Corriere della Sera - La Lettura
Tre gradi sopra la media: è stato l’inverno più caldo
Negli anni Novanta il cambio irreversibile nelle temperature anche in Italia
L’inverno appena passato è stato tra i più caldi di sempre, almeno dalla metà dell’Ottocento fino a oggi, da quando cioè si è cominciato a rilevare sistematicamente le temperature.
L’anomalia termica degli scorsi mesi è stata di circa +3°C rispetto alla media di stagione, a causa della presenza, quasi costante, di aria mite spinta sul Mediterraneo dal sistema anticiclonico africano. Anche le precipitazioni hanno fatto segnare scarti importanti rispetto alle medie, soprattutto sulle regioni del Centro-Sud. Questi effetti si sono fatti sentire su tutta l’Europa e si inseriscono nel più ampio quadro dei cambiamenti climatici in atto a livello mondiale, con un aumento costante delle temperature.
Il problema è tuttavia particolarmente pressante in Italia in virtù della singolare collocazione geografica, a metà strada tra l’Equatore e il Polo Nord.
Basta guardare le mappe climatiche in riferimento al periodo tra il 1980 e il 2020 per avere un’ idea chiara sul trend in atto e sui possibili scenari futuri. La visualizzazione che «la Lettura» pubblica in queste pagine, con scarti rispetto alla media climatologica del periodo 1973-1990, ci mostra l’anomalia di temperatura durante le stagioni invernali ed estive in alcune città campione d’Italia (dati dall’organizzazione internazionale dell’aviazione civile).
Salta all’occhio come negli anni Ottanta i valori termici fossero leggermente sotto la media in buona parte delle città italiane, con oscillazioni non troppo marcate, relative al naturale andamento climatico che alterna periodi più freschi ad altri più caldi.
La situazione è cambiata a partire dagli anni Novanta e, in particolare, con l’inizio del nuovo millennio, dove è chiaramente visibile un punto di non ritorno: il colore blu, che indica i valori termici sotto la media, scompare completamente dal grafico lasciando spazio al colore rosso, che mostra un aumento delle temperature senza precedenti nella storia climatica a noi conosciuta, sia per quanto riguarda la stagione invernale — come abbiamo visto anche negli ultimi mesi — sia per quella estiva.
Il cambiamento maggiore è avvenuto nelle città del Centro-Nord rispetto
a quelle del Sud, con scarti di 3-5° rispetto alla media.
Si tratta di variazioni che, seppure di pochi gradi, hanno un effetto devastante sugli equilibri climatici e ambientali, soprattutto in zone geografiche come la nostra.
Pensiamo ai ghiacciai alpini che negli ultimi 30 anni hanno registrato un regresso senza precedenti: le estati sempre più calde, con temperature eccessive fino a 4 mila metri di altezza, hanno portato alla fusione completa della neve che sarebbe dovuta cadere durante l’inverno con la conseguente riduzione delle superfici glacializzate. Un dato su tutti: secondo il Servizio glaciologico lombardo, negli ultimi 10 anni il ghiacciaio del Ventina (Alpi Lombarde) si è ritirato di circa 300 metri, la lunghezza di tre campi da calcio.
I ghiacciai sono un patrimonio naturale inestimabile e non rinnovabile e rappresentano il serbatoio indispensabile di una risorsa primaria: l’acqua. Le conseguenze del surriscaldamento e della loro scomparsa si ripercuotono sulla portata dei fiumi e quindi sull’approvvigionamento idrico per l’agricoltura e per tutti gli altri scopi.
Non solo. Le ondate di calore sempre più frequenti in arrivo dal Nord Africa, responsabili dell’innalzamento delle temperature fino a quasi 40° in estate, hanno conseguenze dirette sulla salute delle persone, specie nei soggetti con malattie cardiocircolatorie. Basta ricordare la torrida estate del 2003 che fece registrare migliaia di morti in tutta Europa.
Una considerazione che ci indica come ormai sia opportuno trattare le «fiammate di caldo» come ondate di maltempo a tutti gli effetti.
Di chi è la responsabilità di questo rapido cambiamento? Dallo studio delle varie componenti che costituiscono l’atmosfera terrestre emerge come l’unica variabile ad essere mutata in maniera significativa rispetto al passato è la concertazione di CO2, l’anidride carbonica. L’incremento globale della CO2 è principalmente dovuto all’uso di combustibili fossili e ai cambiamenti nell’utilizzo dei suoli. Insieme a metano e ossido di azoto, questo gas è responsabile dell’effetto serra che agisce sui meccanismi di mantenimento della temperatura terrestre. Più aumentano, maggiore è il riscaldamento climatico.
A causare tutto ciò, le attività umane.