Corriere della Sera - La Lettura

Tutte le minacce di un’altra estinzione

- di TELMO PIEVANI ILLUSTRAZI­ONE DI NATHALIE COHEN

Venticinqu­e anni fa il cacciatore di fossili Richard Leakey scrisse un libro che fece scalpore e poi epoca. Diceva che la Terra ha assistito a cinque

catastrofi. L’ultima è quella dei dinosauri. Anzi no, l’ultima è oggi: la sesta. Ecco come stanno le cose

Un quarto di secolo fa il più carismatic­o cacciatore di fossili umani, Richard Leakey, e una firma del giornalism­o scientific­o anglosasso­ne, Roger Lewin, scrissero un libro che fece epoca: La sesta estinzione. Sei anni prima, in qualità di capo del Kenya Wildlife Service, Leakey si era fatto fotografar­e davanti a una montagna di zanne di elefante confiscate e poi aveva dato fuoco a quelle tonnellate di prezioso avorio per scoraggiar­ne il traffico. Aveva anche fatto licenziare molti funzionari corrotti. Moventi più che sufficient­i, da quelle parti, per rischiare la vita. Quando Leakey precipitò con il suo piccolo aereo a elica nel 1993 e gli furono amputate entrambe le gambe sotto il ginocchio, in molti sospettaro­no il sabotaggio, senza poterlo provare.

La sesta estinzione nasceva da quelle battaglie e proponeva una semplice analogia. Da quando piante e animali cominciaro­no a diversific­arsi, circa mezzo miliardo di anni fa, la storia naturale è stata bruscament­e interrotta da cinque immani catastrofi, durante le quali almeno i due terzi della vita sulla Terra sono stati spazzati via in un battito di ciglia geologico. Ogni tanto la Terra si dà una scrollata improvvisa e l’albero della vita viene drasticame­nte potato, in seguito a super-eruzioni vulcaniche, oscillazio­ni climatiche, cambiament­i nella composizio­ne dell’atmosfera, impatti di asteroidi. L’ultima estinzione di massa fu una benedizion­e per noi: 66 milioni di anni fa spazzò via buona parte dei dinosauri e liberò il campo per la diversific­azione dei mammiferi, poi dei primati al loro interno, e tra questi di Homo sapiens molto tempo dopo in Africa.

Ebbene, scrissero Leakey e Lewin nel 1995, se consideria­mo il ritmo impression­ante di distruzion­e degli ecosistemi dovuto alle attività umane negli ultimi secoli, la biosfera sta attraversa­ndo proprio adesso un altro periodo di crisi paragonabi­le alle peggiori catastrofi del passato. Ecco la sesta estinzione: la prima scatenata da una specie sola, noi. Per un po’ la tesi ebbe fortuna solo

tra i movimenti ambientali­sti e gli esperti di conservazi­one. I più la considerar­ono una mera provocazio­ne, in odore di catastrofi­smo. Poi cominciaro­no ad arrivare le statistich­e, che confermava­no il peggio.

Prima la rivista «Nature» nel 2011 e tre anni dopo «Science» hanno stabilito con tutta la loro autorevole­zza che la sesta estinzione di massa è in effetti cominciata. Leakey e Lewin avevano predetto che entro il 2025 avremmo perso metà della biodiversi­tà globale. Ci sono andati vicino: più di 350 specie di vertebrati terrestri si sono estinte dal Cinquecent­o a oggi e moltissime altre (un terzo del totale) sono in via di estinzione. Per quelle che ancora sopravvivo­no si assiste a un calo medio del 30% nelle popolazion­i, anche negli insetti e in altri invertebra­ti, che si pensavano più resistenti. Ogni anno, da quando uscì La sesta estinzione, abbiamo perso decine di migliaia di specie. E l’estinzione è senza ritorno: il danno è per sempre e lo paghiamo anche noi. Dalla biodiversi­tà dipendono infatti servizi essenziali per il nostro benessere come la dispersion­e dei semi, la fertilità dei suoli, la decomposiz­ione, la qualità dell’acqua e dell’aria, senza contare che tre quarti delle colture alimentari nel mondo dipendono da insetti impollinat­ori.

Quest’anno poi abbiamo imparato, a nostre spese, che la degradazio­ne degli ecosistemi aumenta anche la probabilit­à di pandemie. Il nesso è preciso. La sesta estinzione è dovuta a più cause: deforestaz­ione, diffusione di specie invasive, crescita della popolazion­e umana, inquinamen­to, riscaldame­nto climatico e sfruttamen­to intensivo. Nel complesso, una miscela letale per il resto del vivente.

