Corriere della Sera - La Lettura
PICCOLI TRUCCHI LINGUISTICI PER TROVARE IL COLPEVOLE
Nessuno «aveva più gli strumenti mentali per immaginare che un evento imprevisto potesse colpirci oltre alla nostra acquisita capacità di avere tutto sotto controllo». Così scrive Giuliano Zanchi ne I giorni del nemico. Il grande contagio e altre rivelazioni (Vita e Pensiero), ebook scaricabile gratis dal sito della casa editrice. Con una riflessione lucida, coraggiosa e profonda, analizza come la pandemia possa essere anche interpretata come strumento di rinascita.
L’autore — nato nel 1967, sacerdote, teologo, direttore del Museo diocesano di Bergamo — comincia identificando il dettaglio più spaventoso: l’invisibilità del nemico. Concedendosi un pizzico di leggerezza, spiega di avere individuato, nella marea di informazioni riguardo al Covid-19, l’aggettivo invisibile come il più usato e abusato. Ripetuto a oltranza per soddisfare l’esigenza, così umana, di scovare un colpevole.
Ogni sciagura per essere accettata deve averne uno. Una volta era Dio, ora potrebbe essere la società, la politica, la medicina, l’economia... Per trovare un capro espiatorio, ed esorcizzare l’angoscia, tutti parlano. Opinioni fiume sui social, maratone tv, telegiornali allarmistici e previsioni di come tutto — dopo — sarà diverso. Secondo Zanchi invece la terapia giusta sta nel silenzio e nei gesti, molto più importanti ed eloquenti. Come l’immagine di Papa Francesco, durante la benedizione nella piazza di San Pietro deserta. E anche i riti cattolici, proibiti e bloccati dalle norme anti-contagio, hanno già trovato nello spirito cristiano la forza di travalicare i divieti. Come a Pasqua, quando alcuni medici, a Prato, sono stati autorizzati a dare l’Eucarestia ai malati in terapia intensiva. Poi quando l’orrore si sarà finalmente allontanato, dovremmo ricordare che parole giuste non esistono già pronte: «Nascono spesso dal concime della tragedia e occorrono torrenti di libertà spirituale per innaffiare il terreno che può farle germinare».