Corriere della Sera - La Lettura
Tutti con Callum
Ha postato la prima foto il 23 febbraio e, venti giorni dopo, aveva già quasi 360 mila follower. Succede a Callum Manning, tredicenne di South Shields, nordest dell’Inghilterra. Appassionato lettore, a fine febbraio ha preso a postare foto dei suoi libri più amati, iniziativa che non è piaciuta ai (cyber)bulli della sua scuola. Sua sorella lo ha raccontato su Twitter ed è scattata la solidarietà online. Anche di Stephen King.
in una situazione opposta, che ciascuno di noi deve affrontare a suo modo. Immagino che un milanese di grande attività che considerava ogni minuto una cosa preziosa da sfruttare, ora, guardando il cielo e la natura, sentirà che quel tempo è diventato niente. Penserà che forse è intervenuto un diavolo o un nuovo dio che gli dice: ecco, adesso basta. Si potrebbe dire che per alcuni si tratta proprio di un’apocalisse che può causare depressione o disperazione, anche se non perdi lo stipendio e hai un appartamento sufficientemente grande in cui abitare: il «non poter più fare» può presentarsi come una catastrofe. Se dovessi consigliargli di leggere qualcosa, gli consiglierei un romanzo, un distraente come un farmaco. Io recentemente ho letto l’ultimo libro di Murakami, L’assassinio del Commendatore, che forse non è il suo libro migliore ma riesce a distrarre. Sarebbe un vero farmaco capace di portarlo via dalla tristezza, aumentata dalla televisione che ingoiamo come cibo amaro dei nuovi contagi e dei nuovi morti, i nuovi, i nuovi, che sembrano non finire mai... Altre persone saranno più pacate: per leggere una poesia bisogna avere un’interna pacificazione... e allora qualcuno sarà anche contento di ritrovare Dante, Ariosto, o le poesie che aveva studiato a scuola. Poi ci saranno le persone con figli che devono fare i compiti, e magari quelle senza stipendio... Cosa faranno? Difficile consolarle con una lettura. Senza mangiare non si può neanche pregare, ma io gli direi di pregare. Non resta che sperare oltre la speranza. Il mio libro sulla lentezza è un invito alla riflessione prima del fare: per me vivere la vita fino alla morte come una corsa è qualcosa di demoniaco, di non adatto alla fisiologia umana. Mi chiedo: questo obbligo del riposo servirà a farci riflettere di più? Non è un caso che la gente è tornata a leggere La peste di Camus. Forse per poter dire che se lì l’epidemia è finita, finirà anche per noi: come passano gli uomini, passano anche i virus.
A leggere i romanzi sulle epidemie, da Manzoni a Camus a Saramago, si scopre che la malattia, equivalente al Male, si presenta sempre come una metafora morale, una cesura, una rimessa in gioco e un’occasione di riflessione e di cambiamento. I romanzi potrebbero insegnarci qualcosa.
ANTONIO PRETE — La letteratura ci rappresenta il male nella sua fisicità cercando di costruire una narrazione e una forma di dialogo con la malattia. Il dialogo è fatto anche dall’utopia, per esempio in Boccaccio si crea un tempo altro che è quello del raccontare e che è in dialogo con il tempo tragico della peste: il Decameron è la rappresentazione di come davanti alla tragedia sia possibile ricomporre un tempo altro che ha un suo ritmo di decoro, di gentilezza, di canto, di musica, di narrazione... Ecco che allora si mostra come, proprio in virtù di quel male, il compito dell’uomo sia quello di costruire un tempo etico ed estetico: il poeta e il narratore lo fanno con l’immaginazione. In Camus non c’è solo una lettura della malattia ma anche un principio di ricomposizione di una nuova dimensione, attraverso l’immaginazione: questa è una risorsa dell’uomo quando si mette in dialogo con il male. Non è distrazione dal tempo, è come Primo Levi che nel Lager richiamava alla memoria Dante, tutt’altro che un non voler vedere, ma un rispondere alla tragedia e alla sofferenza con l’immaginazione del poe