Corriere della Sera - La Lettura
Il caos cerca l’ordine Voci della neo-epica
In passato furono Gilgamesh e i poemi omerici. Poi la grande stagione del romanzo. Ma oggi, mentre siamo (tr)av(v)olti da informazioni e immagini di ogni tipo, ad alcuni la forma narrativa tradizionale sembra non bastare più e rinasce una forte domanda di senso. Così da McIntosh a Littell, da Bolaño a DeLillo a Houellebecq, sorgono opere diverse ma accomunate da questo stesso anelito
Apriamo ilMistero.doc di Matthew McIntosh, un’opera del 2017 da qualche mese disponibile in italiano. Sono quasi 1 . 6 0 0 p a g i ne , molte d e l l e quali coperte di asterischi o di cancellature in nero, con decine e decine di fotografie e immagini, spesso ricavate da film ma sfuocate. Non troviamo nessun legame evidente tra questi frammenti, viviamo in una condizione dissociata come lo stesso protagonista Daniel, che non riconosce nemmeno la sua compagna e la sua casa, poi scopre un file che dovrebbe contenere l’opera che sta scrivendo, ma è vuoto... Non un romanzo tradizionale, dunque, ma in ogni caso un’opera vasta e grandiosa, frutto di una narrazione oggettiva e distaccata in cerca di un senso profondo e, appunto, misterioso. Elementi che hanno fatto pensare all’epica. L’accostamento forse non è del tutto azzardato, ma bisogna chiarire meglio che cosa possiamo intendere con «epica».
Epica e romanzo: una lunga storia
L’epica non è una forma narrativa primigenia e naturale. Per quanto possiamo ipotizzare oggi, sono esistiti, forse sin da una decina di migliaia di anni prima di Cristo, canti religiosi e mitologici che si sono concentrati progressivamente su un grande eroe, per esempio Gilgamesh in Mesopotamia, del quale si esaltavano le imprese. Con l’avvento della scrittura, fu più facile raccogliere i canti e cominciare a cucirli: gli aedi o rapsodi, in molte parti del mondo, crearono un super-racconto, appunto un epos, che aveva un valore speciale per il popolo che lo aveva prodotto. L’epica degli eroi costruì un’idea di mondo, di come si potevano ricordare e narrare le vicende che fanno la storia.
Noi lettori del XXI secolo siamo però esperti di romanzo, non di epica. E il romanzo, in effetti, si distingue fortemente dall’altra forma narrativa antica. Certo, si parla di destini di uomini, ma sempre più vengono alla ribalta quelli comuni, i parigini di Balzac o i dublinesi di Joyce. Inoltre non c’è nessun obbligo di linearità, anzi l’intreccio diventa sempre più complicato. Interessa sempre più la specificità dell’individuo, benché non manchi spesso uno sfondo grandioso, come in Guerra e pace di Tolstoj o in Vita e destino di Vassilij Grossman, il più importante romanzo «classico» sulla Seconda guerra mondiale e sui totalitarismi.
Oggi come oggi, tuttavia, avvolti da informazioni e immagini di tutti i tipi, può bastare un testo narrativo scritto a dare conto degli infiniti segni in cui siamo immersi? Nel nostro immaginario, rimangono molto più impresse le scene madri di grandi film, magari anch’essi a loro modo epici, come Via col vento o Guerre stellari, mentre la forma-romanzo sembra non bastare a racchiudere la realtà sempre più stratificata che viviamo e che sentiamo sfuggente e magari oscura. La risposta della grande narrativa scritta è allora proprio quella di essere costantemente ibrida, inclusiva, persino incoerente. È in queste forme, difficilmente definibili, che possiamo rintracciare l’epica di oggi.
Opere mondo e romanzi globali
Da circa venticinque anni, ossia da quando è uscito il saggio Opere mondo di Franco Moretti (1994), si cerca di individuare opere che condensano un’idea complessiva e simbolicamente efficace dell’intera realtà: insomma nuove narrazioni epiche. Moretti partiva dal Faust di Goethe, scritto in quasi sessant’anni tra il 1772 e il 1831, e arrivava a Cent’anni di solitudine di García Márquez (1967): ma cosa è successo dopo?
Esce per esempio un testo elefantiaco quale Gravity’s rainbow, quell’Arcobaleno della gravità in cui Thomas Pynchon, nel 1973, ripercorre in modi volutamente strambi tutto lo scenario della Seconda guerra mondiale alla ricerca di un Rocket-Graal, una V2 tedesca indicata come 00000, che forse è stata lanciata e forse, con la sua parabola-arcobaleno, prima o poi ci colpirà. La lettura della realtà c’è ed è filtrata da paranoie esibite, da una presenza di personaggi grotteschi e quasi da cartone animato: non è certo un’opera realistica nel senso tradizionale, eppure aspira a fornire un’idea forte di quello che è avvenuto e avviene nella storia umana.