Corriere della Sera - La Lettura
Un gabbiano, un altro Ronconi legge Cechov
Il Centro Santacristina diretto da Roberta Carlotto mette a disposizione su YouTube una straordinaria regia del 2009
Il Centro Teatrale Santacristina, un luogo magico nella campagna tra Gubbio e Perugia, fu fondato nel 2002 da Luca Ronconi e da Roberta Carlotto, che dopo la morte del grande regista lo dirige e gli infonde vita e spirito con quelli che furono attori e collaborati del maestro.
Una sorta di campus pensato da Ronconi come uno spazio di libertà, dove progettare, studiare e anche produrre, senza seguire le regole dei teatri; un luogo dove è possibile lavorare con modalità e tempi altrove impensabili.
Attori affermati e giovani allievi, tutti insieme si prova, si mangia, si dorme, si ci confronta, si progetta, insomma si vive e si lavora, il che per un «teatrante» è coincidente al di là di ogni retorica. Ed era entusiasmante vedere il generoso, infaticabile regista, sempre presente, prendersi cura artisticamente e umanamente degli allievi, creare la loro consapevolezza professionale, conducendoli, in una grande sala dal pavimento in legno, lungo le strade tracciate da autori, penetrarne i testi, le parole, per trasformarle in gesti, intenzioni, lacerti di spettacolo e poi anche in spettacolo. E alla fine della giornata nella sala attigua un lungo tavolo e divani sui quali sedersi, stanchi perché lavorare al Santacristina con Ronconi era come saggiare i propri limiti, era conoscere i propri ottomila da scalare.
A questo Centro e a Roberta Carlotto si deve una preziosa iniziativa, quella, in questa momento durissimo e drammatico per il teatro (e non solo, naturalmente), di «mettere in scena» — da oggi, 19 aprile — sul canale YouTube del Centro teatrale la registrazione di Un altro gabbiano da Anton Cechov, che nel 2009, per tre giorni, è stato proposto al Festival dei Due Mondi di Spoleto.
Spettacolo compiuto, o studio aperto, o laboratorio in divenire, o sperimentazione ritenuta conclusa. Difficile definirlo se non con il termine molto generico di teatro, di scavo in un autore e in un testo condotto con l’intelligenza provocatoria di sempre da Luca Ronconi. Documento imperdibile per chi vuole vedere una ricerca sul campo, tra e nelle parole di un grande come Cechov.
Nella Chiesa di San Simone pochi oggetti, sedie, vuote cornici di porte, una scrivania alla quale è seduto lo stesso Ronconi che è il dottor Dorn, ma è anche il regista che legherà tra loro le scene e proporrà stimoli e riflessioni, è l’attore che darà battute, è la voce dell’autore, i costumi sono abiti di oggi: siamo nel luogo vuoto dove va in scena un altro Gabbiano, commedia del 1895 dove si parla di teatro, di letteratura, d’amore.
Siamo nella tenuta di campagna sul lago di due fratelli, Pëtr, interpretato da Riccardo Bini, noioso e infelice magistrato in pensione piefatuata di Trigorin, pronto a sedurla nonostante il legame con Arkadina, fugge a Mosca per unirsi all’amante e cominciare la sua carriera artistica. Ma per lei niente successo, solo fatica e teatro di infima serie.
Abbandonata dall’amante, dopo anni ritorna, durante una tournée, nella villa dove vive Kostja, diventato intanto scrittore affermato, e pur sempre insoddisfatto di sé. Lei ripartirà, gabbiano libero e infelice; lui si suiciderà.
Ma nella chiesa di San Simone siamo anche in un laboratorio dove è possibile vedere crescere una lettura registica del testo, un punto di vista sul testo per Ronconi niente affatto realistico, anzi popolato da personaggi che sono letterari, e quindi solo specchi, nel loro ossessivo contrapporsi, della realtà.
Diversi anche gli stili recitativi per giungere all’anima dei personaggi. Masha innamorata non corrisposta di Kostja, che sposerà, vessandolo, il povero maestro per dimenticare, è un personaggio patetico, persino ridicolo, egoista e feroce, da romanzo d’appendice. Trigorin, uno straordinario Paolo Pierobon, è la letteratura che ha fortuna ma non ha peso, brilla del suo prospero vuoto che non passerà il decennio.
Kostja è l’arte che non può riconoscere sé stessa. Arkadina è la grande attrice che recita, recita sempre, sul palco come nella vita incessantemente, è l’idolo di Nina e con lei divide il celebre monologo del IV atto, capitolazione di ogni illusione.
Il dramma si svolge in un tempo fluttuante, il reale si allontana e si penetra in nuove e immutate verità dell’anima. È il tempo della ricerca e dello sforzo di capire, è il laboratorio di forme e sentimenti che sbalzano a tutto tondo i personaggi cechoviani, intatti nella loro forza, carichi delle menzogne di tutte le vite, delle amarezze e delle frustrazioni per quello che si vorrebbe essere e quello che si è, infelici egoisti, narcisisti amanti senza amore, svagati assassini, che vivono in un’ironia e in una nostalgia insolente e divertente, stesi sulla palude di sogni che non si riescono più a sognare.