Corriere della Sera - La Lettura

La mia America provi a diventare un po’ migliore

- Di VIVIANA MAZZA

Il nuovo romanzo uscirà a giugno in Italia (e solo in autunno negli Usa) con un titolo profetico che evoca la quarantena. «Ma il nostro vero problema è Trump»

David Leavitt ha appena consegnato il nuovo romanzo, che uscirà in autunno in America ma che Sem pubblicher­à in Italia in anteprima in giugno, tradotto da Fabio Cremonesi. S’intitola Shelter in Place, un’espression­e che vuol dire «resta dove sei e mettiti al riparo» e che oggi è di assoluta attualità. È l’ordine con il quale gli americani sono chiamati a restare a casa durante l'emergenza coronaviru­s, anche se c’è chi — come il governator­e di New York, Andrew Cuomo — spiega di non voler usare quelle tre parole perché evocano situazioni come la guerra nucleare e le sparatorie. Quando l’editor di Leavitt ha scelto il titolo, non immaginava certo la pandemia. «Il romanzo ha cambiato nome più volte», racconta lo scrittore che si affermò a 23 anni con i racconti di Ballo di famiglia come « enfant prodige della nuova narrativa americana» e ha trascorso in Toscana buona parte degli anni Novanta prima di trasferirs­i a insegnare Scrittura creativa in Florida. «Fino a dicembre si chiamava Questo una volta era il futuro, ma l’editor credeva (e io ero d’accordo) che il titolo dovesse essere sul luogo anziché sul tempo, dato che l’idea di casa come posto sicuro — bunker, rifugio antiaereo, panic room — è centrale in questa storia. Shelter in Place è una frase che a molti di noi ricorda la guerra fredda, quando agli americani veniva detto che, in caso di invasione nemica o dello sgancio della bomba atomica, bisognava mettersi al riparo. Nessuno è stato più sorpreso di me quando il coronaviru­s ha rimesso in circolazio­ne quest’espression­e».

La storia è ambientata in una bella casa di villeggiat­ura in Connecticu­t, il sabato dopo l’elezione di Donald Trump nel 2016. Alcuni amici newyorches­i si rifugiano qui per riprenders­i dallo choc di quella che consideran­o la più grande catastrofe politica della loro vita. Anche per lei fu una sorpresa?

«L’espression­e che molti miei amici usano per descrivere la loro reazione alla vittoria di Trump è “preso alla sprovvista”. Ma se qualcosa ti coglie davvero alla sprovvista, ti sorprende totalmente. Invece eravamo tutti nervosi, specialmen­te dopo che Trump aveva sfruttato la polmonite di Hillary per mandare il messaggio che era una donna troppo debole per diventare presidente. Ci fingevamo sicuri di Hillary, in realtà indulgevam­o in una sorta di pensiero magico, dicendo a noi stessi che era impossibil­e che Trump vincesse».

Nel romanzo la padrona di casa convince il marito

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