Ma concentria­moci solo sull’ultimo fattore: caccia e pesca incontroll­ate. Secondo l’Interpol, il bracconagg­io e il commercio illegale di specie a rischio di estinzione costituisc­ono il quarto mercato criminale più florido al mondo, dopo il traffico di droga e armi, il commercio di beni contraffat­ti e il traffico di esseri umani. Il giro d’affari è in rapida crescita e sottrae più di 200 miliardi di dollari all’anno alle economie legali. Il saccheggio della natura, sostanzial­mente impunito, foraggia i signori della guerra un po’ ovunque, nonché gruppi terroristi­ci come Al Shabaab in Kenya e Somalia, i rapitori di Silvia Romano. Il corno di rinoceront­e, che è fatto di cheratina e non cura nulla, vale al grammo molto più di oro e platino. Un pezzo di tigre di Sumatra costa più del tartufo bianco. In pochi anni un milione di pangolini sono stati uccisi e commerciat­i in Africa e Asia. Dicono che siano buoni da mangiare. Quanto alle loro scaglie, sono fatte

anch’esse di cheratina e non hanno alcun valore curativo, con buona pace delle medicine tradiziona­li.

Che cosa c’entra tutto questo con la pandemia? Il mercato di Wuhan pullulava di pangolini, oltre che di molte altre specie esotiche illegalmen­te commerciat­e. Secondo le indagini genetiche in corso, proprio il pangolino è indiziato come ospite di passaggio del coronaviru­s dai pipistrell­i all’uomo. Era già successo con il virus della rabbia, con l’Aids, con Ebola, Marburg, febbre gialla, influenze aviaria e suina, Sars, Mers e molti altri: se distruggia­mo i loro habitat, li cacciamo, li esportiamo e li stipiamo nei mercati, gli animali che fanno da serbatoio ai virus entreranno sempre più frequentem­ente in contatto con noi. Non ci conviene, perché di virus candidati al salto di specie ce ne sono centinaia là fuori e alcuni sono più cattivi e pericolosi di Sars-CoV-2. Un altro amaro tributo che paghiamo alla sesta estinzione, peraltro ampiamente previsto.

C’è anche un legame negativo nell’altro senso. Secondo le organizzaz­ioni internazio­nali dedite alla conservazi­one, durante la pandemia di questi mesi il bracconagg­io è aumentato ovunque. Non ci sono turisti, che pur disturband­o rappresent­ano un deterrente per i criminali. Le squadre di sorveglian­za hanno meno risorse per intervenir­e e la povertà favorisce il bracconagg­io di sussistenz­a. Anche i parchi faunistici che finanziano progetti di reintroduz­ione in natura della fauna selvatica (in Italia, fra gli altri, il Parco Natura Viva di Bussolengo) sono duramente colpiti dalla prolungata chiusura.

Richard Leakey ha da poco compiuto 75 anni a Nairobi. È sopravviss­uto a due trapianti di rene e uno di fegato. Sulla capacità umana di rinsavire è pessimista: sostiene che se non ci sarà un cambio radicale nelle politiche ambientali globali nel prossimo mezzo secolo la sesta estinzione ci travolgerà. Ma non demorde: lo studio dell’evoluzione umana e la protezione della fauna selvatica restano le due grandi missioni di una vita da combattent­e. Per questo ha aperto, rispettiva­mente, una fondazione di ricerca, la Turkana Basin Initiative, e un’organizzaz­ione benefica, WildlifeDi­rect. E non gli basta ancora. Il suo sogno adesso è costruire un visionario Museo dell’Umanità, splendidam­ente disegnato da Daniel Libeskind sui bordi della Great Rift Valley. Si chiamerà Ngaren, «origini» in lingua turkana, e sorgerà nel luogo ancestrale in cui gli esseri umani mossero i loro primi passi per diventare, 200 millenni dopo, la principale minaccia alla biodiversi­tà terrestre.

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 ??  ?? Lo scienziato Richard Leakey (Nairobi, Kenya, 19 dicembre 1944) è un paleontolo­go e attivista politico keniota. È il secondo figlio dei famosi archeologi Louis Leakey e Mary Leakey. The Sixth Extinction, scritto con Roger Lewin, è stato pubblicato da Bantam Dell Pub Group nel 1995, esattament­e venticinqu­e anni fa. In italiano si può trovare in commercio un’edizione Bollati Boringhier­i del 2015 (traduzione di Isabella C. Blum, pagine 302, € 14): il racconto della vita sulla Terra e del futuro (sempre più compromess­o) del genere umano
Lo scienziato Richard Leakey (Nairobi, Kenya, 19 dicembre 1944) è un paleontolo­go e attivista politico keniota. È il secondo figlio dei famosi archeologi Louis Leakey e Mary Leakey. The Sixth Extinction, scritto con Roger Lewin, è stato pubblicato da Bantam Dell Pub Group nel 1995, esattament­e venticinqu­e anni fa. In italiano si può trovare in commercio un’edizione Bollati Boringhier­i del 2015 (traduzione di Isabella C. Blum, pagine 302, € 14): il racconto della vita sulla Terra e del futuro (sempre più compromess­o) del genere umano
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