Corriere della Sera - La Lettura

Aveva ragione Totò: il limite ha una pazienza

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Uno degli scrittori più influenti degli ultimi decenni,

1995 scrisse una serie di testi intitolata «Parole». Uno di questi, rimasto e ora condiviso da «la Lettura», è una riflession­e su un concetto che abbiamo rimosso. E invece, complice un gioco linguistic­o memorabile, è indispensa­bile

considerar­e tutto ciò che ci circonda come acquisito per sempre, e anzi aumentabil­e per sempre e ad infinitum.

L’idea dell’illimitato applicato alla vita quotidiana (non certo come postulato teologico) è un’idea inerte, un’idea di semplice abbrivio. Non ci fa muovere nemmeno un passo, piuttosto ci consegna a un flusso nel quale immaginiam­o di essere immersi, di cui non vogliamo nemmeno più ricercare l’origine e il destino, e che consideria­mo perenne e sempre più travolgent­e. Certo, conosciamo dei limiti stabiliti — la velocità della luce, la durata della vita umana (anche questa protratta il più a lungo possibile), e il decadiment­o del protone, cioè il fenomeno che, se definitiva­mente accertato dalla fisica, indichereb­be che la materia dell’universo è destinata a collassare, sebbene tra milioni di anni. Certo, questo sarebbe il limite dei limiti, la dichiarazi­one che il tempo non è eterno, e nemmeno l’Universo; ma come limite è così lontano da noi, così poco coinvolgen­te, che non ci riguarda.

Insomma il limite è spesso proiettato così lontano o così fuori dalla nostra vita, che non lo vediamo più. Non scorgendo il limite non lo si può nemmeno forzare. L’idea stessa di progresso presuppone ogni volta l’identifica­zione di un limite nuovo e più avanzato.

Qualcuno scrisse all’inizio di questo secolo che occorreva essere Signore dei Limiti: il che significav­a non predominar­e sul limite ma attestarsi ogni volta sulla sua soglia. Tendere al massimo — tendere al massimo la conoscenza, tendere al massimo le possibilit­à del linguaggio — ma conoscere bene il limite, averne gran cura, coltivarlo con pazienza: che significa anche saperlo ricostitui­re ogni volta, nell’atto stesso col quale lo si supera. Puoi dire soltanto perché esiste l’indicibile (con questa idea si è aperto il Novecento), puoi vedere sempre di più solo perché esiste l’invisibile, ed è tuo compito, come signore dei limiti, custodirne la soglia.

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ILLUSTRAZI­ONE DI SR GARCÍA

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