Corriere della Sera - La Lettura
All’errore del cervo di Esopo
Non conosciamo tutto del mondo, ma fomentare diffidenza verso le competenze acquisite è un comportamento autolesionista
Parliamo di scienza e competenza, ovvero di sapere e di esperienza, strumenti entrambi indispensabili per dare pareri e consigli a un’umanità disorientata o semplicemente desiderosa di essere lo strumento primo del proprio destino. Con particolare riguardo alla salute e alla medicina. Diciamo subito che non è vero che la scienza sia solo medicina e neppure che la medicina sia solo scienza. Accanto alla medicina esistono tante altre scienze, nobili o nobilissime, e se non c’è dubbio che, specialmente oggi, la medicina sia una scienza, l’arte medica non è però soltanto scienza, ma è anche, appunto, un’arte. Non c’è dubbio però che intorno a questa «equazione non equazione» si giocano i destini dell’una e dell’altra, per quanto concerne la loro efficienza e la loro credibilità, per non parlare della loro autorevolezza.
Tutto ciò è stato sempre piuttosto chiaro, ma lo è ancora di più oggi che ci troviamo tutti, per la prima volta forse veramente tutti, alle prese con un’epidemia di natura virale dalle dimensioni planetarie. Ora «che il vento» — forse — «come fa, si tace» è il momento delle considerazioni di carattere più generale. Sull’oggi e sul domani. Personalmente preferisco di gran lunga parlare dell’oggi e lascio l’analisi di che cosa avverrà domani a chi si sente vate.
Il nostro mondo è oggi straordinariamente dipendente dalla scienza e dalla medicina e possiamo dire che buona parte della natura del nostro presente è influenzata, se non determinata, dallo stato di avanzamento e di «salute» di queste due discipline. Tanto in condizioni per così dire «normali», quanto nelle emergenze di qualsiasi tipo. Sarebbe quindi più che desiderabile sapere bene che cosa sono, che cosa possono dare e che cosa invece non possono dare.
Cominciamo dalla scienza. Si intende per scienza l’acquisizione, la custodia e il continuo aggiornamento di un certo numero di conoscenze, teoriche e pratiche, riguardanti la natura del mondo materiale, più prossimo o più remoto, che ci danno l’impressione di comprendere il mondo stesso, ma che soprattutto sono necessarie e sufficienti per interagire con la realtà circostante nella maniera più efficace e soddisfacente. Queste conoscenze infatti possono essere applicate, anche in combutta con il braccio secolare della tecnica, per porre rimedio a inconvenienti e a disfunzioni eventualmente riscontrate in qualche provincia del mondo reale. Molti discutono della verità di tali conoscenze; io preferisco parlare della loro affidabilità.
Molte di queste conoscenze le consideriamo solide e acquisite una volta per tutte. Altre sono ancora parzialmente sub iudice, mentre di moltissime altre possiamo garantire solamente la consistenza logica e la verosimiglianza. Chi ignora questa tripartizione nel campo della scienza appartiene all’onorata compagnia dello sfascio, di coloro cioè che amano buttare via il bambino insieme all’acqua del bagnetto. La scienza non sa tutto del mondo con precisione, ma rappresenta la più grossa approssimazione a tutto questo che noi uomini abbiamo saputo inventare.
La vera scienza procede per gradi e per tentativi. E non ha fretta. Chi ha fretta e vuole sapere tutto e subito in genere finisce per non sapere niente né ora né poi. Per questo motivo la scienza non è qualcosa da spendere nell’immediato e mal tollera l’assillo di dover rispondere a tutte le domande in tempi brevi.
