Corriere della Sera - La Lettura

Ecco qui il romanzo più bello del mondo

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Un lettore ha scritto su internet che è il romanzo più bello del mondo. Capisco il suo entusiasmo. Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin è un libro raro.

Buio e luminoso. Sentimenta­le e musicale («Se ti piace un cantante, a forza di cantarne le canzoni acquisisci quasi un legame di parentela»). Freudianam­ente gotico («I soli fantasmi a cui credo sono i ricordi, reali o immaginari che siano»). È un romanzo anche bislacco, a cominciare dal cognome della protagonis­ta, Violette Touissant (in Francia significa chiamarsi come il giorno dei Morti), e dalla sua profession­e (guardiana di un cimitero, dopo essere stata custode di un passaggio a livello). Pieno di personaggi bizzarri (come il becchino che si fa chiamare Elvis Presley, il suo idolo non soltanto canoro, e che battezza i gatti del camposanto con i titoli delle hit di The Pelvis: Spanish Eyes o Tutti frutti). Una Spoon River in cui Violette lustra la tomba di Anna Lave e Benjamin Dahan, la coppia più bella del cimitero, tiene il diario delle esequie («pioggia torrenzial­e… Centovento­tto persone presenti alla sepoltura»), riceve e consola gli afflitti parenti con grappa di prugna, si commuove per una rivista con Johnny Halliday in copertina lasciata in una bara per ultima compagnia. Violette è orfana, sente di essere stata adottata da un libro, Le regole della casa del sidro di John Irving, l’unico romanzo letto (forse senza mai finirlo) in vita sua. Cambiare l’acqua ai fiori è una cavalcata di storie d’amore (disperate soprattutt­o), corale come un film di Lelouch. A volte è una commedia sofisticat­a, a volte «una commedia all’italiana senza la bellezza degli italiani». Alla fine è una grande tragedia, la più grande (raccontata come un noir di Boileau & Narcejac). I romanzi di cui ci s’innamora, scrive Valérie Perrin, si chiudono «col cuore pesante». Succede con questo libro. Ha ragione l’ignoto lettore: è il romanzo più bello del mondo. E merita un doppio voto.

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Valérie Perrin (Gueugnon, 1967)

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