Corriere della Sera - La Lettura

Non proprio pazzo ma illogico per amore sì

- Di ROBERTO GALAVERNI

Sarà il retaggio diretto dell’età romantica, sarà l’esasperata vocazione personalis­tica che di per sé distingue la nostra epoca, ma ogni volta che ci s ’imbatte in uno scrittore dei secoli passati la prima nostra richiesta è di poter riconoscer­e un’esperienza individual­e, una fisionomia unica e ben identifica­bile, cioè quella che di volta in volta è stata definita come la vicenda di un «io» o la storia di un’anima.

Se le cose stanno così il canzoniere di Ausiàs March, che ci giunge dritto dritto dalla Catalogna della prima metà del Quattrocen­to, possiede allora tutte le carte in regola per incontrare un certo favore. Cavaliere, signore feudale, educato e cresciuto in corti d’estrema raffinatez­za culturale, era nato nel 1400, probabilme­nte a Valenza, che fu comunque la sua città. Fece parte di una cerchia di letterati di qualità notevole, e come altri di loro partecipò alle campagne militari condotte da Alfonso il Magnanimo nel bacino del Mediterran­eo — Africa del Nord, Italia meridional­e, Sicilia, Corsica, Sardegna — fino a quando, avendo deciso d’abbandonar­e l’arte militare, ritornò in patria per prendersi cura dei suoi possedimen­ti e dedicarsi continuati­vamente all’arte poetica (qui morì nel 1459).

Di questo poeta in lingua catalana, pressoché sconosciut­o in Italia e altrove, ma che rappresent­a comunque uno dei capisaldi della tradizione poetica della Catalogna, ci viene offerto ora un canzoniere a tema esclusivam­ente amoroso, frutto di una selezione operata su un corpus poetico in realtà più ampio e variegato: Un male strano. Poesie d’amore (Einaudi), a cura di Cèlia Nadal Pasqual e Pietro Cataldi, che hanno anche tradotto congiuntam­ente le poesie.

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