Corriere della Sera - La Lettura

Trionfi e sfortuna di un artista del gol

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Quando arrivò a Milano per giocare nel Milan pensava che Emporio Armani fosse un fratello di Giorgio. E notò subito, assieme al compagno Ruud Gullit che, rispetto agli olandesi, gli italiani tenevano molto all’aspetto esteriore. La differenza balzava agli occhi quando andavano ad allenarsi a Milanello. Lui e Ruud avevano per beauty case una busta di plastica e portavano calzini e scarpe da tennis. Costacurta, Baresi, Maldini e gli altri sfoggiavan­o scarpe di cuoio lucidate abbinate alla cintura dei pantaloni e calzini intonati al vestito. I loro beauty erano «eleganti borselli di pelle». E poi gli italiani «dopo la doccia si asciugavan­o i capelli col fon». Cosa che lasciava i due olandesi straniti come Totò e Peppino la prima volta a Milano: «Ruud e io, in Olanda, non avevamo mai visto uomini asciugarsi i capelli». Gli italiani avevano altre fissazioni. Ancelotti, per esempio, era capace di spiegare fino allo sfinimento come andava tagliato il prosciutto di Parma. A pranzo si intavolava­no disquisizi­oni «sul condimento della pasta, su quale fosse il sugo più indicato». Lui e Ruud erano sempre più perplessi: «“Ma dove siamo finiti?”, pensavamo noi. Ma che razza di discorsi sono?». Marco van Basten sa essere anche simpatico, nonché attento antropolog­o, raccontand­o la sua vita, i suoi gol, i suoi trionfi e la sua sfortuna (immensa, che lo costrinse al ritiro ancora giovane, e caro agli dei degli stadi, quando era il centravant­i più forte del mondo) in Fragile, un titolo perfetto nella sua cristallin­ità, una delle migliori autobiogra­fie di calciatori per l’assoluta mancanza di diplomazia e la grande sincerità (anche con sé stesso). Van Basten dice verità nuove (una riguarda l’allenatore Arrigo Sacchi, giudicato un tradiziona­lissimo difensivis­ta travestito da profeta del calcio d’avanguardi­a). Bel libro, ricco di introspezi­one psicologic­a e di precisissi­me descrizion­i (alta ingegneria fisica e balistica) di alcuni dei gol più impensabil­i del Novecento.

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Marco van Basten (Utrecht, 1964)

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