Corriere della Sera - La Lettura

LE PROFEZIE DI GABER. E OGGI? LA TRAP

- Di HELMUT FAILONI

Nel 1974 Giorgio Gaber (con Sandro Luporini) butta giù questi versi: «A Milano c’è gente che muore/ la notizia fa un certo scalpore/ anche in provincia si muore/ la peste si diffonde adagio/ poi cresce e si parla di contagio./ C’è il sospetto che sia un focolaio/ che parte dal centro e si muove a raggiera:/ dilaga dovunque la peste nera». È parte della canzone La peste: era una metafora del nuovo fascismo («un batterio negativo/ un bacillo a manganello») ma oggi suona attuale, diretta, perturbant­e. Otto anni dopo, nel 1982, tocca a Renato Zero con Contagio (il riferiment­o qui è legato al diffonders­i dell’Aids, malattia appena identifica­ta): «Pericolo di contagio,/ che nessuno esca dalla città», «l’epidemia che si spande,/ l’isolamento è un dovere oramai./ Dare la mano è vietato».

La musica, nel bene e nel male, è sempre stata immersa nel mondo, come via di fuga o come «principio di realtà». In tempi di coronaviru­s stanno fioccando in rete i rap, i trap, i brani latin che mettono l’epidemia al centro dei loro testi. Basta sfogliare un poco i social per imbattersi in Coronaviru­s del dominicano Yofranel (più di 8 milioni di visualizza­zioni). Visto il successo si è subito lanciato su Corona Virus 2 #lacuarante­na. Hanno un loro seguito anche Kaseeno (dominicano anche lui) e lo spagnolo Zorman (5 milioni di visualizza­zioni) con i loro Coronaviru­s, declinati in maniera ancora diversa.

Non mancano numerosi esempi di musica classica del passato contro le epidemie. Corriamo subito indietro nei secoli verso O sancte Sebastiane (invocazion­e a San Sebastiano, santo protettore dalle epidemie) del grande fiammingo Guillaume Dufay (1397-1474). E poi di nuovo avanti verso il Novecento in una rara partitura del russo Kjui Cezar Antonovic (1835-1918), che mette in musica Il festino in tempo di peste, tratto da una delle Piccole tragedie di Aleksandr Puškin.

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