Non va troppo bene, insomma, per chi soffre, per chi è impaziente e... per la stampa. Ma non se ne può fare a meno e ogni società impiega oggi mezzi notevoli per farla progredire. La componente umana di tale impresa è rappresentata dagli scienziati, maschi e femmine, che dedicano una parte rilevante del loro tempo a cercare di comprendere sempre meglio la logica e la meccanica delle cose del mondo. Con maggiore o minore fortuna. Va da sé che gli scienziati sono pochi, tremendamente impegnati e schivi. O, almeno, restii a farsi rosolare a fuoco lento da chi non sa niente e sostiene di parlare in una certa maniera perché gli ascoltatori o i lettori sono poco addentro alle cose scientifiche o proprio ignoranti. È chiaro quindi che se vedete qualcuno intervistato, alla televisione o sui giornali, non è molto probabile che sia davvero uno scienziato, anche se ci sono ovviamente eccezioni e ci possono essere circostanze eccezionali. Perché questo discorso? Perché dal comportamento in pubblico di quelli che sono considerati scienziati dipendono spesso la nostra valutazione della scienza e il nostro atteggiamento nei suoi riguardi.
Ancora qualche puntualizzazione sull’argomento scienza, che sia medica o meno. Chi attacca la scienza o cerca comunque di ridurne il prestigio si appoggia a argomenti diversi e spesso sempre nuovi, ma alla fine il bollito, come dicono gli anglosassoni, è più o meno sempre lo stesso: gli scienziati sono spesso in disaccordo fra di loro, quello che affermano è quasi sempre indiziario, e parlano di cose remote o remotissime. Sorvoliamo qui sulle prime due accuse, osservando semplicemente che le imputazioni non sono vere, e occupiamoci brevemente della terza, oggi più pertinente di sempre per i fenomeni che si vanno studiando. Nel mondo dell’infinitamente piccolo e dell’immensamente grande.
Mi viene chiesto spesso senza malizia se la cosiddetta nuova fisica — ovvero meccanica quantistica, particelle, relatività e «corpi celesti» — è valida sempre o solo in condizioni particolari e in regioni remote dell’essere. Per quanto possa risultare strano, è valida sempre e ovunque, anzi si può dimostrare che, se così non fosse, il mondo materiale non esisterebbe e noi non potremmo compiere nessuna delle azioni che compiamo quotidianamente. «State contenti, umana gente, al quia» è sempre una bellissima frase, ma
Dante Alighieri non avrebbe potuto immaginare dove saremmo arrivati.
Non tutta la medicina è scienza, abbiamo detto, ma non c’è comunque niente da temere. Esiste l’arte medica ed esistono i medici e i sanitari, con maggiore o minore esperienza, esperti, competenti e tecnici. Ed esistono anche gli epidemiologi, gli statistici e i cultori di modelli, per non citare che gli attori più importanti. Tutti costoro devono essere scienziati essi stessi, avere comunque una marcata propensione per la scienza e un certo grado di competenza. Non è proibito che un medico sia uno scienziato, sia ben chiaro, ma non è nemmeno automatico. E si possono rivelare tutti estremamente utili, con le parole o con i fatti, specialmente se operano all’interno del loro campo di competenza. Competenza che non c’è bisogno di esagerare per non farsi magari cogliere in fallo. Le conoscenze e le competenze che ci sono in una nazione come la nostra sono in genere più che sufficienti e, ben impiegate, possono rispondere a qualsiasi esigenza, ordinaria o eccezionale.
Abbiamo visto che almeno in linea di principio gli scienziati non possono essere in disaccordo fra di loro. Gli esperti sì, è umano. Ma devono mostrare rispetto intellettuale per le idee altrui e motivare sempre le proprie affermazioni. Altrimenti è il marasma, evenienza questa sempre più probabile se la situazione generale è molto seria. Gli attori e gli spettatori del teatro della salute siano consapevoli di essere sempre e comunque protagonisti. Per i loro contemporanei e per i tempi a venire.
Chi diffida della scienza si comporta come il cervo della famosa fiaba di Esopo, che ammira le proprie corna che lo portano a impigliarsi e disprezza le gambe che invece lo potrebbero portare in salvo quando viene assalito dal leone.