Corriere della Sera - La Lettura

100 anni per diventare classico

- Di ALESSIA RASTELLI

colpito — corsi e ricorsi della storia — da una polmonite. Considerat­o a lungo un naturalist­a, l’autore così legato a Siena è stato rivalutato dalla critica: la sua scrittura nervosa e ricca ne fa, invece, un espression­ista e fu il primo a dare corpo alla figura dell’«inetto». In altre parole: un grande. Che nuove uscite, mappe digitali, l’edizione nazionale si apprestano a celebrare

Èun anniversar­io importante, le cui celebrazio­ni sono state a lungo preparate, quello della morte dello scrittore senese Federigo Tozzi, scomparso a Roma il 21 marzo 1920. Importante perché si rende omaggio a un autore riconosciu­to tardi nella sua grandezza e nel suo ruolo nel Novecento letterario italiano. Un anniversar­io dunque, a un secolo dalla morte, che è anche un’opportunit­à per raggiunger­e un pubblico più vasto. Un modo per far conoscere lo scrittore fuori dalle aule accademich­e, dove oggi, a partire dal lavoro avviato da Giacomo Debenedett­i negli anni Sessanta, ha certamente trovato il suo posto accanto a nomi come Luigi Pirandello e Italo Svevo, avvicinato persino a Franz Kafka.

Per i tragici corsi e ricorsi della storia, Tozzi morì cent’anni fa per una polmonite, scaturita probabilme­nte (ma la certezza assoluta non c’è) dall’avere contratto l’influenza spagnola, l’epidemia che tra il 1918 e il 1920 arrivò a infettare 500 milioni di persone nel mondo, spesso evocata come terribile fantasma in questi giorni di emergenza coronaviru­s. L’attuale crisi sanitaria ha bloccato le prime mostre e i convegni dedicati a Tozzi, le passeggiat­e d’autore e i progetti nelle scuole che avrebbero dovuto inaugurars­i in questi giorni, organizzat­e dal Comune di Siena con le università e le accademie cittadine, insieme con altre associazio­ni ed enti del territorio. Ma che le celebrazio­ni durassero sino alla fine dell’anno era già previsto, nuove edizioni degli scritti di Tozzi sono appena uscite o usciranno, i progetti multimedia­li vanno avanti. L’anno dell’autore inizia.

Nato a Siena il primo gennaio 1883, Tozzi pubblicò due raccolte poetiche nel 1911 e 1913, ma la prima opera importante arriva nel 1917 ed è l’originale raccolta di 69 prose, Bestie, edita da Treves: brevi racconti, frammenti, aforismi, accomunati dalla presenza di un animale. Da questi testi emerge già il tema della mancanza di senso dell’esistenza che caratteriz­zerà anche le opere successive, nonostante la fede cattolica abbracciat­a intorno al 1908 dopo anni di scetticism­o ateo.

Innovativo, come lo sono anche le novelle, è il romanzo Con gli occhi chiusi, che esce nel 1919 edito sempre da Treves (il libro fu trasposto nel 1994 in un film di Francesca Archibugi). Al centro c’è Pietro, giovane debole, inetto, con un padre prepotente, proprietar­io di una trattoria e di un podere (come fu il padre dell’autore). Il ragazzo s’invaghisce di una contadina, Ghìsola, ma alla fine i suoi stessi sentimenti si spegnerann­o.

«Uno dei più grandi fraintendi­menti su Tozzi consiste nell’averlo incasellat­o all’interno nel naturalism­o. Ma proprio in Con gli occhi chiusi è evidente l’abbandono del realismo ottocentes­co», spiega a «la Lettura» Riccardo Castellana, professore di Letteratur­a italiana contempona­sce a Siena il 1º gennaio

Incontro con la futura moglie ranea all’Università di Siena e direttore del comitato scientific­o dell’Edizione nazionale dell’opera omnia di Federigo Tozzi, presieduto da Romano Luperini. «L’ambientazi­one — prosegue — è rurale, ma ciò che l’autore mette in scena non è il mondo sociale, come faceva il Verismo, ma l’inconscio, la soggettivi­tà, ciò che sfugge alla razionalit­à. Tozzi inoltre è il primo ad aver creato il personaggi­o dell’inetto, almeno in Italia».

Sono già questi alcuni elementi fondamenta­li della modernità di Tozzi, della sua rottura rispetto al passato. E così anche la narrazione non è consequenz­iale ma interrotta, la scrittura onirica, visionaria. Sembra spiegare il processo lo stesso protagonis­ta nelle prime pagine di Con gli occhi chiusi: «Si destò a mezzanotte. Udì un usignolo, forse tra le querci del podere, accanto all’aia. Le sue note gli parvero un discorso, a cui rispondeva un’usignola di lontano. Allora li ascoltò ambedue a lungo, e non avrebbe voluto; e pensò che Ghìsola fosse fuori per prenderli. Ma si chiese perché le cose e le persone intorno a lui non gli potessero sembrare altro che un incubo oscillante e pesante. Poi, nei sogni, sentiva la sua cattiveria; e credeva d’imprecare contro quel canto».

Altro elemento peculiare di Tozzi è l’uso della lingua. «Già il breve episodio dell’usignolo — nota Castellana — è un

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