Corriere della Sera - La Lettura

Pasqua non è la gita fuori porta

- Conversazi­one tra ROBERTA DE MONTICELLI ed ENZO PACE a cura di MARCO VENTURA

Passata la Pasqua, sta forse passando la pandemia. È tempo di Resurrezio­ne, per chi è spinto dalla tragedia a cercare un senso oltre la morte, per chi è frustrato dai limiti della scienza, rattristat­o dai riti virtuali, per chi è contro le tabaccheri­e aperte e le chiese chiuse. È tempo di Resurrezio­ne per chi interpreta la crisi sanitaria ed economica come una grande opportunit­à per rimettere le religioni al centro. È tempo di Resurrezio­ne per chi non crede in Cristo che vince la morte, per chi non è neppure vicino alla retorica del cristianes­imo culturale, e tuttavia vuole cambiare, ricomincia­re, rialzarsi, e questa voglia la chiama proprio così, voglia di risorgere. Sul senso della Resurrezio­ne nel tempo che viviamo e nel tempo che ci aspetta, «la Lettura» ha interpella­to due autorevoli osservator­i della fede e delle fedi: Roberta De Monticelli, 68 anni, filosofa, ed Enzo Pace, 76 anni, sociologo.

Questa pandemia che ci ha privato anche dei funerali cambierà il nostro rapporto con la morte?

ENZO PACE — Si muore soli, senza essere accompagna­ti dalla consolazio­ne che qualcuno celebrerà la morte. Così la pandemia ci riconsegna la morte perché ci mette drammatica­mente davanti alla solitudine del morire. Questo contrasta

con la grande rimozione della morte imposta dal modello vitalistic­o delle società secolarizz­ate. La morte che pareva scivolare nell’interiorit­à degli individui diventa con il virus un interrogat­ivo collettivo. Sono interrogat­e anche le religioni.

ENZO PACE — Come si elabora collettiva­mente un evento di morte è una delle ultime cose sulle quali le religioni hanno qualcosa da dire e, tuttavia, anche le religioni si sono accomodate a non parlare della morte, se non ai funerali.

Non siamo più capaci di parlare di morte. Dunque non siamo più capaci di parlare di Resurrezio­ne?

ENZO PACE —La Resurrezio­ne è un

Enzo Pace, sociologo, dice che «il coronaviru­s ci riconsegna la morte perché ci mette davanti alla solitudine del morire in contrasto con una grande rimozione». Roberta De

Monticelli, filosofa, evoca «Guerra e pace»: «Il cielo è il mondo dei valori ed è sempre sopra la testa, perché l’esperienza del bene e del male è nel quotidiano. Perché i valori non si vedono, si sentono». La cristianis­sima Resurrezio­ne riguarda tutti: anche chi cristiano non è. «Serve una rinascita che parta dalle anime, dai giovani e che crei una fioritura»

problema del tempo e la secolarizz­azione ha cambiato proprio la categoria fondamenta­le del tempo. La vera secolarizz­azione non sta nel fatto che la gente vada poco a messa, ma che l’attesa della fine dei tempi sia sparita come orizzonte temporale. Infatti ci sono mille sensi dati alla parola resurrezio­ne. Non si sa più che cosa significhi. ROBERTA DE MONTICELLI — Il ritorno in vita dopo la morte è una dimensione della fede personale troppo misteriosa per poterne parlare. Noi invece parliamo di morte e di vita da viventi, del resto anche Cristo dice: «Lasciate che i morti seppellisc­ano i morti». Parliamone allora. Da viventi. ROBERTA DE MONTICELLI — Pensando a quanto ci aspetta dopo la pandemia mi viene in mente il cielo che in Guerra e

pace il principe Andrej vede quando è disteso a terra dopo avere subito la ferita che lo porterà alla morte. L’immenso cielo si spalanca, vuoto, muto, sovrasta la vita e la morte, riempie il principe di una sorta di quiete illuminata. È quella la Resurrezio­ne?

ROBERTA DE MONTICELLI — Non c’è Resurrezio­ne in Tolstoj. Non in un senso più teologico. Il grande cielo è il mondo dei valori: può spalancars­i lontano, vasto nei momenti culmine, decisivi, ma in realtà lo abbiamo sempre sopra la testa, perché l’esperienza del bene e del male è nella vita quotidiana. E questo cielo dei valori è vuoto eppure è così pacificant­e perché i valori non si vedono, si sentono.

Si sono sentiti i valori in queste settimane? ROBERTA DE MONTICELLI — Ha molto pesato sull’anima italiana, di tutti noi, l’abbassamen­to, l’avviliment­o, l’umiliazion­e infinita di questo cielo. Il caos nella comunicazi­one, la bassezza del teatro politico, i cittadini trattati come bambini viziati... c’è stata forse solo una settimana di eccezione, un momento di sconcerto che è stato anche un momento di speranza. Ci manca il senso del trascenden­te? ENZO PACE — La nostra società tende a far sparire non tanto la domanda di trascenden­za, ma l’elemento della comunità. Gli individui continuano a credere ma credono a modo loro. Soggettivi­zzando e individual­izzando. Così non si indebolisc­ono solo le autorità e le istituzion­i religiose, ma i legami sociali. Dove guardare, allora, per scorgere una possibilit­à di Resurrezio­ne? ROBERTA DE MONTICELLI — Penso allo Spirito, ciò che ricrea, che ravviva, che accende. Mi chiedo perché non si dice più a messa come si diceva una volta:

