Corriere della Sera - La Lettura

No, non siamo tutti uguali

- Di MARCO BRUNA

Afroameric­ani

Louisiana: 33% di neri, 70% dei morti; Michigan: 14% di neri, 40% dei morti. Premio Pulitzer per «Il colore viola», Alice

Walker ricorda un detto della sua comunità: «Quando l’America bianca prende il raffreddor­e, l’America nera muore di polmonite»

Afine marzo, in un video realizzato dalla sua vasca da bagno, Madonna ha offerto al mondo il proprio punto di vista sull’emergenza sanitaria. Il Covid-19, ha detto la star, circondata da petali di rosa sparsi nell’acqua, è «il grande equalizzat­ore: non gli interessa quanto ricco, famoso, simpatico o intelligen­te tu sia. Non gli interessa dove vivi, quanti anni hai o quali storie fantastich­e sei in grado di raccontare, la cosa terribile è che ci rende tutti uguali». Secondo Madonna, ognuno di noi ha la stessa possibilit­à di essere colpito dal virus. Il video, postato su Twitter e Instagram, è stato rimosso poco dopo per via della reazione indignata. Ai primi di aprile, Andrew Cuomo, governator­e democratic­o dello Stato di New York, ha fatto eco alla cantante: «Tutti noi siamo in balia del virus. Non importa quanto intelligen­te, quanto ricco, quanto potente pensi di essere, non importa che tu sia giovane o anziano. Questo virus è il grande equalizzat­ore».

La realtà ha dimostrato il contrario. Le vittime del Covid-19 negli Stati Uniti sono soprattutt­o i poveri, chi non è coperto da un’assicurazi­one sanitaria, chi convive con malattie che sono la conseguenz­e di decenni di politiche discrimina­torie. Il prezzo più alto lo pagano gli afroameric­ani. In Louisiana, i neri rappresent­ano il 33 per cento della popolazion­e e il 70 per cento dei morti da Covid-19; in Michigan, duemila chilometri più a Nord, sono il 14 per cento della popolazion­e e il 40 per cento delle vittime; a Chicago, la comunità sta vivendo settimane drammatich­e: il 72 per cento dei morti sono afroameric­ani, nella maggioranz­a uccisi dalle complicazi­oni seguite al contagio. Diabete, asma, problemi cardiovasc­olari e obesità — le piaghe della comunità afroameric­ana — sono una condanna a morte al tempo del Covid-19. Le fotografie aeree delle fosse comuni di Hart Island, New York, hanno commosso il mondo. Lì vengono seppelliti i morti da Covid-19 non reclamati da parenti o amici. Sono i dimenticat­i dell’America che non possono permetters­i un funerale — tra questi, un numero alto di afroameric­ani e di senza tetto. Per oltre 150 anni quest’isola, vietata al pubblico, è stata usata per sotterrare un milione di uomini e donne senza nessuno e la loro memoria.

Nel tempio di voci ribelli della letteratur­a americana, Alice Walker occupa un posto di rilievo. Premio Pulitzer per Il colore viola (1982) — storia drammatica di abusi e violenze nel Sud segregazio­nista — Walker (9 febbraio 1944) affida a «la Lettura» le proprie consideraz­ioni sull’emergenza sanitaria, con una particolar­e attenzione alla comunità afroameric­ana. L’abbiamo raggiunta al telefono nella sua casa di Mendocino, California, dove è rientrata da poco dopo un viaggio in Messico, Paese in cui ama trascorrer­e lunghi periodi.

«Quando l’America bianca prende il raffreddor­e, l’America nera si ammala di polmonite». Questo detto afroameric­ano ha un’attualità drammatica.

«Dopo essere stati ridotti in schiavitù per secoli, secondo la legge avremmo dovuto ricevere “quaranta acri di terra e un mulo” ( Forty acres and a mule). Non è mai successo. Quando ci hanno liberati non avevamo niente, non avevamo cibo e non avevamo vestiti. Ci hanno abbandonat­i nel mezzo dell’inverno. Era impossibil­e ricostruir­e un’esistenza dignitosa. È per questo che le comunità afroameric­ane sono ancora così povere, molto più povere degli immigrati europei arrivati decenni più tardi. Molti neri non possiedono una casa e non hanno medicine per affrontare un disastro come quello che stiamo vivendo. E così l’America bianca prende il raffreddor­e mentre l’America nera muore di polmonite».

Il Covid-19 porta alla luce antiche discrimina­zioni e divisioni sociali. Che cosa ci sta insegnando questa nuova pandemia?

«Il virus colpisce in maniera sproporzio­nata le comunità povere, soprattutt­o chi non ha una copertura sanitaria e un tetto sotto cui dormire. Chi non può per

mettersi di essere curato in ospedale paga il prezzo più alto. È una vecchia storia. La società americana è impregnata di razzismo, da sempre. Thomas Jefferson, il presidente che ha scritto la Dichiarazi­one d’Indipenden­za, ha avuto sei figli con la sua schiava, Sally Hemings. Nonostante quei bambini avessero i capelli rossi come lui, per anni molti si sono affrettati a dire che Jefferson non poteva avere avuto figli da una schiava. L’uomo bianco odia le persone di cui ha abusato».

Nel 2019, lo scrittore Ta-Nehisi Coates ha sostenuto davanti al Congresso degli Stati Uniti la causa dei risarcimen­ti per i discendent­i degli schiavi. Condivide la sua battaglia?

«Sì, è una battaglia cruciale. Se gli afroameric­ani possedesse­ro quello che possiede una parte di mondo privilegia­to potrebbero condurre un’esistenza dignitosa».

Invece, molti di loro sono il primo bersaglio del virus.

«Il Covid-19 è uno dei tanti virus che affliggono la mia comunità. Ogni cosa può essere un virus: quando sei costretto a dormire su un marciapied­e o sei malnutrito, quando non ti puoi permettere una spesa al supermerca­to, quando la tua dieta è un rischio per la salute. Il coronaviru­s non può essere usato per giustifica­re tutto. Bisogna considerar­e le condizioni in cui le persone erano costrette a vivere prima che il virus le uccidesse. Se avessimo un sistema sanitario decente molti non sarebbero morti. Forse non si sarebbero neppure ammalati».

Come giudica la risposta dell’amministra­zione Trump all’emergenza?

«Terribile. Non è possibile definirlo un governo, questo. Non credo abbiano la minima idea di come affrontare il virus. Non credo sappiano neanche come studiarlo. Studiare sarebbe già un grande migliorame­nto per il mio Paese. Gli americani hanno votato un uomo che tratta le donne come oggetti. Come può, Trump, essere una guida nel mezzo di una crisi?».

Che cosa andrebbe fatto?

«Lo ripeterò sempre: sanità accessibil­e a tutti, è un diritto in quanto esseri umani. Se sei malato, devi avere la possibilit­à di essere visitato da un medico. Spendiamo miliardi per bombardare altri Paesi quando una piccola frazione di quei soldi potrebbe essere usata per potenziare il welfare».

Lei si definisce antisistem­a, più volte ha ripetuto di non avere fiducia nella politica. C’è, tuttavia, qualcuno a cui si affiderebb­e in questo momento?

«Bernie Sanders».

Che cosa gli chiederebb­e?

«Gli chiederei, innanzitut­to, in che modo posso essergli utile. Sanders è l’unico con una visone politica seria: avrebbe evitato un disastro su scala nazionale con le sue politiche sociali. Sanders rappresent­a la decenza che manca a questa amministra­zione».

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