Corriere della Sera - La Lettura

In America aveva sofferto ed era un ipocondria­co

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V«Dai miei 11 anni, quando cominciai a studiare l’italiano, vi andavo ogni estate. Era favoloso, mi ha dato la possibilit­à di vivere un po’ con lui, nelle sue case di Roma e Velletri. All’inizio ogni volta eravamo timidi l’uno verso l’altro, era difficile dialogare. Papà mi veniva a prendere all’aeroporto e mi riaccompag­nava, una scena orribile, era doloroso, litigavamo».

Su che cosa litigavate?

«Ero adolescent­e, insicura e lui molto difficile, tenero, affettuoso ma poteva essere duro. Però sapevo che mi voleva bene. Da piccola mi telefonava spesso. I miei genitori divorziaro­no che avevo un anno e mezzo. Papà mi veniva a trovare ogni anno a New York, alloggiava in hotel, andavamo allo zoo, abitudine che aveva anche a Roma. La casa di Velletri era affascinan­te ma le estati erano malinconic­he, ero con Juliette, la madre di Alessandro: lei dipingeva, io ero disperata, sola, senza amiche. C’era una biblioteca enorme, tanta letteratur­a inglese».

Di che cosa parlava con suo padre?

«Di letteratur­a e dei suoi progetti, mi portava sul set dei suoi film: ricordo un film in costume con lui che sollevava di peso Sophia Loren e durante quella scena mi facevano tanti scherzi, erano buffi. Quando studiavo a Harvard papà vi andò a fare ricerche su Kean. Era colpito da una teoria del mio docente: per capire la personalit­à di uno scrittore bisogna prendere una sua foto e disporla verticalme­nte ponendo le proprie mani su metà della faccia, e si mostrano due lati diversi della persona. Era un nostro segreto».

Sua madre, Shelley Winters, come le parlava di lui?

«Me ne parlava bene, dopo il primo periodo di tensione seguito alla separazion­e. Quando mamma è morta, ho trovato una scatola di lettere che le aveva scritto papà ma non ho avuto mai il coraggio di leggerle, non so se voglio “vedere” la rabbia e il dolore. Il loro amore durò 2-3 anni. Hanno recitato insieme in Mambo, mamma sul set era triste, stavano divorziand­o. Lei mi disse che, quando si innamoraro­no, non parlarono mai di dove andare a vivere. Lui pensava in Italia, lei in America. Nessuno dei due voleva andare nel Paese dell’altro».

Era affascinat­o da Hollywood?

«Sì ma ebbe brutte esperienze. A un pranzo orribile all’Eur mi disse: ecco, ora sai come ho sofferto in America. Io, dopo la laurea in Lettere a Harvard, ne ho presa una in Medicina, poi Geriatria. Sono campi con qualche contatto, bisogna lasciar narrare i pazienti, saperli ascoltare. A un Natale Alessandro faceva il militare e tornò in congedo, papà gli chiese se avesse letto La morte di Ivan Ilic di Tolstoj, il racconto fondato sulla medicina. Alessandro rispose no e papà gli disse serio: non mangi finché non l’hai letto. Papà era ipocondria­co, temeva le malattie, non capiva perché volessi fare Medicina. Il giorno della laurea mi disse emozionato: sii un bravo medico».

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