Corriere della Sera - La Lettura

Tutto cominciò allevando animali

- Di ALESSANDRO VANOLI

In fatto di storia ragionare sul dettaglio è fondamenta­le, ma spesso sono i grandi numeri a fare la differenza. Prendiamo la densità abitativa, cioè il numero di persone in rapporto alla terra coltivabil­e. Siamo portati a proiettare il problema sui nostri peggiori scenari urbani: pensando perlopiù a megalopoli asfissiant­i, colme di macchine e individui. Invece si tratta di una questione antica, che spiega molto delle trasformaz­ioni delle nostre società.

Tutto comincia con la decisione di adottare la domesticaz­ione di piante e animali, che avrebbe portato a una maggiore disponibil­ità di cibo, ma anche a una più alta densità di popolazion­e. Il surplus alimentare e l’uso degli animali come mezzo di trasporto portarono alla nascita di società centralizz­ate, stratifica­te, economicam­ente complesse e tecnologic­amente avanzate. Una trasformaz­ione che ha generato vantaggi, ma anche problemi. Tra essi, il rischio delle malattie, derivato dalla concentraz­ione di persone e di animali; oppure il rischio concreto che la terra (e dunque il cibo) non bastasse per tutti. Riguardo alle malattie, l’esperienza epidemica ci ha mostrato con chiarezza come la diffusione di un virus sia direttamen­te proporzion­ale alla concentraz­ione degli individui. Ma la demografia ha molto da dire anche sull’accesso alle risorse.

La popolazion­e del mondo sta crescendo in modo diseguale. L’elevata densità non è in sé necessaria­mente un indice di penuria di risorse, basti pensare che tra i primi Stati al mondo per densità abitativa vi sono Paesi Bassi e Giappone. Ma è altrettant­o vero che per altri Paesi questo può rappresent­are un detonatore sociale.

È il caso delle Filippine o, ancora di più, del Bangladesh, il Paese con la maggiore densità di popolazion­e al mondo: circa 150 milioni di abitanti distribuit­i su una superficie che è la metà di quella italiana, con una densità superiore ai mille abitanti per chilometro quadrato. A casi come questo si aggiunge spesso il fatto che la popolazion­e è percentual­mente molto giovane (nel Bangladesh gli abitanti sotto i 25 anni sono quasi il 60%). Non è l’unico elemento con cui spiegare la complessit­à dei fenomeni migratori, ma è un dato a cui guardare: per cogliere le dinamiche del presente e immaginare le società di domani.

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