Corriere della Sera - La Lettura
Cerami spolvera e lucida tutti i dettagli che straripano dalle sue storiacce e li riveste di una madornale, inattesa bellezza
uno stesso confine oltrepassato senza dover mai fare più di un passo: non in preda a un raptus, non nella perdita del controllo, ma, al contrario, deliberatamente, lucidamente, al termine di un lungo, languido percorso durante il quale vittime e carnefici sono stati complici nel giocarci, con quel confine, nell’ignorarlo o nel sottovalutarlo, in nome di una trasgressione patetica e, per l’appunto, perdutamente borghese, ottenuta combinando tra loro sempre gli stessi elementi: concupiscenza, plagio, sopraffazione, sadomasochismo — insomma, la declinazione novecentesca di ciò che sedici secoli prima sant’Agostino aveva chiamato «amore male indirizzato». In fondo a tutto, rancida e grigia, la materia-madre di tutte le sofferenze borghesi, la più comune, la più banale, la più incurabile: l’insoddisfazione. Stop. Mai niente di veramente straniero in queste vicende, neppure nei passaggi più violenti, niente di extraterritoriale — tutto sempre attufato nel perimetro angusto che tutti conosciamo, lavoro-vacanza, divertimentonoia, umiliazione-riscatto, dal quale i personaggi non riescono a uscire nemmeno nell’atto di compiere i gesti più estremi. E sono gli oggetti, sempre, oltre che i luoghi, a inchiodarli alla propria tragica banalità: cocaina, motociclette, biancheria intima, antidepressivi... Ecco, come se di quella banalità esistesse un dio, e come se lui non intendesse bestemmiarlo, Cerami spolvera e lucida tutti i dettagli che straripano dalle storiacce che va ricostruendo, in questo simile