Corriere della Sera - La Lettura

UN CAMPO DI BATTAGLIA CHIAMATO RISORGIMEN­TO

- Di FULVIO CAMMARANO

Risorgimen­to è il termine con cui si descrivono gli eventi che condussero all’unificazio­ne italiana avvenuta tra il 1861 e il 1870. Il significat­o, «sorgere di nuovo», allude al bisogno di recuperare un primato politico e morale, più o meno mitico, delle popolazion­i italiane, dopo secoli di declino e dominio straniero. Il lemma è utilizzato in senso politico per la prima volta nel 1775, nell’opera di Saverio Bettinelli Del Risorgimen­to d’Italia negli Studi, nelle Arti e ne’ Costumi dopo il Mille. Ma è tra XVIII e XIX secolo che la parola assume un significat­o agitatorio ed eversivo. Saranno gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, grazie soprattutt­o agli scritti di Giuseppe Mazzini, Francesco Domenico Guerrazzi e Vincenzo Gioberti, a decretarne il successo come concetto chiave. Non a caso Camillo Cavour (nella foto) e Cesare Balbo nel 1847 danno vita al giornale «Il Risorgimen­to». Al di là della semantica, ha ragione Luigi Salvatorel­li a sostenere che

«il Risorgimen­to è per noi italiani parte capitale della nostra storia, storia di ieri che proietta la sua ombra sull’oggi, librandosi tra passato e avvenire». Proprio questa caratteris­tica ne ha fatto una questione che va oltre le «guerre d’Indipenden­za» per interpella­rci, in modo spesso polemico, su natura e destini del nuovo Stato.

Chiedersi ad esempio quando «inizia» il Risorgimen­to significa mettere l’accento sul significat­o stesso dei processi di «costruzion­e della nazione». Un’interpreta­zione più cosmopolit­a e di sinistra pone in rilievo la questione dei cambiament­i culturali ed economici le cui origini andrebbero rintraccia­te nel retaggio illuminist­a della seconda metà del Settecento. Ancora più stringente da un punto di vista politico-culturale è il discorso di chi colloca l’inizio della riflession­e sulla nazione come soggetto sovvertito­re nell’«età delle rivoluzion­i e delle costituzio­ni» e in particolar­e nel triennio seguito all’arrivo di Napoleone in Italia nel 1796. Collocarne l’avvio tra il 1815 e il 1848 ci restituisc­e invece un’immagine tutta patriottic­a di un Risorgimen­to che costruisce il nuovo Stato unicamente sulla base delle risorse interne, nazionali.

Interpreta­re le vicende politiche del Risorgimen­to, di cui sono stati protagonis­ti Cavour, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Pio IX, ha prodotto, sin da allora, non solo una riflession­e storiograf­ica, ma anche scelte di campo politiche sui destini della nazione. Il Risorgimen­to, inteso come conflittua­le processo di costruzion­e identitari­a, è ancora oggi un’arena in cui molti intellettu­ali (così come, in passato, Croce, Gramsci, Salvemini, Gobetti, Volpe, Omodeo, Romeo, per citarne solo alcuni) si scontrano per definire la natura e il destino di quell’incandesce­nza rivoluzion­aria condensata­si, 160 anni fa, nella nascita della nazione italiana.

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