Corriere della Sera - La Lettura

I festival del Sud: salviamo l’estate salviamo il teatro

Sfide Da Napoli a Siracusa, per risalire fino a Spoleto: nuovi luoghi, nuove regole per stare all’aperto insieme

- Di EMILIA COSTANTINI

Dopo il lungo sonno-incubo della pandemia, i teatri del Sud si risveglian­o. E i direttori dei tre più importanti eventi scenici estivi annunciano, con le dovute cautele, i loro progetti: Roberto Andò, per il Mercadante di Napoli; Ruggero Cappuccio, per il Napoli Teatro Festival; Antonio Calbi per il Teatro Greco di Siracusa.

Esordisce Andò: «La rassegna al Teatro Grande di Pompei è rimandata al 2021. Impossibil­e realizzarl­a quest’anno, avrebbe avuto costi insostenib­ili. A causa dell’emergenza ancora non esaurita, non avremmo potuto ospitare le già previste compagnie straniere e avremmo dovuto avere un contenuto afflusso di pubblico, con uno scarso riscontro al botteghino. Ma non ci arrendiamo: sto esplorando la possibilit­à di recuperare spettacoli, pronti a debuttare nei mesi scorsi, che sposteremo al Mastio Angioino a luglio. In programma: La Chunga di Vargas Llosa, con la regia di Pappi Corsicato; Week end di Ruccello, diretto da Lamanna, e ’ O tuono ’e marzo di Eduardo Scarpetta diretto da Luconi. Sulla terrazza del Mastio è possibile accogliere 300 persone e, portando in scena progetti operativi, la spesa è accettabil­e. Il teatro all’aperto ci consente di rompere il ghiaccio».

Un momento difficile, per i teatranti. «Assolutame­nte sì. Siamo chiamati — ribatte Andò — a tenere in piedi una situazione che presenta incognite. Ma questo è solo l’inizio: in autunno comincia una stagione complicati­ssima. Come si fa a proporre al pubblico abbonament­i al Mercadante o al San Ferdinando? Ho pensato di dividere il cartellone in due fasi. Fino a dicembre: nostre produzioni di repertorio, niente ospitalità. Ma siccome il virus circolerà ancora, nei teatri al chiuso occorre ripensare gli spazi. È deprimente, per gli attori, vedere una platea semivuota, quindi la svuotiamo e diventa palcosceni­co. Sui palchi un massimo di due coppie di spettatori, magari divisi da lastre in plexiglass. Da gennaio, la seconda fase più libera e, se si può tornare a viaggiare, con ospitalità straniere. Bisogna preservare la relazione magica tra chi recita e il pubblico, altrimenti la riapertura sarà un flop. Siamo pronti a una sfida o il sistema si ferma».

Ruggero Cappuccio ragiona: «Se dovessimo dare un titolo a questo periodo, potrebbe essere: il coraggio e la paura. La natura ha reclamato i suoi diritti. L’universo è come una grande orchestra, dove il rispetto dei tempi è fondamenta­le: quando un’orchestra va fuori tempo, il direttore la ferma. È quello che è accaduto con il coronavi

rus: ha fermato il nostro tempo compulsivo, frenetico. Siamo stati bloccati dal lockdown e, paradossal­mente, siamo diventati padroni della nostra giornata, sentendoci smarriti. Nei prossimi mesi ci vorrà molta lucidità per fronteggia­re un sistema alterato, dove tutto è declinato al condiziona­le: non possiamo dire io faccio, io voglio; ma io farei, io vorrei».

Occorre essere cauti nel programmar­e un festival? «Sono contrario ai messaggi autodistru­ttivi, non si vince una battaglia dicendo in anticipo che la perderemo. Abbiamo fronteggia­to l’emergenza, ora dobbiamo fronteggia­re l’entusiasmo che avvolgerà tutti nel voler fare. Ma il teatro se sta fermo si arrugginis­ce: la prima fase del Napoli Teatro Festival, che occupa 994 lavoratori campani, riparte dal 1° al 31 luglio, rispettand­o le regole, con la prudenza necessaria».

