Corriere della Sera - La Lettura
Pasqua non è la gita fuori porta
Passata la Pasqua, sta forse passando la pandemia. È tempo di Resurrezione, per chi è spinto dalla tragedia a cercare un senso oltre la morte, per chi è frustrato dai limiti della scienza, rattristato dai riti virtuali, per chi è contro le tabaccherie aperte e le chiese chiuse. È tempo di Resurrezione per chi interpreta la crisi sanitaria ed economica come una grande opportunità per rimettere le religioni al centro. È tempo di Resurrezione per chi non crede in Cristo che vince la morte, per chi non è neppure vicino alla retorica del cristianesimo culturale, e tuttavia vuole cambiare, ricominciare, rialzarsi, e questa voglia la chiama proprio così, voglia di risorgere. Sul senso della Resurrezione nel tempo che viviamo e nel tempo che ci aspetta, «la Lettura» ha interpellato due autorevoli osservatori della fede e delle fedi: Roberta De Monticelli, 68 anni, filosofa, ed Enzo Pace, 76 anni, sociologo.
Questa pandemia che ci ha privato anche dei funerali cambierà il nostro rapporto con la morte?
ENZO PACE — Si muore soli, senza essere accompagnati dalla consolazione che qualcuno celebrerà la morte. Così la pandemia ci riconsegna la morte perché ci mette drammaticamente davanti alla solitudine del morire. Questo contrasta
con la grande rimozione della morte imposta dal modello vitalistico delle società secolarizzate. La morte che pareva scivolare nell’interiorità degli individui diventa con il virus un interrogativo collettivo. Sono interrogate anche le religioni.
ENZO PACE — Come si elabora collettivamente un evento di morte è una delle ultime cose sulle quali le religioni hanno qualcosa da dire e, tuttavia, anche le religioni si sono accomodate a non parlare della morte, se non ai funerali.
Non siamo più capaci di parlare di morte. Dunque non siamo più capaci di parlare di Resurrezione?
ENZO PACE —La Resurrezione è un
Enzo Pace, sociologo, dice che «il coronavirus ci riconsegna la morte perché ci mette davanti alla solitudine del morire in contrasto con una grande rimozione». Roberta De
Monticelli, filosofa, evoca «Guerra e pace»: «Il cielo è il mondo dei valori ed è sempre sopra la testa, perché l’esperienza del bene e del male è nel quotidiano. Perché i valori non si vedono, si sentono». La cristianissima Resurrezione riguarda tutti: anche chi cristiano non è. «Serve una rinascita che parta dalle anime, dai giovani e che crei una fioritura»
problema del tempo e la secolarizzazione ha cambiato proprio la categoria fondamentale del tempo. La vera secolarizzazione non sta nel fatto che la gente vada poco a messa, ma che l’attesa della fine dei tempi sia sparita come orizzonte temporale. Infatti ci sono mille sensi dati alla parola resurrezione. Non si sa più che cosa significhi. ROBERTA DE MONTICELLI — Il ritorno in vita dopo la morte è una dimensione della fede personale troppo misteriosa per poterne parlare. Noi invece parliamo di morte e di vita da viventi, del resto anche Cristo dice: «Lasciate che i morti seppelliscano i morti». Parliamone allora. Da viventi. ROBERTA DE MONTICELLI — Pensando a quanto ci aspetta dopo la pandemia mi viene in mente il cielo che in Guerra e
pace il principe Andrej vede quando è disteso a terra dopo avere subito la ferita che lo porterà alla morte. L’immenso cielo si spalanca, vuoto, muto, sovrasta la vita e la morte, riempie il principe di una sorta di quiete illuminata. È quella la Resurrezione?
ROBERTA DE MONTICELLI — Non c’è Resurrezione in Tolstoj. Non in un senso più teologico. Il grande cielo è il mondo dei valori: può spalancarsi lontano, vasto nei momenti culmine, decisivi, ma in realtà lo abbiamo sempre sopra la testa, perché l’esperienza del bene e del male è nella vita quotidiana. E questo cielo dei valori è vuoto eppure è così pacificante perché i valori non si vedono, si sentono.
