Corriere della Sera - La Lettura
Nome di battesimo? Signorina Trichet
Anni Quaranta, una cittadina francese, una domenica mattina come le altre: la messa, il dolce da portare a casa comprato dalle signorine Dufour, l’arrosto con le patate per pranzo. Ma non è una domenica come le altre per il signor Cardinaud, ex povero, impiegato (ramo assicurazioni), sposato con la bella figlia di un palazzinaro benestante (ma il suocero tende all’alcolismo e la suocera è tecnicamente pazza: pazienza, non si può avere tutto). Quella domenica Cardinaud scopre che la moglie è sparita (con tremila franchi, la rata del mutuo) lasciando lui e i due bambini. Poi arriva (il paese è piccolo, la gente mormora, l’interessato è sempre l’ultimo a sapere) l’immancabile lettera anonima, comprensiva di altrettanto immancabili errori di ortografia: «Invece di darti tante arie, faresti meglio a sorvegliare tua moglie, che la domenica matina se la spassa con il figlio di Titine, al Petit Bar Vert. Sei un povero cornutto ». Che, se fossimo in Italia e non in Francia, basterebbe a individuare almeno la provenienza geografica (sarda) del mittente. A Cardinaud gli scappa la terra sotto i piedi, ha «l’impressione di essere come uscito dalla vita». Ma non sottovalutate il personaggio: è uno dei più sorprendenti ed eroici creati dal genio simenoniano. Il signor Cardinaud è la punta di un iceberg, un gran romanzo di 136 pagine che ne sintetizzano almeno altre 200, sommerse sotto la superficie. Leggendolo ho arricchito il mio album di figurine Simenon con alcune bisvalide, come da ragazzi chiamavamo quelle di maggior pregio (oggi si direbbe premium). C’è la figurina della Signorina Trichet, la bambinaia. Uno scambio di dialogo basta a definirla. Cardinaud le chiede: «Nome di battesimo?». Lei risponde: «Signorina Trichet». E poi la figurina del principale di Cardinaud: «Si diceva che avesse un’amante a Nantes, dove si recava spesso. Aveva quasi sempre uno stuzzicadenti in mano o tra le labbra, come se si fosse appena alzato da tavola».