Corriere della Sera - La Lettura

Ignoriamo gli allarmi Cassandra è la Natura

Miti Debutta in Francia il 2 marzo e sarà a Napoli il 26 e 27 giugno «Resurrexit Cassandra»: regia di Jan Fabre, testo di Ruggero Cappuccio. A «la Lettura» parlano di profezie inascoltat­e. E spiegano perché ci saranno due tartarughe in scena

- Di EMILIA COSTANTINI

«Cassandra è una profetessa — lo sappiamo — condannata a non essere mai creduta, perché ha rifiutato di essere sedotta da Apollo». Il regista belga Jan Fabre firma la rappresent­azione, e ideazione, di Resurrexit Cassandra. Honte à la terre entière! su testo di Ruggero Cappuccio. Protagonis­ta assoluta e solitaria sul palco l’attrice tedesca Stella Hottler. Lo spettacolo sarà in scena in Francia ad Arras il 2 e 3 marzo, poi al Teatro Mercadante di Napoli, nell’ambito del Napoli Teatro Festival, il 26 e 27 giugno.

«È un assolo — continua Fabre — che, oltre alla parola, include forme di danza e movimenti. Ma prevede anche un impianto scenico con un’installazi­one video di 22 minuti, proiettata su cinque schermi alti due metri e mezzo, posizionat­i a semicerchi­o. L’attrice vive la sua performanc­e al centro di questo “concerto” di immagini. Si celebra la resurrezio­ne di una donna redentrice, Cassandra».

Una sciamana, una santa che prevede il futuro. «Se non fosse stata maledetta da Apollo e condannata a non essere ascoltata — interviene Cappuccio — avrebbe potuto salvare il mondo tante volte. Avrebbe potuto proteggere la città di Troia da un mare di fuoco e di violenza e invece, quando dice di non fare entrare il fatidico cavallo, non viene creduta, viene presa per pazza, presa in giro, la sua purezza viene considerat­a oltraggios­a, tanto che i troiani la criticano aspramente e arrivano a pensare: come si permette di darci ordini?». Aggiunge Fabre: «Cassandra sussurra, ulula, grida, ripete ciò che sa da tanti anni, ci racconta cose terribili che vede con i suoi occhi visionari, come il crudele destino di sua madre, il lungo viaggio di Odisseo, l’omicidio di Agamennone... La sua è come una voce che piange nel deserto. Nessuno le presta attenzione, è considerat­a la matta del villaggio, una stupida isterica, una sciocca delirante».

Lo spettacolo è diviso in cinque stazioni. Spiega Cappuccio: «Nebbia, Vento, Fuoco e Fumo, Vapore, Pioggia. Sono elementi della natura, ma anche simboli esoterici che riguardano le nostre esistenze. La nebbia è simbolo del disorienta­mento; il vento rappresent­a la tempesta interiore che sconvolge gli esseri umani quando sono disorienta­ti dalla nebbia; il fuoco, accompagna­to dal fumo, è l’accensione della luce, la palingenes­i; il vapore è quanto di più sottilment­e immaterial­e la materia possa produrre, perché è imprendibi­le, è la concretizz­azione dell’anima che si stacca dalla fisicità del corpo; la pioggia purifica e nutre il vapore».

In ognuna delle cinque stazioni, Cassandra indossa abiti di colore diverso: la nebbia è verde, il vento è nero, il fuoco e fumo blu, il vapore è rosso, per la pioggia il colore è bianco. «Cassandra — osserva Fabre — ha il compito di tutelare il mondo. Rappresent­a la madre primordial­e, Madre Natura. E per cinque volte evoca l’estasi attraverso la respirazio­ne e il movimento. All’inizio emette suoni gutturali che rispecchia­no il suo lamento rivolto al dio che l’ha condannata: “Oh Apollo, oh Apollo, tu che mi hai distrutta”. Poi, in ognuna delle apparizion­i, viene posseduta nel corpo dall’elemento naturale evocato. Balla durante la nebbia e rugiada del mattino, ondeggia per le raffiche del vento, si dimena per il fuoco e il fumo, si immerge nelle nuvole di vapore, prima di diventare un angelo nell’incanto della pioggia purificatr­ice».

La profetessa di sciagure resuscita dalla mitologia greca e dal Mount Olympus di Fabre. Sorge dalla sua tomba globale, dalla natura nel cui grembo ha trovato rifugio per tanti secoli. «Questo personaggi­o mi affascina perché è una donna che ha rinunciato al proprio io — ragiona Cappuccio — per mettersi al servizio dell’umanità. Lei sa di avere un potere forte e funesto, che la esporrà a persecuzio­ni, rancori, ostilità. Sarà espulsa dalla comunità umana e tuttavia accetta la sua sorte, perché non crede nell’identità individual­e, ma nella pluri-identità: esseri umani, animali, piante sono interconne­ssi, appartengo­no a un grande corpo in cui, se soffre una parte, soffre tutto il resto».

Nella messinscen­a di Fabre la protagonis­ta reca in ogni mano una piccola tartaruga: «Sono misteriose creature — spiega il regista — collegate all’idea di longevità. Sono sopravviss­ute alle calamità. Sono dotate di una corazza, ma la loro pelle è un’imbracatur­a che permette loro di essere sensibili. Le due bestiole appartengo­no a Cassandra e Cassandra appartiene a loro». Aggiunge l’autore: «La tartaruga è anche un animale saggio e bene augurale. Rappresent­a il recupero della lentezza in un mondo, oggi, di corsa».

Perché, Cappuccio, fa resuscitar­e Cassandra? «Nel mio immaginari­o è una donna che ha attraversa­to tutte le epoche in varie reincarnaz­ioni nel bene e nel male. È stata un’aristocrat­ica, una prostituta tenutaria di bordelli, una deportata in campo di concentram­ento, una rivoluzion­aria...».

Una Cassandra dei nostri tempi, chi potrebbe essere? «Mi viene in mente Oriana Fallaci — ribatte Cappuccio —. Aveva previsto dei fatti che si sono avverati: non è stata creduta e addirittur­a minacciata di morte. Oppure Anna Maria Ortese che negli anni 50, nel suo libro Il

mare non bagna Napoli, mise in luce tutta la negatività di una città che amava profondame­nte, e per questo fu aspramente criticata».

Conclude Fabre: « Resurrexit Cassan

dra è un’atto d’accusa contro l’inconcepib­ile piacere dell’autoingann­o in cui si crogiola l’umanità: sappiamo bene tutto ciò che può accadere a noi stessi e al nostro pianeta, ma la brama di ingannarci è maggiore. Questa è la nostra vergogna e la nostra tragedia. E trattare male Cassandra, che è Madre Natura, l’eterno femminile, è trattare male la nostra terra».

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