Corriere della Sera - La Lettura
E tra gli ispiratori spunta Frankenstein
Un po’ per gioco, un po’ sul serio, durante il lockdown Artissima (a Torino in autunno) ha chiesto a 31 artisti di indicare maestri e allievi. È nato un albero genealogico (eccolo, a destra) della contemporaneità. Marcello Maloberti: «Io dico Pier Paolo Pasolini perché si sporca con la realtà, Carmelo Bene perché si sporca con il divino, Franz Kafka per il balbettio del linguaggio»
Il destino di Artissima 2020 (e del suo progetto /ge·ne·a·lo·gì·a/) era in qualche modo già scritto nel nome e nelle intenzioni di una delle sette sezioni della più importante fiera d’arte contemporanea d’Italia in programma dal 6 all’8 novembre all’Oval Lingotto Fiere di Torino (55 mila i visitatori nell’edizione 2019, la ventiseiesima):
Back to the Future, un invito alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea e, dunque, dei Grandi Maestri. Perché quella /ge·ne·a·lo·gì·a/ nata ufficialmente il 18 marzo, da una costola di Artissima, come un gioco virtuale da praticare su Instagram nel tempo del
lockdown, si è immediatamente trasformata in una mappa (un tracciamento per restare in tema con l’emergenza Covid19) delle interconnessioni e delle affinità elettive del contemporaneo italiano.
Cimabue e Giotto, Leonardo e Melzi, Ghirlandaio e Michelangelo, Perugino e Raffaello, Tiziano e Tintoretto. Il progetto di Artissima sembra suggerire l’attualizzazione di un binomio classico: quello del maestro («Chi eccelle in un’arte così da poter essere considerato una guida») e dell’allievo («Chi segue l’indirizzo di un maestro e ne continua l’opera»). Spiega Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima dal 2017: «Doveva essere un modo per vivere questo tempo sospeso, un contenuto leggero ma vero da consumare su Instagram; è diventato invece qualcosa di molto più reale e concreto, qualcosa che non era mai stato fatto prima». Il Covid19? «Si è fatto sentire anche in questa
/ge·ne·a·lo·gì·a/: c’è stato chi non ha risposto perché era in ansia per la salute della madre, chi perché era bloccato all’estero e chi perché era depresso; ma la maggior parte degli artisti ha risposto con grande entusiasmo e quelli che dovevano essere messaggini da consumare in un attimo si sono trasformati in spunti per una riflessione più generale e più profonda sul contemporaneo italiano».
Questo album di famiglia scaturisce «dalle intime confidenze e dagli inediti omaggi» di 31 artisti contemporanei (il più anziano del 1961, il più giovane del 1989), ciascuno dei quali «ha indicato chi ritiene essere il proprio ideale antenato e il proprio discendente elettivo». Studio Fionda ha poi dato forma grafica ai racconti degli artisti, ricostruendo la famiglia dell’arte contemporanea nella tradizionale forma ad albero (che «la Lettura» presenta qui in anteprima), sintetizzando l’intero progetto articolato in 31 giorni di quotidiani post sul canale Instagram di Artissima. Ogni giorno fino al 17 aprile, un artista, scelto tra quanti avevano presentato le proprie opere al Deposito d’Arte Italiana Presente di Artissima 2017 (curato da Vittoria Martini e Ilaria Bonacossa), aveva indicato nel panorama italiano i colleghi cui si sente particolarmente legato, specificando chi considera i propri ideali antenati e discendenti.
Con un intento ben definito: « Artissima — precisa Bonacossa — ha voluto trasmettere il messaggio che l’arte non si ferma ed è capace di trascendere le barriere fisiche per continuare a raccontarsi e a proporre contenuti nuovi e positivi grazie al digitale». In che modo? «Nel momento del lockdown, il progetto ha permesso da un lato di mettere in contatto tra loro gli artisti, accostando professionisti affermati e talenti emergenti, e dall’altro di avvicinare in modo nuovo il pubblico, non solo degli appassionati ma anche dei neofiti, che iniziava a scoprire come fruire l’arte da casa».
Come sarà, dunque, l’Artissima di /ge·ne·a·lo·gì·a/? «Stiamo ancora lavorando, sicuramente sarà rivolta più al mercato italiano e a quello europeo: dovremmo trovare il modo migliore per essere utili al pubblico e alle gallerie, perché l’arte sui social è oggi più che mai importante, ma l’esperienza fisica, il contatto c o n u n’o p e r a s e n z a i n te r media r i tecnologici resta fondamentale e insostituibile».
Il progetto ha dunque dato vita a un database digitale accessibile a tutti che mostra un insolito «dietro le quinte» dell’arte contemporanea italiana. Evidenziando, per Bonacossa, alcune linee guida precise: «L’accademia, il luogo dove l’arte si può insegnare e imparare, è rimasta centrale anche per i contemporanei, tutti gli artisti che hanno insegnato hanno nominato loro allievi e quelli che hanno frequentato scuole d’arte hanno scelto come maestri i loro insegnanti». Oltre a una certa territorialità delle scelte: «Gli artisti del Sud hanno scelto maestri e allievi del Sud; quelli del Nord, hanno scelto maestri e allievi del Nord».
E poi: «L’Arte Povera sembra aver lasciato molto più il segno di altri movimenti come la Transavanguardia, ma forse anche perché tra i nostri 31 artisti c’erano pochi pittori». I classici? «Avevamo chiesto esplicitamente che si trattasse di maestri moderni, ma qualcuno è stato irremovibile e ha indicato Caravaggio o Previati». Una nota dolente: «Tranne Maria Lai, Carol Rama e Carla Accardi, Marisa Merz sono poche le donne indicate tra i maestri e non perché gli artisti erano in buona parte uomini».
Pensate per Instagram le indicazioni degli artisti appaiono chiarissime nella loro essenzialità, ma senza dimenticare la poesia. Marcello Maloberti spiega, ad esempio, così le sue scelte, sicuramente tra le più originali di questa /ge·ne·a·lo·gì·a/: l’antenato? «Gioco con una moneta antica greca tra le mani, da un lato c’è Pier Paolo Pasolini, dall’altro Carmelo Bene e sul profilo c ’è Franz Kafka a unirli. Pasolini è sporcarsi con la realtà, Bene è sporcarsi con il divino, Kafka è balbettare con il linguaggio». I discendenti? «Tutti i miei studenti alla Naba: sono la mia festa».
Goldschmied&Chiari, a loro volta, raccontano così le loro scelte al femminile: «Carol Rama come antenato per la sua sfrontatezza, carnalità e l’uso dei materiali sintetici e comuni come le gomme; Rebecca Moccia per la sua ricerca nel rapporto tra immagini, immaginazione e umanità con l’intento di riattivare la nostra sensibilità di creatori». I Masbedo indicano come antenato-maestro Michelangelo Antonioni: «Nessuno come lui ha saputo raccontare la malattia dei sentimenti, l’ambiguità del reale, il suo cinema ci ha insegnato che uno sguardo può errare senza meta fermandosi sempre a guardare». E come discendente Genny Petrotta, giovane artista di Piana degli Albanesi, «perché i suoi pensieri sono un’apoteosi astratta che si incide in ogni immagine».
Il catalogo degli antenati e dei discendenti appare multicolore e sorprendente. Tra i maestri ci sono nomi storici come Enzo Mari, Ugo Mulas, Bruno Munari, Luciano Fabro, Mario Sironi, Lucio Fontana, Mario Merz; grandi classici come Caravaggio (scelto da Gianluca e Massimiliano De Serio perché «in una tensione costante tra l’alto e il basso ha attinto alla realtà a lui contemporanea, spesso la più crudele e marginale, per condurre un discorso sulla spiritualità»); maestri loro malgrado come il geniale creatore di moda britannico Alexander McQueen (scelto da Diego Perrone «in relazione al mio lavoro scultoreo»), Antonio Ligabue (secondo Luca Francesconi «il prototipo dell’artista per lo stile e il suo percorso»). O come Saverio Isola scelto dal bisbisnipote Hilario Isola in quanto «autore di mirabili quadri della vita contadina, artista costretto a lasciare l’arte per tornare a lavorare la terra, quella stessa terra bellissima che più di ogni altra oggi nutre e ispira il mio lavoro e la mia ricerca».
Più che di un preciso maestro e di un preciso allievo la /ge·ne·a·lo·gì·a/ di Artissima 2020 sembra in realtà essere alla ricerca di un artista nuovo, fuori da ogni schema: magari quello proposto da Thomas Braida che dichiara di avere come antenato il Mostro di Frankenstein nato dal mix tra Renato Guttuso, Giorgio de Chirico, Boccioni e Tintoretto. E come discendente «certamente una donna». Magari la stessa Moglie di Frankenstein.