato l’aspetto. Guðbrandur Vigfússon dà la stessa spiegazione parlando della stirpe di Geirmund: «... e si può immaginare che là fosse diffusa la pelle scura, poiché la madre dei gemelli, i figli del re Hjör, veniva dall’est, dal Bjarmaland, e non era
umana ». Vigfússon intende dire che era una «trollessa», come venivano definite le donne inuit che Þorkell incontrò in Groenlandia secondo la Flóa
manna saga. È ironico constatare come nel XIX secolo, quando Vigfússon scrive, la situazione sia cambiata ben poco nel modo di descrivere gruppi etnici a noi estranei.
Geirmund «pelle scura» appartiene quindi a due mondi culturali diversi — è un mezzo troll, come venivano definite persone del genere nel Medioevo. In più conosce l’intero spettro cromatico sociale, dagli schiavi con i quali ha vissuto durante l’infanzia fino ai livelli più alti dell’aristocrazia norrena. Le fonti parlano anche di un legame del padre Hjör Hálfsson con i regni vichinghi in Irlanda: possiamo considerare queste storie e le genealogie che legano la famiglia di Geirmund alle genti dell’ovest come testimonianze storiche degli intensi rapporti tra la Norvegia, e in particolare il Rogaland, dove regnava Hjör Hálfsson, e Dublino, rapporti che gli archeologi hanno documentato in modo inconfutabile per il periodo che ci riguarda.
A giudicare dalle fonti pare dunque che il re Hjör pratichi il commercio con i biarmi del nord per poi rifornire dei loro prodotti i re norreni in Irlanda; in questa attività Geirmund subentra al padre sulla cosiddetta «via dell’ovest», ovvero quella delle Isole Britanniche. Secondo la Saga di Grettir, Önund gamba di legno andò a trovare Geirmund poco dopo la battaglia di Hafrsfjord (con la quale Harald Bellachioma unificò sotto il suo potere la Norvegia) e lo esortò a riprendersi il suo regno nel Rogaland. La stessa tradizione dice che Geirmund era «il più famoso dei vichinghi sulla via dell’ovest». Anche l’«Episodio di Geirmund pelle scura» della Sturlun
ga Saga riporta che i due fratelli si erano arricchiti «sulla via dell’ovest».
In tutto ciò va notato che per Geirmund non esiste una tradizione relativa a scorrerie o spedizioni militari in quelle zone, del resto l’epoca d’oro dei saccheggi dei monasteri era già in declino. Occorre quindi cercare un’altra spiegazione per la sua prosperità che non siano le incursioni vichinghe. Dai frammenti giunti fino a noi si evince che è partendo dalla via dell’ovest che Geirmund e i suoi più stretti collaboratori — Úlf lo Strabico, Steinólf Basso e Þránd Ossa Fini — colonizzano l’Islanda. Il potere e la ricchezza di Geirmund in Islanda si alimentano grazie alle attività economiche dei regni norreni in Irlanda.
Le cose vanno alla grande, la fortuna gli sorride, il sole splende sui sentieri di «Pelle scura». Ma poi, verso la fine della sua esistenza, accade qualcosa di singolare. Leggendo tra le righe della Landnámabók scopriamo un evento drammatico su cui nessuno in seguito volle più soffermarsi, senza tuttavia passarlo del tutto sotto silenzio. Sulla colonizzazione di Geirmund negli Hornstrandir si dice: «Là stabilì quattro sedi, una ad Aðalvík, mandata avanti dal suo incaricato; la seconda a Kjaransvík, gestita dal suo schiavo Kjaran; la terza, nei terreni comuni a ovest, la prese il suo schiavo Björn, che fu accusato di furto di bestiame dopo la morte di Geirmund; il suo terreno andò alla comunità».
Una volta morto Geirmund, tutti i terreni da lui colonizzati negli Hornstrandir, non solo quelli gestiti da Björn, divennero terreno comune. Chi redasse la
Landnámabók si limitò a dire che uno dei suoi schiavi aveva rubato degli ovini. È una scusa assurda, insufficiente a giustificare la decisione di sottrarre terre a un colonizzatore per passarle alla comunità. L’uomo più ricco d’Islanda non avrebbe avuto nessuna difficoltà a privarsi di qualche capo di bestiame per compensare il furto del suo schiavo, e anche nel caso in cui fosse già morto i parenti più prossimi avrebbero potuto accollarsi l’onere del risarcimento. Ma dietro a questa decisione c’è la sentenza di un tribunale parlamentare. Un verdetto del genere veniva applicato solo in casi di reato grave: il terreno dell’antica assemblea di Kjalarnes, per esempio, divenne di proprietà comune dopo che il colono fu condannato per «l’omicidio di uno schiavo o di un liberto». Quale crimine c’è dietro l’assegnazione degli Hornstrandir alla collettività? Che cosa simboleggiava in realtà una simile trasformazione?