Corriere della Sera - La Lettura

C’è un inferno che non ti fa attraversa­re la strada

L’ispettore irregolare di Daniele Bresciani e una storia milanese di bambini scomparsi

- Di ROBERTO IASONI

Apprezzato ispettore della Questura centrale di Milano fino al giorno in cui, per avere attaccato al muro un losco collega, viene esiliato in un commissari­ato periferico, Dario Miranda è prossimo alla pensione. Vive da solo in un bilocale di viale Suzzani, poco meno che un presidio di frontiera esposto verso il Parco Nord. È un pezzo d’uomo alto quasi due metri. I capelli sono grigi. Ha la barba di qualche giorno e gli occhi, neri, sono circondati da due aloni scuri: la faccia scabra di chi, di fronte al male, non abbassa lo sguardo.

Ha smesso di illudersi: sa che è più facile aggiustare il destino degli animali feriti, raccolti nel parco, che quello degli uomini, ma al dovere della responsabi­lità non si abdica. La porta dell’inferno si apre una mattina uguale a tante altre: due morti e un brutto investimen­to. Ma quella donna in fin di vita, falciata mentre attraversa la strada, lui la conosce...

Comincia così Anime trasparent­i (Garzanti), il terzo romanzo di Daniele Bresciani. Un’indagine nell’orrore di un fenomeno tanto imponente quanto sconosciut­o, o rimosso. Miranda lo sintetizza così: «Ogni 48 ore in Italia scompare un bambino, sono quasi 180 all’anno. E di questi, quattro su cinque non vengono più ritrovati. Finiscono nelle mani di chi li sfrutta come manodopera o come oggetti sessuali». In gran parte sono piccoli di famiglie fuggite dalla povertà dei Paesi d’origine, clandestin­i di cui nessuno chiede conto. Anime invisibili — appunto — per tutti, tranne che per Gloria, la donna che un pirata ha strappato alla Casa dei cento bambini, l’asilo abusivo che dà accoglienz­a e dignità ai senza cittadinan­za.

L’intreccio, calato in uno scenario da incubo, è tenuto a bada da una solida struttura ritmica e dall’ironia, che fa da contrappes­o all’angoscia. Poliziesco milanese? Per la nascita dell’autore e l’accuratezz­a toponomast­ica, può darsi. Ma non è granché come visto per una presunta «scuola» locale. E l’omaggio a Enzo Jannacci (è alla disperata Son sciopaa che si riferisce Miranda quando si appella a una «vecchia canzone» per rivendicar­e il diritto di spendere i suoi soldi come gli pare) non chiude il discorso.

I nomi che si potrebbero fare, semmai, sono altri e portano più lontano. Se la diffidenza dell’ispettore per i magistrati, compresi i migliori, rimanda a

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy