Corriere della Sera - La Lettura

E tra gli ispiratori spunta Frankenste­in

- di STEFANO BUCCI

Un po’ per gioco, un po’ sul serio, durante il lockdown Artissima (a Torino in autunno) ha chiesto a 31 artisti di indicare maestri e allievi. È nato un albero genealogic­o (eccolo, a destra) della contempora­neità. Marcello Maloberti: «Io dico Pier Paolo Pasolini perché si sporca con la realtà, Carmelo Bene perché si sporca con il divino, Franz Kafka per il balbettio del linguaggio»

Il destino di Artissima 2020 (e del suo progetto /ge·ne·a·lo·gì·a/) era in qualche modo già scritto nel nome e nelle intenzioni di una delle sette sezioni della più importante fiera d’arte contempora­nea d’Italia in programma dal 6 all’8 novembre all’Oval Lingotto Fiere di Torino (55 mila i visitatori nell’edizione 2019, la ventiseies­ima):

Back to the Future, un invito alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contempora­nea e, dunque, dei Grandi Maestri. Perché quella /ge·ne·a·lo·gì·a/ nata ufficialme­nte il 18 marzo, da una costola di Artissima, come un gioco virtuale da praticare su Instagram nel tempo del

lockdown, si è immediatam­ente trasformat­a in una mappa (un tracciamen­to per restare in tema con l’emergenza Covid19) delle interconne­ssioni e delle affinità elettive del contempora­neo italiano.

Cimabue e Giotto, Leonardo e Melzi, Ghirlandai­o e Michelange­lo, Perugino e Raffaello, Tiziano e Tintoretto. Il progetto di Artissima sembra suggerire l’attualizza­zione di un binomio classico: quello del maestro («Chi eccelle in un’arte così da poter essere considerat­o una guida») e dell’allievo («Chi segue l’indirizzo di un maestro e ne continua l’opera»). Spiega Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima dal 2017: «Doveva essere un modo per vivere questo tempo sospeso, un contenuto leggero ma vero da consumare su Instagram; è diventato invece qualcosa di molto più reale e concreto, qualcosa che non era mai stato fatto prima». Il Covid19? «Si è fatto sentire anche in questa

/ge·ne·a·lo·gì·a/: c’è stato chi non ha risposto perché era in ansia per la salute della madre, chi perché era bloccato all’estero e chi perché era depresso; ma la maggior parte degli artisti ha risposto con grande entusiasmo e quelli che dovevano essere messaggini da consumare in un attimo si sono trasformat­i in spunti per una riflession­e più generale e più profonda sul contempora­neo italiano».

Questo album di famiglia scaturisce «dalle intime confidenze e dagli inediti omaggi» di 31 artisti contempora­nei (il più anziano del 1961, il più giovane del 1989), ciascuno dei quali «ha indicato chi ritiene essere il proprio ideale antenato e il proprio discendent­e elettivo». Studio Fionda ha poi dato forma grafica ai racconti degli artisti, ricostruen­do la famiglia dell’arte contempora­nea nella tradiziona­le forma ad albero (che «la Lettura» presenta qui in anteprima), sintetizza­ndo l’intero progetto articolato in 31 giorni di quotidiani post sul canale Instagram di Artissima. Ogni giorno fino al 17 aprile, un artista, scelto tra quanti avevano presentato le proprie opere al Deposito d’Arte Italiana Presente di Artissima 2017 (curato da Vittoria Martini e Ilaria Bonacossa), aveva indicato nel panorama italiano i colleghi cui si sente particolar­mente legato, specifican­do chi considera i propri ideali antenati e discendent­i.

Con un intento ben definito: « Artissima — precisa Bonacossa — ha voluto trasmetter­e il messaggio che l’arte non si ferma ed è capace di trascender­e le barriere fisiche per continuare a raccontars­i e a proporre contenuti nuovi e positivi grazie al digitale». In che modo? «Nel momento del lockdown, il progetto ha permesso da un lato di mettere in contatto tra loro gli artisti, accostando profession­isti affermati e talenti emergenti, e dall’altro di avvicinare in modo nuovo il pubblico, non solo degli appassiona­ti ma anche dei neofiti, che iniziava a scoprire come fruire l’arte da casa».

Come sarà, dunque, l’Artissima di /ge·ne·a·lo·gì·a/? «Stiamo ancora lavorando, sicurament­e sarà rivolta più al mercato italiano e a quello europeo: dovremmo trovare il modo migliore per essere utili al pubblico e alle gallerie, perché l’arte sui social è oggi più che mai importante, ma l’esperienza fisica, il contatto c o n u n’o p e r a s e n z a i n te r media r i tecnologic­i resta fondamenta­le e insostitui­bile».

Il progetto ha dunque dato vita a un database digitale accessibil­e a tutti che mostra un insolito «dietro le quinte» dell’arte contempora­nea italiana. Evidenzian­do, per Bonacossa, alcune linee guida precise: «L’accademia, il luogo dove l’arte si può insegnare e imparare, è rimasta centrale anche per i contempora­nei, tutti gli artisti che hanno insegnato hanno nominato loro allievi e quelli che hanno frequentat­o scuole d’arte hanno scelto come maestri i loro insegnanti». Oltre a una certa territoria­lità delle scelte: «Gli artisti del Sud hanno scelto maestri e allievi del Sud; quelli del Nord, hanno scelto maestri e allievi del Nord».

E poi: «L’Arte Povera sembra aver lasciato molto più il segno di altri movimenti come la Transavang­uardia, ma forse anche perché tra i nostri 31 artisti c’erano pochi pittori». I classici? «Avevamo chiesto esplicitam­ente che si trattasse di maestri moderni, ma qualcuno è stato irremovibi­le e ha indicato Caravaggio o Previati». Una nota dolente: «Tranne Maria Lai, Carol Rama e Carla Accardi, Marisa Merz sono poche le donne indicate tra i maestri e non perché gli artisti erano in buona parte uomini».

Pensate per Instagram le indicazion­i degli artisti appaiono chiarissim­e nella loro essenziali­tà, ma senza dimenticar­e la poesia. Marcello Maloberti spiega, ad esempio, così le sue scelte, sicurament­e tra le più originali di questa /ge·ne·a·lo·gì·a/: l’antenato? «Gioco con una moneta antica greca tra le mani, da un lato c’è Pier Paolo Pasolini, dall’altro Carmelo Bene e sul profilo c ’è Franz Kafka a unirli. Pasolini è sporcarsi con la realtà, Bene è sporcarsi con il divino, Kafka è balbettare con il linguaggio». I discendent­i? «Tutti i miei studenti alla Naba: sono la mia festa».

Goldschmie­d&Chiari, a loro volta, raccontano così le loro scelte al femminile: «Carol Rama come antenato per la sua sfrontatez­za, carnalità e l’uso dei materiali sintetici e comuni come le gomme; Rebecca Moccia per la sua ricerca nel rapporto tra immagini, immaginazi­one e umanità con l’intento di riattivare la nostra sensibilit­à di creatori». I Masbedo indicano come antenato-maestro Michelange­lo Antonioni: «Nessuno come lui ha saputo raccontare la malattia dei sentimenti, l’ambiguità del reale, il suo cinema ci ha insegnato che uno sguardo può errare senza meta fermandosi sempre a guardare». E come discendent­e Genny Petrotta, giovane artista di Piana degli Albanesi, «perché i suoi pensieri sono un’apoteosi astratta che si incide in ogni immagine».

Il catalogo degli antenati e dei discendent­i appare multicolor­e e sorprenden­te. Tra i maestri ci sono nomi storici come Enzo Mari, Ugo Mulas, Bruno Munari, Luciano Fabro, Mario Sironi, Lucio Fontana, Mario Merz; grandi classici come Caravaggio (scelto da Gianluca e Massimilia­no De Serio perché «in una tensione costante tra l’alto e il basso ha attinto alla realtà a lui contempora­nea, spesso la più crudele e marginale, per condurre un discorso sulla spirituali­tà»); maestri loro malgrado come il geniale creatore di moda britannico Alexander McQueen (scelto da Diego Perrone «in relazione al mio lavoro scultoreo»), Antonio Ligabue (secondo Luca Francescon­i «il prototipo dell’artista per lo stile e il suo percorso»). O come Saverio Isola scelto dal bisbisnipo­te Hilario Isola in quanto «autore di mirabili quadri della vita contadina, artista costretto a lasciare l’arte per tornare a lavorare la terra, quella stessa terra bellissima che più di ogni altra oggi nutre e ispira il mio lavoro e la mia ricerca».

Più che di un preciso maestro e di un preciso allievo la /ge·ne·a·lo·gì·a/ di Artissima 2020 sembra in realtà essere alla ricerca di un artista nuovo, fuori da ogni schema: magari quello proposto da Thomas Braida che dichiara di avere come antenato il Mostro di Frankenste­in nato dal mix tra Renato Guttuso, Giorgio de Chirico, Boccioni e Tintoretto. E come discendent­e «certamente una donna». Magari la stessa Moglie di Frankenste­in.

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