Corriere della Sera - La Lettura
Guardate il Mediterraneo: è un abisso
Laura Accerboni affronta con versi brevissimi il tema dei migranti. E il ponte Morandi
Laura Accerboni, poetessa nata nel 1985, sembra scrivere sotto l’ingiunzione di non dimenticare il male, l’orrore della natura e della storia. Sembra credere che solo a questo patto la poesia possa essere autentica, anzi che solo a questo patto la poesia possa ancora darsi. Se c’è il male (e forse alle spalle si scorge Theodor Adorno e il suo monito sull’impossibilità della poesia dopo Auschwitz), la poesia non può più cantare. Essa può darsi, forse, ma fissando quella voragine, dicendo e mettendo in scena ossessivamente ciò che si vorrebbe dimenticare. È dunque una scrittura che fa emergere il rimosso, è il rimosso stesso, è la nostra cattiva coscienza.
Perciò le immagini fondamentali di Acqua acqua fuoco indicano da una parte l’annegamento dei corpi (anche con riferimento al Mediterraneo e ai morti per migrazione) e dall’altra la tensione a un fuoco divoratore e insieme rinnovatore, a una palingenesi forse. Sì, perché la realtà così com’è, la legge che inchioda le creature e le costringe a soccombere al più forte, non può dare né avere pace. È così che dai corpi sprofondati che riemergono in un immaginario quotidiano («Che annega/ immagine dopo immagine/ ma dietro la camera / dietro la cucina./ E non possiamo / più dormire./ [...]») si passa a scene di macellazione (che rimandano a un duro libro einaudiano di Ivano Ferrari, Macello, 2004) e allo sfruttamento selvaggio, alla devastazione del pianeta, alla legge dei numeri e del profitto, che domina su tutto («Si impara/ in fretta/ a essere scaffale/ ci si mette al centro/ a pancia aperta. Tutto è già stato contato»). Il libro è dunque il collettore di un senso di colpa che si vorrebbe condiviso e che può sfociare nella presa di posizione politica, nella denuncia: «Ho eliminato/ un barbone/ che girava/ per il quartiere/ aveva preso/ a dormire/ dentro il mio portone./ Le autorità/ non sanno/ come agire/ il mio punteggio/ tra la gente/ continua a salire».
La poesia di Accerboni si colloca con questo libro in un filone sociale, che non manca di qualche presenza (si pensi, per stare all’oggi, a un’altra poetessa come Ilaria Grasso o al recente libro di Matteo Ferretti, Tutto brucia e annuncia, Casagrande). Di suo aggiunge la trasformazione di questo discorso sull’ingiustizia e la crudeltà in un universo immagini