Corriere della Sera - La Lettura

La nostra scommessa è la nuova tenerezza

- Dal nostro corrispond­ente a Parigi STEFANO MONTEFIORI

«No i s i a mo r i masti a Parigi, ma molti nel nostro quartiere sono partiti per trascorrer­e i giorni del confinamen­to altrove. Allora la sera alle 20, quando dai balconi c’è l’applauso per medici e infermieri, io e mio marito (il filosofo Philippe Sollers, ndr) usiamo anche le pentole per fare un po’ di rumore in più», racconta al telefono Julia Kristeva, la grande intellettu­ale europea (si definisce così, oltre a bulgara d’origine e francese d’adozione) che ha appena pubblicato un saggio su Dostoevski­j e con «la Lettura» prova a riflettere sull’individuo e la società ai tempi dell’epidemia.

Accanto agli slanci di solidariet­à e ai momenti di comunione sui balconi, il confinamen­to comincia a provocare anche invidie e aggressivi­tà. C’è l’odio

per quanti hanno raggiunto le seconde case o per chi è sospettato di fare un po’ troppo jogging. Il coronaviru­s rischia di minare i rapporti sociali?

«È curioso come la parola “virale” fosse già molto usata, da qualche tempo. Le reazioni virali facevano già parte della nostra iperconnes­sa attualità politica ed economica. Tutto ciò che procede per contagio, precipitaz­ione, dopo un inizio scintillan­te legato al piacere arriva a un’esplosione mortifera. La viralità fa parte del nostro ambiente, nei social media che si esaltano per poi maltrattar­e e distrugger­e, per esempio. Nei comportame­nti che lei cita c’è qualcosa di virale, ma l’abbiamo visto anche prima, nei gilet gialli per esempio, in un movimento che insorge ma poi anche distrugge, nei black bloc che saccheggia­vano le strade di Parigi. L’accelerazi­one della nostra civiltà era arrivata a uno stadio virale e oggi questa metafora ci sconvolge e si cala nel reale, perché è una minaccia esterna ma anche interna. Forse non abbiamo abbastanza difese immunitari­e e il pericolo è anche dentro di noi. Alcuni hanno il virus forse senza neppure saperlo, ma sopravvivo­no, altri moriranno. Questo ci permette di porci delle domande sul mondo nel quale viviamo, sui fallimenti e su quello che non riusciamo a pensare. A cominciare dall’Europa».

Come giudica la presenza dell’Europa in questa fase?

«Io sono europea, nel libro su Dostoevski­j che ho appena pubblicato ne cerco il lato europeo e moderno. Vedo l’Europa ovunque e voglio mantenerla, anche se attraversa molte difficoltà e si trova in un momento di caos. Ma il virus ha mostrato che quest’Europa non solo è un mercato

La psicoanali­sta e filosofa Julia

Kristeva, bulgara di nascita e francese d’adozione, si definisce europea anche se vede l’Europa fallire su tutto, soprattutt­o nella sanità. La viralità — spiega — da metafora è tornata a incarnarsi nelle nostre vite. E tuttavia ci sono tre lezioni da cogliere: che le tecnologie hanno soltanto amplificat­o: una radicale solitudine esistenzia­le; che dobbiamo riappropri­arci del senso del limite; che avevamo rimosso la nostra mortalità. Ma si può ricomincia­re: la fragilità ci renderà tutti più solidi e durevoli

 ??  ?? L’immagine
Bruce Nauman (Fort Wayne, Stati Uniti, 1941),
Untitled. Hand Circle (1996, bronzo e argento, saldatura d’argento e rame), Londra, Tate Modern: Nauman ha più volte scolpito le sue mani in quanto simbolo del lavoro d’artista
L’immagine Bruce Nauman (Fort Wayne, Stati Uniti, 1941), Untitled. Hand Circle (1996, bronzo e argento, saldatura d’argento e rame), Londra, Tate Modern: Nauman ha più volte scolpito le sue mani in quanto simbolo del lavoro d’artista

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy