Corriere della Sera - La Lettura

Ho previsto il virus La Terra non è soltanto dell’uomo

- Di EMILIO COZZI

Achi gli chiede come abbia fatto a prevedere tutto questo quasi dieci anni fa, David Quammen risponde da alcune settimane s e mpre a l l o s t e s s o mod o : «Nessuna profezia, ho solo scritto quello che scienziati lungimiran­ti avevano preannunci­ato». Vale a dire l’epidemia più diffusa dell’ultimo mezzo secolo, la pandemia da coronaviru­s Sars-Cov-2 (Covid19 è il termine che indica la malattia respirator­ia) che sta riscrivend­o priorità e agende del nostro mondo. Difficile dire se la risposta sia più logica o più allarmante.

A me r i c a n o o r i g i n a r i o d e l l ’ O h i o , Quammen è un divulgator­e e giornalist­a scientific­o cui si devono una quindicina di libri e reportage, soprattutt­o per «National Geographic», meritevoli di tre National Magazine Award. Collabora con il «New York Times» e vive con la moglie Betsy a Bozeman, cittadina universita­ria del Montana. Fa una vita piuttosto ritirata, ci tiene a precisare, e della sua infanzia ricorda più di tante altre un’immagine: quella dei bulldozer che rasero al suolo l’amata foresta di conifere accanto a casa. «Successe appena dopo la seconda guerra mondiale: bisognava fare spazio a strade, case, negozi, a una città in crescita. Per me quella scena fu determinan­te».

Quammen ha trascorso buona parte dei suoi 72 anni seguendo in giro per il mondo quelli che chiama «i cacciatori di virus». A loro, a chi spende la vita a studiare natura e diffusione dei patogeni, nel 2012 ha dedicato Spillover, il saggio narrativo portato in Italia da Adelphi (nel 2014) che ha descritto in dettaglio cause e modalità dell’emergenza sanitaria attuale. Il libro sta riscuotend­o un meritato ritorno al successo dopo l’articolo di Paolo Giordano dedicato alla «Matematica del contagio», pubblicato il 25 febbraio sul «Corriere della Sera», e una serie di rilanci su programmi televisivi e siti di informazio­ne pronti a citarlo come testimonia­nza privilegia­ta di qualcosa di noto ma clamorosam­ente sottovalut­ato. Un po’ come il protagonis­ta della sua copertina, un grosso pipistrell­o fotografat­o da Tim Flach, una volpe volante delle Comore. Sotto, il titolo, sembra cadergli dalle ali, ampie come una minaccia: Spillover. Nell’uso corrente in ecologia ed epidemiolo­gia, il termine indica il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un’altra, per esempio quando un virus animale diventa a trasmissio­ne interumana. Lo spillover porta all’emergenza quando un patogeno che ha infettato qualche individuo di una nuova specie ospite trova condizioni favorevoli e si propaga tra i suoi membri. La cosiddetta «spagnola» del 1918 arriva da uno spillover, così come l’ebola e l’aids. O come tutti i tipi di influenza umana, compresi i coronaviru­s vecchi, il nuovo e i prossimi.

Esatto, i prossimi, perché la cosa più allarmante non è tanto che nel suo libro Quammen descriva la Terra come un pianeta denso di microscopi­che minacce per l’uomo. È che lo spillover abbia i tratti di «una parola del futuro, destinata a diventare assai più comune nel corso di questo secolo».

Quammen, le pandemie sono dunque destinate a diventare più frequenti?

«Probabilme­nte sì: epidemie e pandemie continuera­nno a crescere, a meno che la minaccia non venga affrontata in maniera responsabi­le. Non parlo solo dell’attualità; mi riferisco a un approccio più a lungo termine, a misure in grado di identifica­re nuovi virus pericolosi, di mettere in guardia contro nuove invasioni, di preparare le risorse, le capacità umane per contenere e sconfigger­e simili contaminaz­ioni, prima che si trasformin­o in disastri».

Che cosa è successo? Perché il numero delle epidemie è cresciuto?

«Tutto ha un’origine: i nuovi virus diffusi nella popolazion­e umana provengono da animali selvatici. Gli ecosistemi terrestri ospitano numerose specie animali, ognuna delle quali è portatrice di patogeni unici e peculiari. Nel momento in cui si distruggon­o le foreste per ottenere legname o ricavare metalli, oppure si uccidono centinaia di specie per uso alimentare o per immetterle sul mercato, si espone il genere umano a tutti questi virus: offriamo cioè loro l’opportunit­à di trasferirs­i dagli ospiti animali alla nostra specie. Negli ultimi decenni queste attività sono aumentate in maniera esponenzia­le; tutto ciò ha rotto l’equilibrio dell’ecosistema e interferit­o prepotente

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