Difficile rispettare le regole in teatro? «Possiamo rappresent­are gli spettacoli in luoghi aperti: pensiamo alla Reggia di Capodimont­e, al Palazzo Reale in piazza del Plebiscito, Castel dell’Ovo, il Mastio Angioino, posti meraviglio­si che daranno sicurezza al pubblico. Però mi chiedo: se in un ristorante è possibile mangiare a un solo metro di distanza dall’altro commensale, perché gli attori in palcosceni­co non possono recitare a un metro di distanza l’uno dall’altro?».

Tra gli spettacoli già previsti? «Silvio Orlando, protagonis­ta de La vita davanti a sé dal romanzo di Gary; Carrozzeri­a Orfeo con Miracoli metropo

litani; Teatri Uniti con The Red Lion; Sandro Lombardi in Antichi maestri di Bernhard, regia di Federico Tiezzi; Vinicio Marchioni nel Caligo

la di Camus. Poi Rua Catalana, un trittico di autori, Galleran, Cedò e Pau Mirò; l’Elfo Puccini con

The Laramie project di Kauffman. Un concerto con Avitabile e Delbono, Bestemmia d’amore, e uno di musica sacra di Roberto De Simone». Tutti artisti italiani. «Per gli stranieri se ne parla a settembre con il greco Dimitris Papaioanno­u, il polacco Lupa con Capri Island dal romanzo Ka

putt di Malaparte e Resurrexit Cassandra diretto da Jan Fabre».

Nell’estremo Sud rinasce il Teatro Greco di Siracusa: «In questo luogo — spiega il sovrintend­ente Calbi — lo spettacolo ritrova il suo grado zero, la sua verità. Si inizia al tramonto in un teatro scolpito nella roccia: è una cerimonia laica, culturale e civile. La creazione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico, che compie 106 anni, è il primo esempio di valorizzaz­ione di un bene archeologi­co: una festa sociale per Siracusa, quindi il Teatro Greco non può restare chiuso. Spostiamo la stagione prevista al 2021 e proponiamo un programma nuovo dal 10 luglio a fine agosto, intitolato Per voci sole. Si apre con un evento di Piovani, L’isola della luce, dramma musicale dedicato al mito di Apollo, con Tosca e Massimo Popolizio; si chiude con l’artista romeno Mircea Cantor. In mezzo, «cerimonie con at

tore e musica», monologhi con i protagonis­ti di teatro e cinema, tra cui Lella Costa, Laura Morante, Isabella Ragonese, che non hanno mai recitato a Siracusa e che interpreta­no testi di Ritsos e Yourcenar». Però, non più i soliti 5 mila spettatori. «Ovviamente no. Solo 480 persone, che sistemiamo sul palco. I gradini della cavea diventano la scena: un’agorà aperta a tutti, il teatro è il primo social inventato dall’uomo. Sarà un’estate speciale, provando a immaginare il futuro».

Non si trova a Sud, ma anche il Festival di Spoleto non rinuncia a rialzare i sipari all’aperto: piazza del Duomo e Teatro Romano. «Abbiamo fissato le date dal 27 al 30 agosto — spiega il direttore Giorgio Ferrara — ma sto lavorando anche per il weekend precedente. In programma,

Le creature di Prometeo, unica opera di Beethoven per il balletto, della Fondazione Carlo Felice di Genova. Monica Bellucci è protagonis­ta di

Maria Callas. Lettere e memorie, regia di Volf. Poi il recital della pianista Beatrice Rana. E Riccardo Muti dirigerà il concerto finale: mi auguro che la Rai lo trasmetta in diretta. A conclusion­e del mio mandato, sono felice di poter annunciare questi eventi straordina­ri, che fanno ben sperare in un grandioso futuro del festival».

 ??  ?? Da sinistra: Roberto Andò (Palermo, 11 gennaio 1959), Ruggero Cappuccio (Torre del Greco, Napoli, 19 gennaio 1964), Antonio Calbi (Tricarico, Matera, 25 ottobre 1963) e Giorgio Ferrara (Roma, 19 gennaio 1947)
Da sinistra: Roberto Andò (Palermo, 11 gennaio 1959), Ruggero Cappuccio (Torre del Greco, Napoli, 19 gennaio 1964), Antonio Calbi (Tricarico, Matera, 25 ottobre 1963) e Giorgio Ferrara (Roma, 19 gennaio 1947)

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