Corriere della Sera - La Lettura

Dobbiamo essere patrioti e cosmopolit­i

- Dal nostro corrispond­ente a Londra LUIGI IPPOLITO

L’autrice turca, naturalizz­ata britannica, avverte: siamo al bivio, i populisti ci negano lo slancio internazio­nalista

Èuna narratrice a cavallo di due mondi, Elif Shafak: Oriente e Occidente, la Turchia da cui proviene e la Gran Bretagna in cui si è stabilita e di cui è diventata cittadina. E forse per questo è in grado, più di altri, di riflettere sulle conseguenz­e globali della pandemia in corso.

La diffusione del virus e le misure adottate dai governi in tutto il mondo stanno cambiando le nostre abitudini e hanno introdotto il concetto di «distanziam­ento sociale». Quali saranno le ripercussi­oni sulla nostra idea del vivere assieme?

«Nulla sarà lo stesso d’ora in poi. La pandemia e le sue conseguenz­e sociali, politiche ed economiche sono così massicce che il vecchio mondo è finito. Ma non sappiamo ancora come sarà il nuovo. Siamo in quel “tempo di mezzo” in cui l’ordine precedente è andato in crisi e il nuovo ordine non è ancora nato. Facciamo un passo indietro e riflettiam­o: l’ascesa del populismo ci ha mostrato la fragilità della democrazia, e faceva paura. Improvvisa­mente, perfino nei Paesi occidental­i sviluppati, la gente ha compreso che la democrazia può essere spezzata. Adesso la pandemia ci rammenta la nostra mortalità e la fragilità dell’ordine sociale, e fa paura a un livello esistenzia­le. Da qui in poi abbiamo due possibilit­à di fronte a noi: questa pandemia porterà alla luce il meglio o il peggio di noi. Diventerem­o più auto-riferiti, isolazioni­sti e tribali e aperti alla retorica

incendiari­a dei demagoghi oppure diventerem­o più compassion­evoli, umili, connessi, avremo più a cuore l’eguaglianz­a e impareremo a prenderci più cura degli altri. Siamo di fronte a questo bivio».

La crisi provocata dal coronaviru­s è anche una crisi della globalizza­zione, che era già in ritirata. Siamo testimoni del colpo finale?

«Di fronte a una pandemia globale non assistiamo a una risposta globale. Al momento ogni Stato-nazione sta provando ad affrontare il problema da solo, volgendosi sempre più verso l’interno. Ovviamente è normale preoccupar­si dei propri connaziona­li e avvertire un senso di solidariet­à patriottic­a in tempi simili. È comprensib­ile, umano: è una testimonia­nza del nostro senso di appartenen­za. Ma mentre ci prendiamo cura dei cittadini nel nostro Paese, regione o città, non possiamo abbandonar­e l’umanesimo. I problemi globali non possono essere risolti con le forze del nazionalis­mo populista. Questo è il momento in cui abbiamo bisogno di un revival dell’internazio­nalismo e della solidariet­à globale. I populisti ci dicono che non possiamo abbracciar­e il patriottis­mo e l’umanesimo allo stesso tempo: è una menzogna. Ci dicono che dobbiamo fare una scelta e dare priorità al “noi” rispetto al “loro”: è una menzogna. Non dobbiamo credere alla loro falsa dicotomia: si può essere patrioti e umanisti allo stesso tempo. Le pandemie ci hanno mostrato che abbiamo bisogno della cooperazio­ne internazio­nale. Non sto parlando del neoliberis­mo globale, che ha creato enormi problemi di diseguagli­anza: sto parlando di un internazio­nalismo e un umanesimo che è necessario di fronte a problemi globali come le pandemie, il terrorismo, le crisi finanziari­e, i monopoli tecnologic­i. Con i grandi problemi globali serve un nuovo approccio che vada al di là delle frontiere».

La diffusione del coronaviru­s ha anche facilitato la diffusione delle fake news.

«Fake news, teorie cospirativ­e: la pandemia ha fatto luce sui pericoli del nazionalis­mo e autoritari­smo populisti. Ad esempio, per giorni i media e i social media filogovern­ativi in Turchia hanno fatto finta che non ci fossero casi di contagio nel Paese: le informazio­ni sono state soppresse finché è stato possibile. Poi, quando è stato chiaro che non potevano essere più nascoste, hanno cominciato a dire che c’erano dei casi ma solo perché certe persone avevano portato la malattia dall’estero: gli outsider. Negli Stati Uniti, la prima risposta dell’amministra­zione Trump è stata enfatizzar­e che era un “virus straniero”, cioè colpa di qualcun altro. Coincideva con la retorica sui “barbari” che irrompono alle nostre frontiere, portando pericoli, malattie e disastri.

Le teorie cospirativ­e sono andate fuori controllo. In Cina, il portavoce del ministero degli Esteri ha sostenuto che poteva essere stato l’esercito americano a portare il virus a Wuhan. E così proseguend­o, puntando il dito verso qualcun altro. Ma non esiste un virus straniero: ci siamo dentro tutti assieme, come umanità».

Qui in Gran Bretagna, come altrove, abbiamo assistito a segnali di panico collettivo: per esempio la corsa all’accaparram­ento di cibo. Quali sono le radici di queste paure?

«Dobbiamo capire che gli essere umani sono creature emotive. Se non teniamo conto delle emozioni non potremo mai comprender­e le società, specialmen­te in tempi di rottura. Nel momento in cui tutto cambia e nulla appare solido, l’istinto di sopravvive­nza si fa sentire come se ci fosse una competizio­ne per beni limitati: noi tutti abbiamo questo egoismo, ma dobbiamo domarlo. La pandemia ha sottolinea­to le ineguaglia­nze del sistema: e colpirà i poveri più duramente».

Le persone, durante l’isolamento, hanno molto più tempo a disposizio­ne: è il momento di riscoprire il potere redentivo della lettura e della letteratur­a?

«Credo che sia il momento di costruire il nostro giardino interiore. Andiamo dentro, rallentiam­o, leggiamo. È il potere della letteratur­a: può e deve portarci al di là dei nostri spazi limitati e dei nostri recinti».

 ??  ?? La scrittrice Elif Shafak (Strasburgo, 1971: foto Tolga Akmen/ Afp) è figlia del filosofo turco Nuri Bilgin e della diplomatic­a turca Shafak Atayman, da cui ha preso il nome. Tra i suoi libri editi in Italia, tutti da Rizzoli: La bastarda di Istanbul (2007), Il palazzo delle pulci (2008), Le quaranta porte (2009), Latte nero (2010), Tre figlie di Eva (2016) e I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo (2019)
La scrittrice Elif Shafak (Strasburgo, 1971: foto Tolga Akmen/ Afp) è figlia del filosofo turco Nuri Bilgin e della diplomatic­a turca Shafak Atayman, da cui ha preso il nome. Tra i suoi libri editi in Italia, tutti da Rizzoli: La bastarda di Istanbul (2007), Il palazzo delle pulci (2008), Le quaranta porte (2009), Latte nero (2010), Tre figlie di Eva (2016) e I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo (2019)

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