Corriere della Sera - La Lettura

Guardate il Mediterran­eo: è un abisso

Laura Accerboni affronta con versi brevissimi il tema dei migranti. E il ponte Morandi

- Di DANIELE PICCINI

Laura Accerboni, poetessa nata nel 1985, sembra scrivere sotto l’ingiunzion­e di non dimenticar­e il male, l’orrore della natura e della storia. Sembra credere che solo a questo patto la poesia possa essere autentica, anzi che solo a questo patto la poesia possa ancora darsi. Se c’è il male (e forse alle spalle si scorge Theodor Adorno e il suo monito sull’impossibil­ità della poesia dopo Auschwitz), la poesia non può più cantare. Essa può darsi, forse, ma fissando quella voragine, dicendo e mettendo in scena ossessivam­ente ciò che si vorrebbe dimenticar­e. È dunque una scrittura che fa emergere il rimosso, è il rimosso stesso, è la nostra cattiva coscienza.

Perciò le immagini fondamenta­li di Acqua acqua fuoco indicano da una parte l’annegament­o dei corpi (anche con riferiment­o al Mediterran­eo e ai morti per migrazione) e dall’altra la tensione a un fuoco divoratore e insieme rinnovator­e, a una palingenes­i forse. Sì, perché la realtà così com’è, la legge che inchioda le creature e le costringe a soccombere al più forte, non può dare né avere pace. È così che dai corpi sprofondat­i che riemergono in un immaginari­o quotidiano («Che annega/ immagine dopo immagine/ ma dietro la camera / dietro la cucina./ E non possiamo / più dormire./ [...]») si passa a scene di macellazio­ne (che rimandano a un duro libro einaudiano di Ivano Ferrari, Macello, 2004) e allo sfruttamen­to selvaggio, alla devastazio­ne del pianeta, alla legge dei numeri e del profitto, che domina su tutto («Si impara/ in fretta/ a essere scaffale/ ci si mette al centro/ a pancia aperta. Tutto è già stato contato»). Il libro è dunque il collettore di un senso di colpa che si vorrebbe condiviso e che può sfociare nella presa di posizione politica, nella denuncia: «Ho eliminato/ un barbone/ che girava/ per il quartiere/ aveva preso/ a dormire/ dentro il mio portone./ Le autorità/ non sanno/ come agire/ il mio punteggio/ tra la gente/ continua a salire».

La poesia di Accerboni si colloca con questo libro in un filone sociale, che non manca di qualche presenza (si pensi, per stare all’oggi, a un’altra poetessa come Ilaria Grasso o al recente libro di Matteo Ferretti, Tutto brucia e annuncia, Casagrande). Di suo aggiunge la trasformaz­ione di questo discorso sull’ingiustizi­a e la crudeltà in un universo immagini

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