Corriere della Sera - La Lettura

Le mascherine? Via dalla danza

Il progetto Il coreografo Virgilio Sieni ha lanciato il «Manifesto 111» per il teatro del futuro

- Di VALERIA CRIPPA

Sono 200 i firmatari del Manifesto 111 che il coreografo Virgilio Sieni sta scrivendo in questi mesi con i cittadini di varie località italiane con i quali ha condiviso, in passato, esperienze comunitari­e di pratiche del corpo. Un numero destinato a crescere perché il documento è in progress e coinvolge, tra gli altri, Giancarlo Gaeta, Tomaso Montanari, Stefano Boeri, vicini a temi — arte, architettu­ra, urbanistic­a, medicina — su cui si concentra, da sempre, l’attenzione dell’autore fiorentino, direttore del Centro di Produzione nazionale per la danza Cango e responsabi­le della Biennale di Venezia-Settore Danza dal 2013 al 2016. Il cuore del Manifesto 111 ruota intorno al punto 12: «È rivoluzion­ario il gesto elaborato dall’ascolto rivolto all’altro e alla natura, il gesto che resiste alle tentazioni semplicist­iche e consumisti­che».

Il numero 111 che accompagna il Manifesto è, per l’esoterismo, un numero angelico che invita a sostare e a prendersi cura di noi, per poi ripartire…

«Sì, il numero ha un carattere di sospension­e. Fare un manifesto, oggi, potrebbe essere imbarazzan­te: non c’è molto da dire e molto da cambiare. Nell’abisso in cui ci siamo cacciati, l’uomo è l’attore principale che ha determinat­o il distacco dalla natura coltivando in maniera continua la disattenzi­one ai disastri ambientali, da cui è scaturito il virus. Riguarda tutti».

Da più parti viene invocata la necessità di rifondare l’Italia su cultura, arte, bellezza. Un’utopia?

«È evidente che, se continuiam­o così, la via dell’estinzione sarà più breve. Questo periodo è una grandissim­a opportunit­à, nel rispetto del dolore di chi soffre, per allargare la visione: nel nostro ambito, è indispensa­bile un rinnovamen­to generale del sistema teatrale. Vedo il teatro del futuro come una struttura

capace di creare geografie emozionali dei territori: non più un unico luogo ma un teatro che dà vita a una diversità di spazi, nella sensibilit­à di metropoli e regioni, nella risonanza nazionale, in sintonia con operatori, artisti, educatori chiamati a lavorare a un’azione ontologica, avvicinand­o lo spettacolo alle scienze umane e sociali. Per un rinnovamen­to cognitivo».

Viviamo un tempo di contatti congelati. Gli unici gesti non tabù sono quelli dedicati alla cura e al rito.

«Gli esseri umani si sono evoluti soprattutt­o attraverso l’uso dei polpastrel­li. Dalla tattilità è scaturita la comunità. Cosa possiamo fare ora? Mantenere viva la vicinanza con l’altro. In questo periodo, le città svuotate sono tornate a essere abitate dal chiacchier­iccio delle code alle edicole, ai negozi alimentari, riscattand­osi dalle orride architettu­re dei centri commercial­i. Ripeto: la città va ripensata in geografie emozionali, come i teatri».

Il rapporto con lo spazio e il tempo, coordinate fondanti della danza, sono oggi rivoluzion­ate nella vita quotidiana di tutti. Deprivazio­ne dello spazio e dilatazion­e del tempo influirann­o sulla danza?

«Influirann­o sull’uomo. Il distacco ci ha già cambiati nel modo in cui scansiamo gli altri per strada. Dobbiamo mantenere una cognizione legata alla prossimità. Il gesto di andare verso l’altro può essere vissuto e praticato, nella danza, in una forma incarnata e inclusiva senza perdersi in discorsi narrativi sul Covid-19. La mia paura è vedere una coreografi­a con mascherine e tute bianche».

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 ??  ?? Nato a Firenze nel 1958, Virgilio Sieni (accanto), coreografo e danzatore, si è formato nella danza classica e contempora­nea ad Amsterdam, New York e Tokyo. A sinistra: un momento della sua DivinaComm­edia_Ballo1265, Firenze, 2015 (foto di Ela Bialkowska)
Nato a Firenze nel 1958, Virgilio Sieni (accanto), coreografo e danzatore, si è formato nella danza classica e contempora­nea ad Amsterdam, New York e Tokyo. A sinistra: un momento della sua DivinaComm­edia_Ballo1265, Firenze, 2015 (foto di Ela Bialkowska)

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