Corriere della Sera - La Lettura

Robecchi sul confine tra buoni e cattivi

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Chi conosce le storie di Alessandro Robecchi sa che i poliziotti Ghezzi e Carella non hanno fatto carriera non perché non sono bravi detective (tutt’altro) ma perché non sono stati bravi politici di sé stessi (arruffiana­rsi i capi eccetera). In I cerchi nell’acqua, titolo alla Memo Remigi di intonatiss­ima milanesità e malinconia, Ghezzi e Carella sono frontman assoluti. Il romanzo è un monumento al Poliziotto Ignoto (forse lontanamen­te ispirato alla poesia di Pasolini sui poliziotti come figli del popolo), allo sbirro che passa la vita a scarpinare per far trionfare la giustizia e non ha i soldi per comprare la lavatrice nuova quando la vecchia fa acqua. Che, per esigenze di copione lavorativo, spartisce le giornate con «tossici, puttane e travesta». Per non parlare di pusher, assassini e via delinquend­o. Carella e Ghezzi sono impegnati in due indagini non ufficiali, anzi privatissi­me. Ghezzi cerca un ladruncolo (il primo arresto della sua carriera!) sparito misteriosa­mente. Carella è a caccia di un feroce pappone che ha fatto molto male a una brava ragazza. La regola di un buon poliziotto (non prendere mai un’indagine sul personale, è solo lavoro) per lui non vale: «Carella cerca ogni balordo come se gli avesse scopato la fidanzata». Succede che i due si schiavoniz­zano un po’ (farsi giustizia da soli, prendersi licenze indebite) e si ficcano nei guai (a rischio distintivo). Robecchi risolve i due casi con abilità ed eleganza (non solo) giallistic­he. Ma in bocca allo scrittore, ai personaggi e al lettore, resta un sapore amaro. È la tristezza di Ghezzi quando monologa su che fine ha fatto la sua vocazione. Da giovane decise di mettersi sul confine tra buoni e cattivi a fare la guardia. Ora, a «cinquantan­ove anni con la sabbia della clessidra che scivola verso i sessanta», il confine non gli sembra più tanto netto. Sensazione che, mi sbaglierò, non è prerogativ­a esclusiva dei poliziotti.

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Alessandro Robecchi (Milano, 1960)

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