Corriere della Sera - La Lettura
Il populismo sanitario
«Almeno i No Vax diminuiranno». «Vuoi scommettere che vorranno il vaccino per il Covid?». Lo si è sentito dire molte volte, soprattutto all’inizio della pandemia, ma bisognava avere poca familiarità con gli antivaccinisti per essere tanto ottimisti. Forse è solo un modo per sentirsi rassicurati, una specie di pregiudizio del migliore dei mondi possibili. Saremo più buoni, impareremo dall’esperienza e i No Vax diventeranno ragionevoli... Dopo qualche mese non pare che ci sia alcun dubbio al riguardo, anche se gli ottimisti più ostinati sono come i complottisti. Più indichi loro le prove della loro ingenuità, più ti dicono: «Vedrai, vedrai».
È ingenuo e contraddittorio aspettarsi una reazione analitica e lucida durante una crisi sanitaria. È molto più probabile che anche i più ragionevoli cedano a spiegazioni oscure, preferibili all’impossibilità di dare una risposta. È lo stesso fenomeno che ti fa pregare non si sa bene chi quando il tuo aereo balla, anche se sai che statisticamente è più rischioso attraversare le strisce pedonali a Roma. Non basta saperlo, e molti nemmeno lo sanno e si fidano del proprio istinto. Lo stesso istinto che suggerisce che ci deve essere un senso: è l’obiezione più ostinata alla casualità dell’evoluzionismo darwiniano. E ci dev’essere un piano, un responsabile facilmente identificabile, un complotto. Il complottismo è uno degli ingredienti più difficili da eliminare dal sentimento di sospetto verso la medicina. Come il populismo.
Ci sono molte manifestazioni di populismo sanitario, ma alcune caratteristiche sono ricorrenti. Le persone, si dice, sono state tradite dal sistema, qualsiasi cosa significhi. Il potere, le multinazionali dei medicinali (dette Big Pharma), i politici antipatici, l’apparato o altre ambivalenti entità sovraindividuali hanno usurpato il loro ruolo e si sono approfittate delle persone, minacciandone la salute e la stessa vita. Esempio: i vaccini ci fanno ammalare e ci rendono schiavi delle case farmaceutiche. Ai populisti è necessario o comunque consigliato essere sempre generici e abbastanza vaghi, in modo da poter adattare l’accusa o la paura alle specifiche circostanze. Non importa insomma che non abbia senso parlare di vaccini come fossero un insieme compatto e con gli stessi rischi, perché non si può perdere tempo a fare distinzioni.
Ecco un altro aspetto del populismo medico: la realtà è brutalmente semplificata e chi cerca di sottrarsi a domande da tifoso («da che parte stai?»), ricordando che spesso non sappiamo la risposta o che può non essere un sì o un no, è complice del Potere. Quale? Dipende, ovviamente. Del governo che vuole tenerci all’oscuro, dei medici che ci vogliono malati, di qualcuno che non sappiamo chi è, perché si nasconde molto bene.
In questo contesto di sospetti e paranoie, il populismo ama gli «eroi incompresi», chi si oppone al sistema costituito, il rivoluzionario romantico che, nonostante tutti i pericoli e le difficoltà, ci sta venendo a salvare. Una specie di principe azzurro che ci proteggerà dalla invadenza della medicina occidentale (l’Occidente è spesso un altro spauracchio). La ricerca del nemico, l’attesa del salvatore e il timore di qualche piano segreto per controllarci o farci fuori sono perfette risposte in un momento di crisi sanitaria. Perché abbiamo paura, perché non sappiamo di chi fidarci e perché la divinità che ci salva è spesso una tentazione irresistibile.
Infine, il nostro sentire è più importante dei freddi e impersonali dati. Se ci sentiamo traditi, significa che qualcuno ha tradito. È impossibile smentire uno stato mentale. E se qualcuno prova a contestare il peso dato alle sensazioni, è probabilmente pagato per farlo. «Mi pare così, quindi è così» è un errore difficile da correggere ed è il migliore alleato delle conclusioni allucinatorie e populiste. E c’è anche una naturalissima tendenza