Corriere della Sera - La Lettura
C’è un inferno che non ti fa attraversare la strada
L’ispettore irregolare di Daniele Bresciani e una storia milanese di bambini scomparsi
Apprezzato ispettore della Questura centrale di Milano fino al giorno in cui, per avere attaccato al muro un losco collega, viene esiliato in un commissariato periferico, Dario Miranda è prossimo alla pensione. Vive da solo in un bilocale di viale Suzzani, poco meno che un presidio di frontiera esposto verso il Parco Nord. È un pezzo d’uomo alto quasi due metri. I capelli sono grigi. Ha la barba di qualche giorno e gli occhi, neri, sono circondati da due aloni scuri: la faccia scabra di chi, di fronte al male, non abbassa lo sguardo.
Ha smesso di illudersi: sa che è più facile aggiustare il destino degli animali feriti, raccolti nel parco, che quello degli uomini, ma al dovere della responsabilità non si abdica. La porta dell’inferno si apre una mattina uguale a tante altre: due morti e un brutto investimento. Ma quella donna in fin di vita, falciata mentre attraversa la strada, lui la conosce...
Comincia così Anime trasparenti (Garzanti), il terzo romanzo di Daniele Bresciani. Un’indagine nell’orrore di un fenomeno tanto imponente quanto sconosciuto, o rimosso. Miranda lo sintetizza così: «Ogni 48 ore in Italia scompare un bambino, sono quasi 180 all’anno. E di questi, quattro su cinque non vengono più ritrovati. Finiscono nelle mani di chi li sfrutta come manodopera o come oggetti sessuali». In gran parte sono piccoli di famiglie fuggite dalla povertà dei Paesi d’origine, clandestini di cui nessuno chiede conto. Anime invisibili — appunto — per tutti, tranne che per Gloria, la donna che un pirata ha strappato alla Casa dei cento bambini, l’asilo abusivo che dà accoglienza e dignità ai senza cittadinanza.
L’intreccio, calato in uno scenario da incubo, è tenuto a bada da una solida struttura ritmica e dall’ironia, che fa da contrappeso all’angoscia. Poliziesco milanese? Per la nascita dell’autore e l’accuratezza toponomastica, può darsi. Ma non è granché come visto per una presunta «scuola» locale. E l’omaggio a Enzo Jannacci (è alla disperata Son sciopaa che si riferisce Miranda quando si appella a una «vecchia canzone» per rivendicare il diritto di spendere i suoi soldi come gli pare) non chiude il discorso.
I nomi che si potrebbero fare, semmai, sono altri e portano più lontano. Se la diffidenza dell’ispettore per i magistrati, compresi i migliori, rimanda a