Corriere della Sera - La Lettura
Non proprio pazzo ma illogico per amore sì
Sarà il retaggio diretto dell’età romantica, sarà l’esasperata vocazione personalistica che di per sé distingue la nostra epoca, ma ogni volta che ci s ’imbatte in uno scrittore dei secoli passati la prima nostra richiesta è di poter riconoscere un’esperienza individuale, una fisionomia unica e ben identificabile, cioè quella che di volta in volta è stata definita come la vicenda di un «io» o la storia di un’anima.
Se le cose stanno così il canzoniere di Ausiàs March, che ci giunge dritto dritto dalla Catalogna della prima metà del Quattrocento, possiede allora tutte le carte in regola per incontrare un certo favore. Cavaliere, signore feudale, educato e cresciuto in corti d’estrema raffinatezza culturale, era nato nel 1400, probabilmente a Valenza, che fu comunque la sua città. Fece parte di una cerchia di letterati di qualità notevole, e come altri di loro partecipò alle campagne militari condotte da Alfonso il Magnanimo nel bacino del Mediterraneo — Africa del Nord, Italia meridionale, Sicilia, Corsica, Sardegna — fino a quando, avendo deciso d’abbandonare l’arte militare, ritornò in patria per prendersi cura dei suoi possedimenti e dedicarsi continuativamente all’arte poetica (qui morì nel 1459).
Di questo poeta in lingua catalana, pressoché sconosciuto in Italia e altrove, ma che rappresenta comunque uno dei capisaldi della tradizione poetica della Catalogna, ci viene offerto ora un canzoniere a tema esclusivamente amoroso, frutto di una selezione operata su un corpus poetico in realtà più ampio e variegato: Un male strano. Poesie d’amore (Einaudi), a cura di Cèlia Nadal Pasqual e Pietro Cataldi, che hanno anche tradotto congiuntamente le poesie.