Introibo ad altare Dei, ad Deum qui læti

ficat iuventutem meam. Mi accosto al Dio che risveglia, che accende la mia giovinezza. Credo che lo Spirito sia questo: morte e vita sono qui, ora, non sono il sopravvive­re dopo la morte. Come nel Vangelo, venit hora et nunc... viene l’ora ed è questa in cui si adorerà il Padre in Spirito e Verità, non su questo monte o in questo tempio. Ecco allora il continuo morire dentro, o risorgere dentro, che è il poter respirare con un cielo sopra la testa. Questa non è la dottrina cristiana. ROBERTA DE MONTICELLI — No, la dottrina cristiana vede l’inconcilia­bilità di cielo e terra, perché senza la salvezza dall’alto non ci salviamo. E poi c’è la Resurrezio­ne pasquale, dove il grano deve morire perché la spiga nuova nasca. Se è cruciale lo Spirito, alcune chiese si troveranno più a loro agio di altre. ENZO PACE — Nella nostra società si sfianca quella specie di forza che è la sociologia dell’attesa, fondata sulla promessa della seconda venuta, di un tempo in cui il regno di Dio verrà in terra. La sociologia dell’attesa è invece presente soprattutt­o nell’evangelism­o millenaris­ta e pentecosta­le, mentre le chiese storiche hanno relegato il tema escatologi­co alle pagine di qualche teologo.

Le mega-chiese pentecosta­li latinoamer­icane, africane e asiatiche non resteranno chiuse per molto. ENZO PACE — Davanti alla sofferenza del vivere quotidiano predicano il tempo della fine e predicano che le cose vanno male perché ci siamo allontanat­ati dalla fonte della verità. Nella crisi assisterem­o anche alla «resurrezio­ne» dei conservato­ri? ENZO PACE — Ci sarà la tentazione di dire che dobbiamo ritrovare il primato della tradizione per contrastar­e il cambiament­o degli ultimi tempi. Questo potrebbe rafforzare la spinta al nazionalis­mo religioso, anche cattolico, in difesa di un’identità collettiva sempre più minacciata. Si dirà che del credere bisogna

ristabilir­e mentazione. i confini Che serve contro una fonte la sua di fram- verità certa, compassion­evole un’autorità dottrinari­a come si rimprovera e non solo a Papa Eppure, Francesco. se le religioni usciranno bene go nella dalla recessione, pandemia, e sarà se si proprio faranno per lar- la loro ROBERTA capacità DE di MONTICELLI fare del bene. — C’è l’elemento caso incarna forte della il gesuita ragione Papa etica attuale. che non Qui a c’è Chiesa il senso che riacchiapp­a rallegrant­e la di modernità, un’istituzion­e che amplia nel senso il concetto di un dovere dell’a verso ciascuno ciascuna il suo co

sa ENZO del creato. PACE — L’attesa si banalizza perché si riduce a regole morali. Il credere viene ridotto a una serie di comportame­nti etici. Una visione eticizzata. Anche in questo frangente dolorosiss­imo, quanti preti e laici hanno fatto questo e quell’altro... però sono sempre opere. Le opere dovrebbero testimonia­re la fede, non sostituirl­a. ENZO PACE — Walter Benjamin scrive nel 1921 che il capitalism­o è diventato un culto senza sogni e senza riposo. Se il cristianes­imo si lascia travolgere, la sua parte critico-profetica si perde sempre più. I leader religiosi saranno il primo esempio di Resurrezio­ne? ROBERTA DE MONTICELLI — Si addice alla parola la temperatur­a del fuoco, scriveva il poeta Mario Luzi. A un vero cristiano che cosa importa della secolarizz­azione? Deve trovare la parola nuova, che infiamma ora. Se qualcuno ci credesse ancora...

Che cosa porteremo nel futuro del Papa che celebra in una piazza San Pietro deserta? ENZO PACE — La creazione di una comunità virtuale può instaurare un circuito virtuoso con la comunità reale, ma è possibile pure il contrario. La pandemia mette a dura prova la comunità di prossimità territoria­le e rafforza la tradizione clericale, una chiesa governata da funzionari. L’idea del Vaticano II, la presenza attiva dei laici, viene indebolita. ROBERTA DE MONTICELLI — Vedere piazza San Pietro vuota, sotto la pioggia, con quest’uomo solo che prega davanti a Cristo... questa sì è una scena all’altezza di una grande cultura cristiana, e però è uno spettacolo freddo, lontano, non c’era il credente. Ci si presenta un’occasione. Sapremo coglierla? ENZO PACE — Il nostro cristianes­imo ha una capacità grande di inventarsi le opere. Ma per tornare a essere una cifra vitale, almeno nelle società secolarizz­ate, deve riuscire a riconnette­re il fare a una visione in cui il vivere e il morire hanno una prospettiv­a. ROBERTA DE MONTICELLI —

questa Pasqua mancata, rinviata, Penso a que- a sta ben primavera al di là della che gita deve fuori essere porta. onorata Serve una giovani, rinascita e che che crei parta possibilit­à dalle di anime, fioritura, dai di soffio, di respiro, di ravvivamen­to.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy