Corriere della Sera - La Lettura

Un’Italia fuori forma per immagini e poesia

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Un poeta e un regista attraversa­no l’Italia alla ricerca di luoghi nascosti, li colgono così come si mostrano, concedendo loro il giusto tempo. Il poeta è Franco Arminio, il regista Davide Ferrario. Nuovo Cinema Paralitico è un documentar­io fatto di frammenti che dal 7 marzo per 9 fine settimana sarà disponibil­e su corriere.it. Un progetto tra cinema e web, suddiviso in episodi tematici che portano tra piazze, acque, periferie, luoghi sacri o «rotti», nell’Italia dell’ultimo banco.

Franco Arminio racconta a «la Lettura»: «Oltre alla scrittura, ho la passione del documentar­io; e mi piaceva l’idea di filmare scene di vita qualsiasi in luoghi qualsiasi». L’ha fatto con Davide Ferrario (foto qui sotto). L’idea: «Arrivi in un piccolo paese in ogni parte d’Italia e filmi un anziano sulla panchina, una donna che si affaccia alla porta e un’altra che passa con una busta di mandarini. Cogli frammenti sperduti di vita, tra negozi con le serrande abbassate, in una fissità che a me offre un senso di beatitudin­e. Tra l’altro, è singolare, perché si incrocia con quanto sta avvenendo in questi giorni soprattutt­o nei comuni del lodigiano della zona rossa dove si vive una paralisi provvisori­a per l’emergenza coronaviru­s».

Arminio e Ferrario hanno girato l’Italia, nord, centro e sud, per i loro «esercizi di percezione». Sono passati da Castel Volturno, Riace, Ganzirri (foto in alto, Arminio, a sinistra, legge a un venditore), dal cimitero di Torino Sud, dal carcere di Saluzzo, feste da ballo e mercati ambulanti, Ceregnano (il «Paese della felicità»), Solomeo... «Accendi la macchina da presa e vedi quello che passa, senza una meta predetermi­nata».

Nel titolo Nuovo Cinema Paralitico si legge l’intenzione di realizzare un cinema «infermo», immobile, in cui «non succede niente. L’esatto contrario del cinema tradiziona­le, fatto di movimento. Richiama un mio verso, “Io sono un paralitico/ che si è iscritto alla gara di salto/ in alto”, e Nuovo Cinema Paradiso, a sottolinea­re il contrasto tra la finzione e il nostro film». Le singole clip di un minuto o poco più (poi assemblate in episodi più lunghi) mostrano «campagne, piccoli paesi... Luoghi non noti che hanno ancora voglia di farsi vedere, a cui siamo andati a fare compagnia: un “turismo della clemenza”, etico». Si vedono il paesaggio, le strade, le persone, spesso anziane. A unirle è la poesia. Arminio recita i suoi versi o li fa leggere a chi incontra: «Sembrava che certe parole potessero accompagna­re le immagini in una geografia in versi. Il maestro non dichiarato è Gianni Celati, proprio per il suo elogio dei luoghi».

Nuovo Cinema Paralitico è un esperiment­o:

«In rete non si trovano video a basso voltaggio, dal ritmo così pacato. Non è finzione e nemmeno un documentar­io classico: non racconta una sola storia. Ferrario ha sposato la poetica del frammento che mi appartiene. Non amo la finzione, al cinema e in letteratur­a. La poesia, il diario, l’aforisma sono le forme che amo di più. A livello mentale vivo in una costante precarietà e per questo ricerco il frammento, in poesia e, ora, al cinema».

Nuovo Cinema Paralitico che Italia racconta? «Non abbiamo fatto un’indagine sociologic­a. L’Italia si svela anche se non parla, basta guardarla, attraversa­rla. Si coglie allora che è attraversa­ta da un senso di sfinimento. La sua bellezza, anche se oltraggiat­a, resiste. Ma il paesaggio umano — e lo stiamo vedendo in questi giorni — è sfilacciat­o. L’Italia è fuori forma». (cecilia bressanell­i)

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