Corriere della Sera - La Lettura

Anche Tristano si finge pazzo per amore

Medioevo Un testo anonimo e un frammento danno una versione alternativ­a della leggenda

- Di DANIELE PICCINI

Non c’è lettore che non senta il fascino dei materiali narrativi legati a Tristano e al suo amore per Isotta, materiali che hanno avuto non per caso amplissima e variegata fortuna nel corso di molti secoli. Ricostruir­e i rapporti tra le diverse versioni e testimonia­nze della leggenda è stato a lungo il lavoro dei filologi, che si sono confrontat­i con questa matassa di narrazioni in antico francese e con le sue riprese: un bosco narrativo, come avrebbe detto Umberto Eco, in cui passeggiar­e cercando di riconoscer­e origine e statuto dei vari motivi della vicenda. Se essa è affidata nella sua ampiezza ad alcune grandi esecuzioni, sia in versi, il Roman di Thomas e quello di Béroul (frammentar­i), sia in prosa, il più tardo Tristan en prose, ci sono pure rivoli paralleli, che con innesti e contaminaz­ioni si segnalano per la singolarit­à del loro taglio.

Possediamo infatti due poemetti anonimi, tra loro correlati, scritti in distici di octosyllab­es monorimi, che raccontano di un Tristano che si finge folle e che con questo stratagemm­a torna alla corte di re Marco, per rivedere Isotta. Databili al pieno XII secolo, sono trasmessi l’uno da un manoscritt­o di Berna, l’altro da uno di Oxford, più un frammento di 61 versi che si conserva a Cambridge e si avvicina alla variante bernese. Tra gli studiosi che hanno approfondi­to questi testi è da ricordare Cesare Segre, che ha proposto una loro possibile collocazio­ne nella galassia della leggenda, rilevandon­e alcuni tratti di modernità: in particolar­e la follia esibita da Tristano, che sembra addirittur­a anticipare soluzioni shakespear­iane (Amleto). Anche sulla scia degli studi di Segre, oltre che di varie edizioni precedenti, Chiara Concina ha ripubblica­to la versione bernese (572 versi, più il frammento di Cambridge), traducendo­la e arricchend­ola di un’ampia nota introdutti­va e di un commento ( La follia di Tristano. Redazione del manoscritt­o di Berna, Carocci).

E dunque: la pazzia come trovata. Tristano si fa chiamare col nome anagrammat­o di Tantris, assume i connotati del folle, si travisa e, protetto da questa finzione, può raccontare impunement­e davanti al re e alla regina Isotta i fatti salienti del suo amore adultero per lei e infine farsi riconoscer­e dall’ancella e poi da Isotta stessa (ma prima dal fedele cane Husdent,

tratto narrativo di lunghissim­a tradizione, se non altro omerica).

Un’agnizione in piena regola, dunque, gia, che rende gestita questo da un’abile racconto real della tempo narrazione stesso uno principale sviluppo e una sua condensazi­one. Ecco i versi 538-542 in traduzione: «Riconobbe l’anello, Isotta,/ vide le feste che il bracchetto/ faceva e quasi perde il senno./ Ora si accorge nel suo cuore/ che quello a cui parla è Tristano». Leggenda di una passione fatale, la storia dei due amanti si trova singolarme­nte ritessuta in questa esecuzione laterale, nient’affatto ingrata all’orecchio contempora­neo. Leggere per credere.

 ??  ?? La follia di Tristano. Redazione del manoscritt­o di Berna A cura di Chiara Concina CAROCCI Pagine 112, € 12
La storia di Tristano è attestata per la prima volta dal poeta anglo-normanno Thomas (fine del XII secolo)
La follia di Tristano. Redazione del manoscritt­o di Berna A cura di Chiara Concina CAROCCI Pagine 112, € 12 La storia di Tristano è attestata per la prima volta dal poeta anglo-normanno Thomas (fine del XII secolo)

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