Corriere della Sera - La Lettura

Decennio per decennio il secolo di Franca Valeri

Stella del teatro e del cinema, grande appassiona­ta di opera lirica, l’attrice e sceneggiat­rice che compirà cent’anni in estate regala a «la Lettura» questo suo personalis­simo diario (nell’infografic­a a destra). Decennio per decennio

- Di MAURIZIO PORRO con i ricordi di FRANCA VALERI

Franca Valeri, nata Alma Franca Maria Norsa, coniugata con la Signorina Snob e la signora Cecioni, il prossimo 31 luglio compie 100 anni e tutti le siamo debitori di un pensiero, di una risata, di un sorriso. È stata la prima donna con cui il pubblico ha deciso di divertirsi, facendo un’eccezione sui comici maschi: femminista ironica prima che fosse inventata la parola. È ancora amatissima, popolariss­ima, icona gay (prima sottovoce, poi con tutto il pride possibile) simpatica a tutti senza se e senza ma. Le sue donne, mamme invadenti e freudiane, plebee o signorili, borghesi, coreografe, manicure, solo figlie, raffinate o malinconic­he rimangono agli atti di una società. Si parla di un secolo netto di lavoro, un talento unico che s’è espresso in teatro, cinema, tv, radio; un’attriceaut­rice ma anche regista d’opera e scrittrice di libri che sono diari di una generazion­e.

Grazie alla gentilezza della figlia adottiva, la soprano Stefania Bonfadelli, le abbiamo chiesto di ideare per «la Lettura» — in questa primavera difficilis­sima che ha bisogno di bellezza e di speranza — un identikit dei «suoi» decenni, acchiappan­doli al lazo della memoria e identifica­ndoli con gli eventi fondamenta­li della sua vita e della sua carriera, setacciand­o migliaia di ricordi in quinta, sul palco, di cene, set, camerini, microfoni radiofonic­i, di giornate di lettura (i suoi adorati Proust e Balzac) e scrittura. Dovremmo noi farle un regalo per l’intelligen­za con cui ha guardato, irriso e sorriso, 36.500 albe e tramonti di un secolo vissuto avventuros­amente: invece abbiamo chiesto a lei di farcene uno.

E così Franca Norsa in Valeri (affittò il nome d’arte di Paul Valéry suggerito dall’amica Silvana Ottieri) ci racconta, come in un puzzle, cosa di questi decenni le è rimasto addosso. La Milano che porta nel cuore è quella di Ottieri, Bompiani, Grassi, Strehler, Testori, Arbasino; nella sua Milano ha sempre voluto tornare, due anni fa ancora per rivedere la Scala, il Piccolo Teatro e gli amici, quelli restati e quelli volati via. Ma quando Franca ricorda gli anni Trenta arrivano come una lama di coltello le leggi razziali. Negli anni Quaranta la giovane Franca si legge i 7 volumi della Recherche di Proust in francese: sarà un salvagente per tutta la vita. Dice che comincia davvero a pensare cosa farà da grande, una «giovinezza tardiva» incompresa dall’Accademia d’arte drammatica. Però l’humour, la verve, la voglia di raccontare la vita sono buoni del tesoro che conserva dentro: conosce Testori, recita la giovanile e scomparsa Caterina di Dio al teatro della Basilica di San Carlo.

Poi, dal ’47, inizia una nuova partita, il Piccolo con tutto quello che gira intorno: la voleva Strehler, finché scocca la scintilla di un nuovo modo di fare teatro, né prosa in tre atti né rivista con passerella, ma il più innovativo cabaret. Conosce Vittorio Caprioli (che diventerà suo marito nel ’60, una fuga d’amore a Ventimigli­a), Bonucci e Salce, campioni di umorismo; nasce il Teatro dei Gobbi. Per la prima tournée a Parigi (dove Carnet de notes debutta), i compagni vanno da soli, non vogliono la ragazza bene di Milano. La lasciano che non è nessuno e quando tornano trovano una stella della radio con la Signorina Snob dall’erre moscia che incolla la sera milioni di persone.

Gli anni Cinquanta sono il fiorire di tutte le promesse: iniziano Fellini e Lattuada con Luci del varietà, poi nel ’52 fa la Snob nel primo film a colori con Totò, nel ’55 ne gira sei di fila, tra cui Le signorine dello 04 di Franciolin­i, che sarà il suo compagno di viaggio e di palcosceni­co. Valeri aveva intuito quello che accade oggi, il telefonino è l’occupazion­e massima. Il milanese Dino Risi è quello che la sfrutta meglio: Il segno di Venere e Il vedovo sono due cult della commedia. Lei racconta sempre che nel primo film doveva essere la sorella di Sophia Loren, ma l’albero genealogic­o cambiò e divenne la cugina. C’era De Sica, grande passione della Valeri. Gli anni Cinquanta sono i più belli. I film, l’alleanza con Sordi, ogni stagione un nuovo spettacolo a teatro, scritto e recitato da lei: Le donne, Le catacombe, Non c’è niente da ridere se una donna cade e il suo preferito Lina e il cavaliere ideato con Caprioli e Patroni Griffi che sarà amico per sempre.

Quando ricorda i ricchi anni Sessanta, omaggia la tv e il grande Antonello Falqui che la volle in Studio Uno dove, oltre alla Cecioni, proponeva gli sketch dei Gobbi. A ben guardare parlava sempre della condizione della donna, anche prendendo la scorciatoi­a del grottesco, come nella Regina ed io con Nilla Pizzi. Pur amando la vita protetta del teatro, ricorda due fatti epocali: sbarco sulla Luna e morte di Marilyn. Proprio nel ’60 fu la memorabile prima Maria Brasca di Testori al Piccolo, gemella dell’Arialda che verrà. Aperta a tutto, Franca prova pure la commedia musicale con Felicita Colombo, un cult del teatro milanese di Dina Galli, e recita con Walter Chiari e il coevo Gianrico Tedeschi la commedia americana Luv. Sono di allora anche film bestseller come Crimen, cult come Leoni al sole e Parigi o cara di Caprioli.

Se pensa agli anni Settanta l’attrice glissa su un meraviglio­so film di Salce sull’avanspetta­colo, Basta guardarla, un successo personale perché imitava Wanda Osiris che lei conosceva e stimava. Ma Franca parla di Pasolini, gli anni di piombo, Moro. Anni orribili, dice, mentre negli anni Ottanta si sfoga la sua passione per l’opera quando, vedova di Caprioli, affina l’amore per il melodramma accanto al compagno direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi con cui fonda un concorso per giovani cantanti lirici. Scrive quel piccolo capolavoro che è La vedova Socrate; da regista si butta su Verdi, Donizetti, Mascagni, Puccini.

Degli anni Novanta salva gli spettacoli sofisticat­i recitati con il vecchio amico Patroni Griffi. In questo periodo, anni Duemila, continua in teatro insieme a Urbano Barberini, privilegia­ndo il tema edipico con Yehoshua.

Scrive, scrive molto, libri divertenti in cui scorre la sua vita, l’età che avanza si mescola con la nostra rivangando un passato comune di cui tutti abbiamo nostalgia. Racconta che è caduta in casa, e non c’è niente da ridere come diceva il titolo di una sua commedia: continua a pensare, guardando il mondo a più giusta distanza.

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