Si sono sentiti i valori in queste settimane? ROBERTA DE MONTICELLI — Ha molto pesato sull’anima italiana, di tutti noi, l’abbassamento, l’avvilimento, l’umiliazione infinita di questo cielo. Il caos nella comunicazione, la bassezza del teatro politico, i cittadini trattati come bambini viziati... c’è stata forse solo una settimana di eccezione, un momento di sconcerto che è stato anche un momento di speranza. Ci manca il senso del trascendente? ENZO PACE — La nostra società tende a far sparire non tanto la domanda di trascendenza, ma l’elemento della comunità. Gli individui continuano a credere ma credono a modo loro. Soggettivizzando e individualizzando. Così non si indeboliscono solo le autorità e le istituzioni religiose, ma i legami sociali. Dove guardare, allora, per scorgere una possibilità di Resurrezione? ROBERTA DE MONTICELLI — Penso allo Spirito, ciò che ricrea, che ravviva, che accende. Mi chiedo perché non si dice più a messa come si diceva una volta:
Introibo ad altare Dei, ad Deum qui læti
ficat iuventutem meam. Mi accosto al Dio che risveglia, che accende la mia giovinezza. Credo che lo Spirito sia questo: morte e vita sono qui, ora, non sono il sopravvivere dopo la morte. Come nel Vangelo, venit hora et nunc... viene l’ora ed è questa in cui si adorerà il Padre in Spirito e Verità, non su questo monte o in questo tempio. Ecco allora il continuo morire dentro, o risorgere dentro, che è il poter respirare con un cielo sopra la testa. Questa non è la dottrina cristiana. ROBERTA DE MONTICELLI — No, la dottrina cristiana vede l’inconciliabilità di cielo e terra, perché senza la salvezza dall’alto non ci salviamo. E poi c’è la Resurrezione pasquale, dove il grano deve morire perché la spiga nuova nasca. Se è cruciale lo Spirito, alcune chiese si troveranno più a loro agio di altre. ENZO PACE — Nella nostra società si sfianca quella specie di forza che è la sociologia dell’attesa, fondata sulla promessa della seconda venuta, di un tempo in cui il regno di Dio verrà in terra. La sociologia dell’attesa è invece presente soprattutto nell’evangelismo millenarista e pentecostale, mentre le chiese storiche hanno relegato il tema escatologico alle pagine di qualche teologo.
Le mega-chiese pentecostali latinoamericane, africane e asiatiche non resteranno chiuse per molto. ENZO PACE — Davanti alla sofferenza del vivere quotidiano predicano il tempo della fine e predicano che le cose vanno male perché ci siamo allontanatati dalla fonte della verità. Nella crisi assisteremo anche alla «resurrezione» dei conservatori? ENZO PACE — Ci sarà la tentazione di dire che dobbiamo ritrovare il primato della tradizione per contrastare il cambiamento degli ultimi tempi. Questo potrebbe rafforzare la spinta al nazionalismo religioso, anche cattolico, in difesa di un’identità collettiva sempre più minacciata. Si dirà che del credere bisogna
ristabilire mentazione. i confini Che serve contro una fonte la sua di fram- verità certa, compassionevole un’autorità dottrinaria come si rimprovera e non solo a Papa Eppure, Francesco. se le religioni usciranno bene go nella dalla recessione, pandemia, e sarà se si proprio faranno per lar- la loro ROBERTA capacità DE di MONTICELLI fare del bene. — C’è l’elemento caso incarna forte della il gesuita ragione Papa etica attuale. che non Qui a c’è Chiesa il senso che riacchiappa rallegrante la di modernità, un’istituzione che amplia nel senso il concetto di un dovere dell’a verso ciascuno ciascuna il suo co
sa ENZO del creato. PACE — L’attesa si banalizza perché si riduce a regole morali. Il credere viene ridotto a una serie di comportamenti etici. Una visione eticizzata. Anche in questo frangente dolorosissimo, quanti preti e laici hanno fatto questo e quell’altro... però sono sempre opere. Le opere dovrebbero testimoniare la fede, non sostituirla. ENZO PACE — Walter Benjamin scrive nel 1921 che il capitalismo è diventato un culto senza sogni e senza riposo. Se il cristianesimo si lascia travolgere, la sua parte critico-profetica si perde sempre più. I leader religiosi saranno il primo esempio di Resurrezione? ROBERTA DE MONTICELLI — Si addice alla parola la temperatura del fuoco, scriveva il poeta Mario Luzi. A un vero cristiano che cosa importa della secolarizzazione? Deve trovare la parola nuova, che infiamma ora. Se qualcuno ci credesse ancora...
Che cosa porteremo nel futuro del Papa che celebra in una piazza San Pietro deserta? ENZO PACE — La creazione di una comunità virtuale può instaurare un circuito virtuoso con la comunità reale, ma è possibile pure il contrario. La pandemia mette a dura prova la comunità di prossimità territoriale e rafforza la tradizione clericale, una chiesa governata da funzionari. L’idea del Vaticano II, la presenza attiva dei laici, viene indebolita. ROBERTA DE MONTICELLI — Vedere piazza San Pietro vuota, sotto la pioggia, con quest’uomo solo che prega davanti a Cristo... questa sì è una scena all’altezza di una grande cultura cristiana, e però è uno spettacolo freddo, lontano, non c’era il credente. Ci si presenta un’occasione. Sapremo coglierla? ENZO PACE — Il nostro cristianesimo ha una capacità grande di inventarsi le opere. Ma per tornare a essere una cifra vitale, almeno nelle società secolarizzate, deve riuscire a riconnettere il fare a una visione in cui il vivere e il morire hanno una prospettiva. ROBERTA DE MONTICELLI —
questa Pasqua mancata, rinviata, Penso a que- a sta ben primavera al di là della che gita deve fuori essere porta. onorata Serve una giovani, rinascita e che che crei parta possibilità dalle di anime, fioritura, dai di soffio, di respiro, di ravvivamento.