Corriere della Sera - La Lettura
I videogame hanno gli anticorpi
Hollywood Il sistema produttivo di cinema e tv Usa in crisi. Bene i giochi, spera l’animazione
Le stime negli Usa si rincorrono: +60% per il consumo di film e serie in streaming secondo dati Nielsen. E il lockdown non è ancora finito. Ma con tutte le produzioni ferme, quanto potrà durare la sbornia da coronavirus? Se il comparto dei videogiochi ride (+75% negli Usa con ottime previsioni anche sul lungo periodo, non avendo bisogno di attori), quasi tutti gli altri piangono. Un esempio? Nonostante Disney+, lanciato in America a novembre e appena arrivato anche da noi, gli analisti hanno tagliato il target price (l’obiettivo prefissato relativo al prezzo di vendita) del colosso dell’intrattenimento da $ 159 a $ 101 per azione. Questo perché su Disney gravano, oltre allo stop alle produzioni e dei cinema, anche il fermo di crociere e parchi divertimento, la cui ripartenza viene ogni giorno rimandata.
Alcuni big, guidati da Universal, hanno pensato di ovviare distribuendo i propri film sulle piattaforme on demand ma la mossa preoccupa esercenti e operatori. In primo luogo perché infrange la storica finestra americana dei 90 giorni dalla distribuzione in sala, cosa che ha scatenato le proteste delle associazioni di categoria. Un precedente rischioso, osservano gli esperti: finita l’emergenza, i consumatori potrebbero «pretendere» di continuare a vedere i film on demand a pochi giorni dalle sale, penalizzandole ulteriormente. Soprattutto, non tutti i film possono andare on demand. Le grandi produzioni fantasy, di fantascienza e di supereroi devono necessariamente uscire al cinema, per recuperare i mega-budget. Ma con intere stagioni rinviate (la programmazione estiva, cruciale negli Usa, spostata in autunno e oltre; film del 2021 rimandati a chissà quando) sarà un problema trovare un weekend libero che garantisca visibilità.
Impossibile, poi, replicare on demand incassi come i 2,8 miliardi di dollari nel mondo di Avengers: Endgame. E allora che cosa si fa? La lista di titoli che slittano ogni giorno è lunghissima: l’ultimo James Bond ( No Time to Die), Wonder Woman 1984, Ghostbusters: Afterlife, Black Widow della Marvel, Top Gun: Maverick, F9, Minions: The Rise of Gru. Vero, non tutti sono così disfattisti. Tom Rothman, presidente di Sony, ha dichiarato all’«Hollywood Reporter» che la crisi, al contrario, riporterà la gente al cinema, perché dopo esser stati chiusi in casa settimane i consumatori torneranno ad apprezzare l’esperienza di fruizione collettiva. Sarà. Certo è che il bicchiere appare mezzo vuoto, con un’altra criticità importante nello sport, dove i fan corrono a cancellare costosi pacchetti e abbonamenti. Federazioni (F1, MotoGP, Nba) e network cercano di contenere i danni con sfide virtuali e super-sconti, ma non è detto che passata l’emergenza le paure di una recessione non frenino gli utenti dal tornare ad abbonarsi.
La quarantena spinge l’industria a cercare nuove strade. Così gli sceneggiatori delle serie (la cosiddetta writers’
room) si riorganizzano con le piattaforme di video-riunione, mentre sezioni chiave della post-produzione come il montaggio vengono gestite da remoto. In questo senso i «piccoli» sono avvantaggiati: in molti casi facevano già tutto da remoto. Insomma, mancano solo gli attori. Si prepara, forse, un nuovo boom dell’animazione.