Corriere della Sera - La Lettura
IL POPOLO DI STURZO CONTRO I POPULISTI
Luigi Sturzo amava ripetere questa frase che suona come un inno, una fede, una ragionata persuasione: «Amo la libertà più della ricchezza, amo la libertà più dei piaceri, amo la libertà più del potere, amo la libertà più della vita». La si legge nel testo La libertà in Italia che fu uno dei tre libri che il fondatore del Partito popolare italiano pubblicò con Piero Gobetti e che è stato riproposto nel 2011 dalle Edizioni di Storia e Letteratura. La frase tutto è tranne che retorica. Infatti, la libertà è il cuore nel cuore del pensiero di don Sturzo che dovette pagare per la sua «religione della libertà» con una sorta di doppio esilio a cui lo condannarono il regime di Mussolini e il Vaticano.
Se si vuole intendere il cuore liberale e cristiano della fede di don Sturzo c’è un ottimo libro destinato a diventare un punto di riferimento imprescindibile negli studi sturziani: I limiti del popolo, scritto da Flavio Felice ed edito da Rubbettino (pp. 410, € 26). Fin dal titolo si vede che Felice fa riferimento alla nozione di popolo che oggi è troppo spesso tirata in ballo nel tentativo di dar senso al fenomeno del populismo. Ma, al di là della consonanza letterale, tra «populismo» e «popolarismo» non vi è affinità. I due concetti non solo sono diversi, ma opposti. Anzi, proprio il popolarismo di Luigi Sturzo può essere preso come il contraltare del populismo giacché il popolo a cui fa riferimento il sacerdote di Caltagirone non è una massa indistinta che darebbe legittimità al potere illimitato ora di un istituto e ora di un uomo, ma, al contrario, è una forza sociale plurale che esercita una funzione di controllo sul potere che così risulta essere sempre, per definizione, limitato.
È il concetto di limite che fa della libertà il valore supremo e vieta, sia sul piano del pensiero sia sul piano dell’azione, che un istituto umano possa essere trasformato in un idolo.