Corriere della Sera - La Lettura

MA CHE STRANO POSTO LA CASA

- Di DANIELE GIGLIOLI

Ecosì anche la casa, l’oggetto più familiare su cui dovremmo contare, è diventata weird, strana, inquietant­e, fantasmati­ca, secondo la rideclinaz­ione che di questo comunissim­o aggettivo inglese ha dato il grande Mark Fisher recentemen­te scomparso. Ma non è stato sempre così? E i racconti di fantasmi? E non succedevan­o strane cose nelle case della tragedia greca? Non in queste proporzion­i, non come caso concreto (il problema abitativo mondiale) e insieme come metafora globale (confini irti di fini spinati eppure sempre superabili da soldi, virus, e anche, buoni ultimi, esseri umani disperati), risponde Gianluca Didino, brillante e informatis­simo saggista, in Essere senza casa. Sulla condizione di vivere in tempi strani (minimum fax, pp. 172, € 15).

Didino parte da sé: un italiano espatriato a Londra, città dove per vivere decentemen­te occorre almeno il reddito di un petroliere uzbeko. E poi esplora a raggera fatti reali e prodotti dell’imaginario, film, romanzi, canzoni, saggi di ogni ordine e grado. Tutto combacia nel quadro dello «strano». È l’unica cosa su cui siamo tutti d’accordo. Ma non per questo è un luogo comune. Che al mondo ci siano oggi più rifugiati che dopo la Seconda guerra mondiale è un duro fatto. Che la maggior parte non sia da noi ma nel cosiddetto Terzo mondo, eppure qui c’è qualcuno che si sente «invaso» ( haunted, infestato, come si dice delle case stregate), è invece un intreccio tra un altro duro fatto e una storia di fantasmi, che però produce effetti e passioni reali. Tutto intrecciat­o, tutto impossibil­e da considerar­e separatame­nte, se si vuole capire.

Didino ci riesce con invidiabil­e lucidità, che lo accompagna (altrimenti che te ne fai?) fino alla soglia di una possibile speranza: aprirsi allo strano, avventurar­si in stato di disponibil­ità verso territori di cui non esistono ancora mappe. Obbiettivo, il rovesciame­nto del mondo attuale, nientemeno.

Radicalism­o. Bene, in un giovane. Ci manca solo il giovane moderato. Con il dubbio, soltanto, che ogni radicalism­o ha fin qui sempre preso avvio distinguen­do tra fatti e pseudo-fatti. Forse quello di oggi dovrà essere più duttile, più raffinato. O forse c’è ancora molto lavoro da fare.

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